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Il rifugio del sole

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Come sarà la Terra tra cent’anni?

Leonardo vive insieme al nonno Nicolò nella valle Ibà. Il mondo in cui si trova è il risultato del cambiamento climatico che ha reso il nostro pianeta un territorio ostile e bruciato dal grande Sole che prepotentemente arde la Terra. Leonardo e Nicolò cercano di sopravvivere in questo mondo avverso, finché un evento inevitabile li costringe ad abbandonare la loro valle in cerca di un posto in cui continuare a vivere. Il viaggio è lungo e faticoso ma una sorpresa lungo il percorso guiderà il ragazzo verso la speranza e il desiderio di trovare un luogo che possa accoglierlo.

PRIMO CAPITOLO 

Calore e siccità,
in un rifugio,
la vita. 

Leonardo era seduto su una roccia e osservava il mare davanti a sé, l’acqua calma trasmetteva un senso di pace. Il ragazzo cercava di vedere oltre la superficie, in profondità, ma non riusciva a scorgere nulla. Sapeva che là sotto c’era qualcosa che non avrebbe mai potuto vedere, un mondo ormai perduto. Provava a immaginare forme e colori di tutte quelle meraviglie che aveva conosciuto attraverso i racconti del nonno. Nella propria mente cercava di trasformare quelle parole in immagini. 

Spostò lo sguardo verso la collina. Il mare contrastava profondamente con quella terra. Leonardo si chiese come fosse possibile che su questo mondo fosse nata la vita. Voltando lo sguardo vide un elemento estraneo, che non era né terra, né mare. Solitario come un faro su un promontorio si ergeva un albero metallico completamente arrugginito, alto parecchi metri, dalla cui cima pendevano cavi di diverse lunghezze. Tempo fa suo nonno gli aveva spiegato che si trattava di un traliccio dell’alta tensione e che era servito per trasportare la corrente elettrica, utilizzata in passato per tantissime cose. Quando il ragazzo aveva chiesto spiegazioni su quella forma di energia, l’anziano aveva usato il fulmine come esempio per spiegarsi meglio, non avendo altro a disposizione. 

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Distolse lo sguardo dal traliccio e si accorse che l’ombra delle colline si stava avvicinando velocemente verso di lui. Si alzò in piedi e, voltando le spalle al mare, si incamminò verso casa nella direzione in cui anche il Sole cercava riparo per la notte. Si addentrò nella valle stretta e lunga, formata nel corso dei secoli dall’attività erosiva del torrente Ibà. Il versante alla sua sinistra era ricoperto da alberi senza vita ma ancora in piedi; un bosco morto, testimonianza di un passato rigoglioso. Guardandosi intorno sembrava che Madre Natura avesse terminato il tubetto del colore verde, specialmente in quel momento in cui il tramonto distribuiva una dominante calda su tutto ciò che toccava.  

La strada per tornare verso casa era in salita ma ripida solo in alcuni tratti. Leonardo, grazie al fisico asciutto, percorreva con agilità anche le parti più impegnative. Aveva sedici anni ma ne dimostrava qualcuno in meno a causa della barba poco folta. Gli occhi scuri, quasi neri, saltavano con rapidità da una pietra all’altra durante il cammino che lo portava verso casa. Il vecchio edificio, dove abitava con suo nonno Nicolò, risaliva al lontano 1889, come dichiarato dall’incisione sullo stipite della porta di ingresso. Era stato realizzato da agricoltori in una zona lontana dal centro abitato. La struttura in muri di pietra e malta sosteneva la copertura di legno. All’interno era presente un unico grande locale che fungeva da cucina e da camera da letto. Nei dintorni della casa erano ancora presenti i tipici terrazzamenti sostenuti da muretti a secco, usati in passato per coltivare e rendere produttiva questa zona collinare.  

Avvicinandosi vide Nicolò seduto su una pietra, intento a pulire le radici raccolte durante la giornata: le mani esperte si muovevano rapidamente e non nascondevano i segni del tempo e della fatica. Il clima arido non permetteva alla natura di mettere a disposizione altro cibo. Le giornate erano roventi ma di notte la temperatura scendeva anche sotto i dieci gradi. Le piogge erano rarissime e arrivavano sempre sotto forma di tempesta.  

Nicolò lo vide avvicinarsi con la coda dell’occhio, ma rimase con lo sguardo sulle radici che stava preparando per cena. 

