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Le vie di mezzo – Esercizi di immobilità

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Un discorso che si interrompe, la vita nelle case degli altri che continua, l’attesa davanti a una porta chiusa, la fine del teatro, una madre da accudire, il discorso di un professore, un mostro, il piacere di una videocassetta, l’annullamento e una riflessione sugli addii.

Dieci storie. Assenza di movimento. Stare fermi e lasciare che il mondo intorno vada avanti. Quello che accomuna il Presidente, Mimì e gli altri protagonisti di questi racconti è la situazione di immobilità apparente. Tutti in una personale via di mezzo, dove il presente è in bilico: da un lato lo stare fermi e dall’altro la velocità di ciò che, nonostante tutto, continua ad accadere.

I NOMI

Nel discorso che terrò agli italiani questa sera, mi è stato detto di pronunciare nomi e cognomi. Voglio tanto bene al mio portavoce, Diego Pozzoli, il quale sta scrivendo il discorso da un giorno e mezzo, mi manda le bozze, le revisioni, opinioni su frasi da sostituire ad altre meno efficaci. Gli voglio così bene che a volte non mi va di discutere certe sue proposte avventate e le metto in pratica, fidandomi, come ci si fida del proprio fratello minore, una volta diventato adulto e dimostratosi forse più intelligente. Sì, perché è questa la condanna dei primogeniti: essere superati da quelli che sono venuti dopo, fossero persone qualunque almeno, e invece no. Se è il fratello minore a essere intelligente, la questione è più umiliante e un po’ subdola, dal momento che se ti lamenti con mamma passi come un viziato. Comunque, Diego vuole che inserisca nomi e cognomi. Che li spiattelli a tutta Italia, che li scandisca non lasciando intravedere la mia bocca allappata. Nomi e cognomi di chi sta diffamando la mia figura, diffondendo informazioni errate, sfruttando questo momento di debolezza. Due persone, in special modo due figure dell’opposizione. Uomo e donna. Per soddisfare chi parla di par condicio.

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Sono giorni concitati: sudo continuamente, accumulo saliva e non mi basta nemmeno l’acqua. Dormo quattro ore a notte, mi concedo un’ora di sonno dalle 14 alle 15. L’unica persona che vedo è Diego. Viene da me e discutiamo alcune scelte di comunicazione. Ovviamente a debita distanza e con i dispositivi di protezione individuale.
«Questa idea dei nomi e cognomi non mi convince,» gli dico «sai che sono sempre stato incline alle tue posizioni, ma mi sembra troppo.» Mi ripete che per prepararmi la campagna elettorale devo continuare su questa linea trasparente, questo dialogo perpetuo con gli italiani. Mangiamo una fetta di pastiera che ha cucinato ieri con le sue mani e nel frattempo continuiamo a discuterne. «E se fosse il mio suicidio politico?» gli chiedo. «Non sarà così» ribadisce, senza provare a contestualizzare.«Però questa opposizione è davvero stancante.» Diego si inalbera; vorrebbe mettersi nei miei panni, o meglio vorrebbe proprio essere tranquillo come me, ma non ci riesce. O forse semplicemente non capisce. Tutta la vita è un fatto di maggioranza e opposizione. Non si può piacere a tutti neanche durante un’emergenza sanitaria. Nemmeno quando scegli il partito o anche solo il nome del partito.
Questo Diego, e gli italiani, non lo capiscono. Sono lì ad aspettare il Salvatore. Colui che disintegri il potere o il finto potere, che è quello dell’opposizione, di questa opposizione così nulla, così finta-mente populista, così maccheronica, così… Tutte le volte che ho aperto un giornale vi ho trovato la mia faccia o il mio nome o un’allusione alla mia persona. Con riferimenti sgradevoli, diffamatori, volgari. Tutte le volte che non hanno auspicato un confronto. Innumerevoli le pagine che mi parodizzano, il più delle volte sono condivise proprio da quei due dell’opposizione. Mi presento davanti alle telecamere e sudo, ancora sudo, infinitamente sudo. È come se avessi addosso un asciugamano bagnato. Oggi ho aperto il quotidiano e mi sono ritrovato una mano nera gocciolante. Il petrolio tra le mie dita. Sento il sudore anche sotto le ascelle, sento una goccia colare fino ai capezzoli e poi svanire, evaporare. Dietro la videocamera, oltre al cameraman c’è Diego che, nervoso, abbassa la mascherina per mangiarsi le unghie. Ripenso a mia nonna quando mi minacciava di salarmi le mani perché vedeva come erano rovinate le mie dita. Ho annunciato il mio intervento alle 19:30.
Diego e il cameraman si dividono la busta con i tramezzini e per un attimo violano la regola della distanza di sicurezza. Sono talmente coinvolto da questa situazione sociale che mi piacerebbe alzarmi e dividerli; in questo modo, però, anche io violerei la distanza. Sento la pelle tirare, ne usciremo? Diego, mangiando il suo tramezzino tonno e pomodori secchi, ne fa cadere uno per terra. E il pomodoro per terra stagnante è sgradevole anche solo da immaginare. Mi fa venire la nausea il pomodoro per terra. Quando in un luogo pubblico o un ristorante vedo una fetta di pomodoro sul pavimento, condita dal terriccio di una scarpa qualsiasi accidentalmente passata di lì, mi viene da vomitare. E l’emergenza adesso è così forte che se dovessi interrompere questa diretta per dire di pulire il pomodoro stagnante che ha fatto cadere Diego, risulterei, se tutto va bene, un Presidente frivolo, se tutto va male il Presidente più amato dagli italiani. Che tutto comunque si risolverebbe benissimo assumendo una persona capace solo di stare attenta che non caschi nulla per terra e che non sporchi. Cinque secondi. Quattro. Tre. Partito.