«Ehi Leo, dove sei stato?» gli chiese. 

«In riva al mare.» 

«Lo sai che non voglio che esci dalla valle. Cercavi un posto migliore per pescare?» 

«No, guardavo l’acqua, per scoprire cosa c’è in profondità, ma non si riesce a vedere nulla.» 

«Non si può vedere il mondo sommerso, è parecchi metri più in basso.»  

«Chissà quant’era bello.» 

«A bellessa a no fâ boggî a pûgnatta» rispose il nonno utilizzando uno dei suoi proverbi in dialetto. 

«La bellezza?» 

«Non fa bollire la pentola.» 

«Magari da un altro punto si vede qualcosa.» 

«Da un altro punto, dove? Ti ho già detto che uscire dalla valle è pericoloso!» Soddisfatto dell’espressione rassegnata che apparve sul volto del ragazzo, proseguì: «Dai, porta dentro la legna e controlla che non si spenga il fuoco.» 

«Sì, lo so. Me l’hai già detto mille volte.» 

Con un velo di tristezza sugli occhi, Leonardo entrò in casa e si avvicinò al focolare: la fiamma non c’era più, ma le braci erano ancora ricche di sfumature gialle e rosse. Aggiunse due pezzi di legna e in poco tempo il fuoco si riprese. Dopo il caldo della giornata non era molto piacevole stare vicino al focolare, ma avrebbero avuto bisogno del suo calore per scaldare la notte. Prese due piatti e due forchette dalla mensola e li sistemò sul tavolo di legno che occupava il centro della stanza.  

Il nonno entrò in casa, prese la vecchia padella appesa al muro e iniziò a cucinare le radici.  

«Hai fame Leo?» 

«Da morire!» 

«Bene, ci vuole appetito con queste radici» disse sorridendo. 

«Questa sera mi mangerei anche i sassi!» 

Leo osservava il nonno alla luce del fuoco. Il naso era grosso e rotondo, la barba lunga interrompeva il percorso delle rughe sulle guance e i capelli bianchi coprivano solo le tempie e la nuca. Il suo sguardo stanco era sempre mite e gentile, non era possibile averne paura, neppure quando era arrabbiato. 

La cottura delle radici rilasciò un profumo che stimolò ulteriormente l’appetito di Leonardo che si sedette a tavola e in poco tempo l’anziano arrivò con la padella, riempì per bene il piatto del nipote e mise quello che rimaneva nel suo. 

«Nonno ma tu ne hai troppo poco, prendine un po’ dal mio piatto.» 

«Tranquillo, stasera non ho fame, questo mi basta» mentì l’anziano.  

Iniziarono a mangiare e per un po’ nessuno parlò più, si sentiva solo il crepitio del fuoco. Quando il nonno ebbe finito si alzò, prese due bicchieri di legno, li riempì con la scorta di acqua che tenevano in un secchio, e li portò a tavola. 

«Scusa, me ne dimentico sempre» disse Leonardo con la bocca piena. 

«Non ti preoccupare» rispose il nonno sorridendo. «È già buio, questa sera potremmo fare una lezione di astronomia, che ne dici?» 

«Si! È da tanto che non mi insegni i nomi delle stelle.» 

La scuola non esisteva più da parecchi anni perciò durante le serate Nicolò, laureato in informatica, raccontava al ragazzo quello che aveva imparato da giovane, durante gli studi e durante la vita. L’astronomia era una passione coltivata con ricerche su internet e studi da autodidatta, dopo le poche nozioni liceali. 

Il nonno si alzò in piedi, ravvivò il fuoco aggiungendo due pezzi di legna per non farlo spegnere, poi uscì seguito da Leonardo, si sedettero e iniziarono a guardare il cielo. 

«Allora Leo, ti ricordi qual è la Stella Polare?» 

«La Stella Polare è quella che indica il Nord, si trova nella costellazione dell’Orsa Minore ed è sempre ferma al suo posto.» 

«Bravo, me la sapresti anche indicare?» 

Leo si voltò verso nord, alzò lo sguardo, riconobbe le stelle più luminose del Grande Carro e, come gli aveva insegnato il nonno, tirò una linea immaginaria dalla parte posteriore del carro fino ad arrivare alla Stella Polare. «Mmm… quella! Dovrebbe essere quella. Ho tirato una riga dal Grande Carro come mi avevi spiegato.» 

«Bene, vedo che hai memorizzato il metodo.»  