16 November 2021

Huffington Post

Su Huffington Post oggi si parla di Le vie di mezzo. Esercizi di immobilità del nostro Federico Riccardo, in uscita giovedì 18 Novembre. Qui l'articolo completo.

Commenti

  1. EmmeàMico Argirò

    Questo libro è tra i migliori letti quest’anno. Federico Riccardo è un narratore fine e mai banale, che pesca dalla vita vera, ma scrive con una fantasia libera e fuori dagli schemi. Mi sono fatto rapire dai racconti, di un’emotività molto potente, che tocca temi importanti, ma con sensibilità: dall’amore tossico alla malattia, dalle vite degli altri alla propria. Pop al punto giusto, mai banale. Complimenti all’autore.

  2. (proprietario verificato)

    Mai scontato, Federico ancora una volta sa regalarci scorci di realtà che ci appartengono. In questo caso scava in quei momenti che tutti viviamo ma non sapremmo mai descrivere. Quanta vita passa attraverso ad attimi che ci sembrano così fuggenti e in cui apparentemente nulla accade? Incredibilmente ogni storia di questa raccolta di racconti ce lo descrive.
    Consigliatissimo

  3. Alessandra Nenna

    (proprietario verificato)

    Questo libro è un vero e proprio esercizio di stile. Racconti come una galleria fotografica. Acquistatelo e non ve ne pentirete

  4. Giulia Borzumati

    (proprietario verificato)

    Non vedo l’ora di leggerlo, anche solo l’anteprima mi ha catturata! Acquistato immediatamente 🙂

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Federico Riccardo
è nato nel 1991 a Milano, città dove tuttora risiede. Si è laureato in Scienze dei Beni Culturali presso l’Università degli Studi di Milano con una tesi sul teatro indiano. Ha lavorato come ufficio stampa e digital PR, ma anche come ghostwriter e web editor. Scrive racconti da quando è bambino. Con bookabook ha già pubblicato il suo libro d’esordio, Il tempo è il binario di un tram. Parte integrante della sua formazione è la visione ossessiva di film, rigorosamente in dvd.
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