«Prossima domanda?» chiese Leonardo compiaciuto per aver risposto bene. 

«Cosa sono le stelle cadenti?» 

«Sono dei corpi celesti che passano troppo vicini alla Terra, vengono attratti dalla gravità e mentre precipitano si incendiano per l’attrito con le particelle dell’atmosfera.» 

«Molto bravo!» disse il nonno con tono soddisfatto ma anche un po’ stupito. «Vedo che l’astronomia ti piace, ricordi bene le cose che ti ho insegnato, possiamo andare avanti.» 

Il giovane fece un cenno col capo e rimase con le sopracciglia alzate in attesa di conoscere il nuovo argomento. 

«Abbiamo già parlato dei pianeti e del Sistema Solare, ora rimpiccioliamo ulteriormente la Terra. Come diceva sempre il mio professore di scienze, il professor… professor… non ricordo più come si chiamava, vabbè, non importa. Diceva che la Terra non è altro che un minuscolo granello di sabbia in una spiaggia di cui non riusciamo a vedere la fine.» 

«Ma il granello è fermo, la Terra invece gira ed è lontanissima dagli altri pianeti e in mezzo c’è il vuoto!» disse Leonardo stupito dall’esempio così poco calzante. 

«Si certo, non è la stessa cosa,» rispose il nonno «ma devi cogliere l’intento poetico della similitudine. E poi era riferita solo alla dimensione della Terra rispetto all’Universo.»  

«Ok…» 

«Allora, allontanandoci dal Sistema Solare troviamo altre stelle come il Sole, alcune più grandi e altre più piccole, molte accompagnate da pianeti. Questo insieme più grande è chiamato galassia. Quella in cui si trova la Terra si chiama Via Lattea. Vedi quella striscia più chiara, piena di stelle? È quella.» 

«È bellissima» disse Leonardo con il naso in su. 

«Come puoi vedere in una galassia c’è un numero enorme di stelle. Pensa quanti pianeti esistono, qualcuno molto probabilmente abitato!» 

«Come fai a sapere che qualcuno è abitato?» 

«Non lo posso sapere con certezza, ma il calcolo delle probabilità porta a questa conclusione. In un numero così enorme di pianeti è difficile pensare che la vita si sia sviluppata solo qua, non trovi?» 

Leo annuì con un movimento della testa senza distogliere lo sguardo dal cielo. Il nonno strinse le braccia al petto e iniziò a muovere le gambe per scaldarsi. 

«E non è finita qui, oltre alla Via Lattea ci sono tantissime altre galassie. Pensa quindi quanto è piccola la Terra e quanto siamo piccoli noi due.» 

«Fammi vedere un’altra galassia!» chiese Leonardo con entusiasmo. 

«Purtroppo le distanze tra galassie sono talmente grandi che possiamo vedere a occhio nudo solo quella più vicina alla nostra, che si chiama galassia di Andromeda. So che si trova tra le costellazioni di Pegaso e Cassiopea, ma non ricordo più il metodo per individuarla e la mia vecchia vista non mi aiuta.» 

Proseguirono fino a quando il freddo della notte non li fece tremare. 

«Per stasera abbiamo finito, è meglio rientrare.» 

«No, mi piaceva questa lezione!» 

«La continueremo una delle prossime sere.» 

Rientrarono in casa e trovarono il fuoco quasi addormentato. Lo risvegliarono con due grossi pezzi di legna e vi si sedettero vicino per scacciare il freddo accumulato. Leonardo sbadigliò ripetutamente, poi si alzò, prese una delle coperte che conservavano con grande cura e andò a dormire. 

«Buona notte nonno.» 

«Buona notte Leo.» 

L’anziano rimase seduto vicino al fuoco con lo sguardo fisso sul pavimento. Dormiva poco e preferiva coricarsi più tardi, piuttosto che svegliarsi troppo presto. Aprì l’album dei ricordi custodito nella sua memoria: vide il professore di astronomia, ma continuò a non ricordarne il nome. Ritrovò gli sguardi dei suoi compagni di classe, qualche viso era offuscato dalla nebbia del tempo ma ricordava benissimo la disposizione nei banchi. 

Leonardo iniziò a respirare con la ritmicità del sonno e il nonno spostò lo sguardo su di lui. I pensieri divennero grigi e pieni di preoccupazioni. Iniziava a invecchiare e il ragazzo era destinato a rimanere solo in questo mondo ostile.  

 

*** 

 

Quando entrò il primo raggio di Sole nella stanza, Leonardo si svegliò e socchiuse un occhio. Il calore della giornata cominciava a farsi sentire e la coperta era diventata fastidiosa. Si sedette e si guardò intorno mentre sbadigliava. Vide il nonno in piedi davanti alla finestra, osservava il Sole mentre usciva dal suo rifugio per donare un po’ di luce a questa Terra bisognosa. 

«Buongiorno» disse Leonardo con la bocca aperta per lo sbadiglio. 

Il nonno si voltò verso di lui con un sorriso sereno. «Buongiorno Leo. Dormito bene?» 

«Come un sasso, qual è il programma di oggi?» 

«Andiamo a controllare la cisterna e prendiamo l’acqua. Poi raccogliamo le radici sul Monte Pesalto» disse indicando la collina che delimitava la valle verso sud. 

«No, ancora radici, non ne posso più! Quando andiamo a pescare?» piagnucolò il ragazzo. 

«Se il mare non fosse inquinato potremmo mangiare pesce tutti i giorni, ma con tutto quello che c’è sul fondale marino non possiamo rischiare di intossicarci. È meglio se lo mangiamo una sola volta a settimana.» 

«Uffa, sempre radici.» 

«Non ti lamentare, l’importante è avere qualcosa da mangiare. Finiamo l’acqua così portiamo il secchio vuoto.» 

Bevvero tutto quello che rimaneva e poi uscirono di casa dirigendosi verso ovest, in salita, lungo il fondovalle. Camminare senza aver fatto colazione risultava faticoso, anche se ormai si erano abituati ad avere poco zucchero nel sangue. Era da tempo che non riuscivano a trovare abbastanza cibo per poter avanzare qualcosa per la colazione. 

Il Sole si alzava piano e, senza sosta, scaldava la schiena di Leonardo e Nicolò. I raggi caldi opprimevano la terra intorno a loro rendendola sempre più arida. Avevano perso il conto dei giorni trascorsi senza pioggia.  

Arrivarono alla cisterna – costruita ancora prima del periodo in cui visse il bisnonno di Leonardo – non era in ottime condizioni ma resisteva. Il rio Ibà, avendo un bacino idrografico molto piccolo, trasportava acqua per breve tempo dopo le piogge, per questo motivo venne realizzata la cisterna come riserva idrica per irrigare i campi. Dopo i cambiamenti climatici, senza più nulla da coltivare, la grande vasca in cemento aveva comunque una funzione fondamentale: tenerli in vita. L’acqua al suo interno – l’unica acqua dolce di cui conoscevano l’esistenza – era stagnante e non proprio potabile, per questo erano costretti a farla bollire per poterla bere.  

Alzarono la copertura fatta di rami intrecciati e controllarono il livello. 

«Evapora con una velocità impressionante, di questo passo saremo all’asciutto in breve tempo. Dobbiamo sperare che piova il più presto possibile» disse il nonno con preoccupazione. 

«È quasi sul fondo.» 

«Il livello è inferiore al diametro del secchio, non riusciremo a riempirlo completamente. Dovremo venire più spesso a prendere l’acqua.» 

«Faremo più passeggiate» rispose il ragazzo. 

«Vai a controllare l’opera di presa.» 

«Cosa devo controllare?» chiese Leonardo senza avere la minima idea di cosa fosse. 

«Il canale che porta l’acqua alla cisterna, controlla che non sia intasato.» 

Leonardo passò dietro la cisterna e iniziò il controllo.  

«Non è tanto sporco, ci sono un po’ di sassi e qualche rametto» gridò il ragazzo. 

«Togli tutto, in caso di pioggia è meglio che sia completamente pulito.» 

Il canale si collegava alla parte alta della cisterna e proseguiva verso monte con una pendenza limitata, sino a intersecarsi con il letto del torrente. Durante le piogge il rio si riempiva d’acqua e parte di essa entrava nel canale e arrivava alla cisterna. Era un’opera semplice, ma sarebbe stata di difficile realizzazione con i mezzi a disposizione di Leonardo e Nicolò. 

Il ragazzo continuò il controllo pulendo i punti in cui trovava materiale che avrebbe potuto ostruire il passaggio dell’acqua. Tornato al punto di partenza trovò l’anziano che, dopo aver finito il suo compito, controllava la pulizia del canale. 

«Ben fatto, speriamo che piova al più presto.» 

Si voltarono e tornarono verso casa, portando il secchio un po’ per uno e facendo attenzione a non rovesciare neanche una goccia della preziosa acqua, la risorsa più importante e più rara che avessero. 

«Vado a farla bollire» disse il nonno, «così quando torniamo si sarà raffreddata, tu se vuoi inizia ad andare sul Pesalto, sai cosa fare.» 

«Sì, ci vediamo dopo.» 

Le loro strade si separarono. Il nonno proseguì in discesa mentre Leonardo iniziò a camminare lungo il versante, trovando alcuni punti in cui avevano già scavato per estrarre le radici. Vide una zona che sembrava promettente e spaccò un ramo da uno degli alberi secchi presenti sul versante per usarlo come strumento per scavare. 

Prima di iniziare l’estrazione si sedette su una grossa pietra e si guardò intorno, a ovest c’era la parte alta della valle che culminava con le cime più imponenti: il Poggio Grande e il Pizzo Ceresa. A est la parte bassa degradava fino a tuffarsi in mare, mentre a nord la valle era chiusa dal Monte Acuto. Verso sud, oltre il mare, poteva vedere montagne alte a lui sconosciute. Questi erano i confini del suo mondo, non aveva neanche mai pensato di andare altrove, eppure sapeva che la Terra era grandissima. In quel momento, vedendo le montagne lontane e provando a immaginare quei territori sconosciuti, nacque in lui la curiosità di vedere, di scoprire, senza limitarsi a immaginare. Questa voglia di esplorare era però moderata dalla ragione, che gli consigliava di restare nel posto che conosceva e che gli garantiva acqua e cibo.  

Guardando verso est rivide il traliccio, giù in basso, vicino al mare. Le domande si erano messe in moto nella sua mente e non poté fare a meno di provare curiosità per il mondo del passato e per le sue stranezze. I pensieri lo conducevano spesso verso la malinconia, sapeva di aver avuto dei genitori e che entrambi erano morti quando lui era piccolo. Non era mai riuscito a estrarre una loro immagine dalla sua memoria. Sapeva solo che un virus li aveva portati via, nonostante si fossero allontanati da tutti andando a vivere nella disabitata valle Ibà. 

Con un colpo di entrambe le mani sulle ginocchia prese lo slancio per alzarsi, mise da parte i pensieri tristi e iniziò la ricerca. Spinse il bastone con tutte le sue forze nel suolo indurito dalla mancanza di piogge, cercando di strappare le radici dall’abbraccio della terra. Il lavoro era faticoso e poco fruttuoso, la scarsa vegetazione presente nel sottosuolo diminuiva costantemente e non si capiva se quelle radici fossero vive o morte. Si spostò più volte lungo il versante, cercando il punto migliore, ma la raccolta rimaneva misera.  

Il Sole, nel frattempo, era salito alto in cielo e rendeva il lavoro del ragazzo ancora più faticoso. Leonardo sentì un rumore alle sue spalle; si voltò affaticato: era Nicolò che si avvicinava. Senza dire nulla l’anziano porse una borraccia di metallo al giovane, Leonardo bevve avidamente anche se l’acqua non si era ancora raffreddata completamente dopo la bollitura. 

«Ci sono sempre meno radici su questo versante, si fatica a trovarne» riferì Leonardo dopo aver bevuto. 

«Purtroppo consumiamo più di quello che la natura riesce a generare. Portiamo a casa la cena, per domani ci faremo venire un’idea.» 

«Potremmo mangiare il pesce che abbiamo fatto seccare.» 

«No, si conserva bene, l’abbiamo preparato per momenti difficili, abbiamo ancora altre possibilità. Ora finiamo il lavoro che abbiamo iniziato, poi penseremo a domani. Come diceva mia mamma: cosa fatta, capo ha 

«Cioè?» 

«Una cosa fatta è fatta.» 

«E quindi?» 

«Fatta una cosa poi penseremo alla prossima.» 

In due il lavoro proseguì più velocemente, ma non con maggiore fortuna. Presero una quantità di radici che ritenevano soddisfacente, misero tutto nello zaino e tornarono verso casa. 

Il Sole aveva passato da un po’ il punto più alto ed erano ancora a digiuno.  

«Non vedo l’ora di essere all’ombra con il piatto pieno.» Leonardo pregustava quel momento. 

«La giusta ricompensa per la giornata.»  

«Meno male che il ritorno è in discesa, non so se avrei le forze per rifare la salita.» 

«Pensa cosa dovrebbe dire un vecchietto come me.» 

«Tu sei avvantaggiato, è tutta la vita che ti alleni, io ho avuto meno tempo per temprare il mio fisico» rispose Leonardo sdrammatizzando con una battuta. 

«Mi sono allenato così tanto che ormai ho consumato i muscoli» ribatté il nonno con una risata. 

Arrivati a casa ognuno portò a termine i propri compiti e il cibo non tardò ad arrivare in tavola. Mangiarono in un orario a metà tra il pranzo e la cena, con poca voglia di parlare. Il ragazzo finì quello che aveva nel piatto con voracità senza pensare alla monotonia del menù. 

 

*** 

 

Finito di mangiare attesero che il Sole scendesse dietro le colline, poi uscirono per godere del fresco serale. Il cielo si tingeva di giallo verso ovest e di rosa sopra l’orizzonte verso est, passando per l’azzurro e toccando tutte le sfumature intermedie.  

Il silenzio era totale, nessuna vibrazione attraversava l’aria, Leonardo credette addirittura di sentire il rumore dei propri pensieri. Fissava un punto davanti a lui e di colpo prese un respiro per parlare ma si interruppe prima di dare aria alle corde vocali. Il nonno lo notò e rimase in attesa senza interrompere il flusso nella mente del ragazzo. Poi venne il momento: «Nonno, mi racconti di nuovo com’era la Terra quando eri giovane?» 

«Ottimo argomento ragazzo» rispose Nicolò, felice di poter raccontare e rivivere il prospero mondo di quando era giovane. «Questa sera faremo un ripasso di storia. Ne abbiamo già parlato, ma repetita iuvant. Ti ricordi cosa significa?» 

«Significa che ripetere aiuta.» 

«Sì, bravo. In che lingua?» chiese Nicolò immaginando che il ragazzo non lo ricordasse. 

«Ehmm…diale…» 

«Senti il suono delle parole» lo interruppe il nonno. 

«Latino?» rispose il ragazzo avendo paura di sbagliare.  

«Bravissimo. Allora, le differenze principali da adesso sono tre: il clima era molto più favorevole alla vita e la vegetazione cresceva rigogliosa, il mare era parecchi metri più basso e la popolazione che abitava il mondo era numerosissima, possiamo parlare di qualche miliardo di persone.» 

«Miliardo?» chiese Leonardo impressionato da un numero che non riusciva a immaginare. 

«Sì, qualche miliardo. La Terra è grande, c’era posto per tutti, in teoria ci sarebbe potuto essere anche cibo per tutti ma, mentre gli stati ricchi producevano più cibo di quanto potevano consumare, alcuni stati poveri non avevano da sfamarsi. A parte questo e a parte l’innato desiderio di ricchezza e di potere che portava l’uomo a colpirsi in modo masochistico con guerre e attentati terroristici, sulla Terra si viveva bene. In Italia come nella maggioranza degli stati del mondo le persone avevano un lavoro e…» 

«Cos’è un lavoro? Non me lo ricordo.» 

«Vedo che c’è bisogno di un bel ripasso. Il lavoro è un’attività per la quale le persone vengono pagate con del denaro. Questo serve loro per poter comprare i prodotti realizzati dal lavoro di altre persone.» 

«Come se io raccogliessi le radici e tu mi dessi dei soldi per averle e io ti pagassi per avere un po’ dell’acqua che sei andato a prendere tu?» 

«Sì, esatto.» 

«Ma che complicazione inutile, sarebbe stato più semplice scambiarci le cose.» 

«Infatti i primi uomini che popolarono la Terra usavano questo metodo, che si chiama baratto, poi però con l’aumento degli scambi fu inventato un mezzo per semplificare le cose. Ad esempio tu potresti avere qualcosa che mi interessa ma quello che posseggo io potrebbe non servirti.» 

«Vero» si convinse Leonardo. 

«E il denaro è stato proprio uno dei motivi per cui l’uomo non è riuscito a mettere un freno ai cambiamenti climatici che stavano iniziando. Poche persone si battevano perché non succedesse quello che poi è accaduto. Chi comandava, avrebbe potuto prendere decisioni importanti, ma si lasciò vincere dall’avidità e si accorse troppo tardi dei danni fatti.» Fece una pausa per riflettere su come proseguire, poi ripartì. 

«Prendendola un po’ più alla lontana, ti devo spiegare che l’uomo ha vissuto in modo simile a noi due per millenni. Poi, alla fine del diciannovesimo secolo le innovazioni tecnologiche hanno portato molti cambiamenti che hanno reso possibile la costruzione di macchine per produrre sempre maggiori quantità di merci a prezzi più bassi. Per farle funzionare bisognava creare energia e a questo scopo si sfruttavano il carbone e il petrolio.» Fece un’altra pausa. 

«Bisogna anche distinguere in due grandi categorie queste risorse naturali, ci sono quelle rinnovabili, che sono pulite, e quelle non rinnovabili, che inquinano e provocano i cambiamenti climatici attraverso gli scarti diffusi nell’ambiente. Le prime sono ad esempio il vento e la luce del Sole, mentre le seconde possono essere il carbone e il petrolio.» 

«Cosa sono il carbone e il petrolio?» chiese Leonardo interrompendo la spiegazione. 

«Sono delle sostanze che si sono formate in tempi antichissimi dagli alberi e che sono rimaste accumulate sotto terra per millenni.» 

«E che male possono fare degli alberi antichi?» 

«Questo materiale vegetale ha tenuto racchiusa dentro di sé una grande quantità di anidride carbonica che veniva liberata quando il carbone e il petrolio venivano bruciati.» 

«È quello che esce dai polmoni quando buttiamo fuori l’aria.» 

«Esattamente, e devi sapere che questa sostanza ha la particolarità di trattenere il calore nell’atmosfera. Più anidride carbonica c’è nell’aria più il mondo si surriscalda. Le risorse non rinnovabili furono utilizzate in modo spropositato e, anche quando fu chiaro che si stava modificando il clima della Terra, le fonti rinnovabili rimasero poco sfruttate.» 

«Quindi la Terra cominciò a scaldarsi? Faceva più freddo prima?» chiese Leonardo. 

«Il clima era molto diverso rispetto a ora, in questa zona del mondo in inverno faceva freddo e d’estate caldo, ma non quanto ora. Il tuo bisnonno Stefano mi raccontava che quando era giovane si era capito che il genere umano stava surriscaldando il pianeta con le immissioni in atmosfera di anidride carbonica, ma le previsioni degli studiosi erano meno drastiche di quanto sia poi realmente avvenuto. I governi facevano riunioni e siglavano accordi a livello mondiale, ma le politiche energetiche cambiavano con estrema lentezza. La miopia di queste persone – e in alcuni casi una vera intenzione di non cambiare le cose – lasciarono la barca sulla vecchia rotta. L’uomo è avido e una stretta cerchia di potenti guadagnava moltissimo dallo sfruttamento di petrolio e carbone. Nonostante gli studiosi avessero capito gli effetti negativi dell’innalzamento delle temperature non erano riusciti a convincere chi comandava, ma soprattutto non riuscirono a prevedere tutte le conseguenze.» Il nonno si fermò dando due colpi di tosse.  

«Ci fermiamo un attimo? Ho la gola secca, beviamo un bicchiere d’acqua, poi riprendiamo.» 

Il buio era quasi totale, le stelle erano già ben visibili e il freddo iniziava a pizzicare la pelle. Tornarono fuori dopo essersi dissetati e il nonno riprese il racconto. 

«Allora… dove eravamo rimasti?» 

«Eravamo agli studiosi che non riuscirono a prevedere tutte le conseguenze del riscaldamento.» 

«Ah sì, gli anni trascorrevano senza che gli Stati prendessero provvedimenti seri e la temperatura continuava ad alzarsi. Nel mondo c’erano regioni completamente ghiacciate al polo nord e al polo sud. In quest’ultimo c’era uno strato di ghiaccio spesso chilometri.» 

«Il ghiaccio è l’acqua congelata?» chiese Leonardo. 

«Sì, giusto. Il polo sud era una riserva immensa di acqua, ghiacciata da milioni di anni. Il riscaldamento globale portò le temperature lievemente sopra lo zero in un’estate antartica, indebolendo i venti polari che soffiavano verso nord. In questo modo quelli occidentali, che nell’emisfero australe soffiano da nordovest a sudest, ebbero libero accesso al continente antartico portando con loro calore e umidità. Si crearono così le condizioni per delle violente piogge che sciolsero nel giro di pochi anni tutto lo strato di ghiaccio del polo sud. I mari di tutto il mondo si alzarono di quasi cento metri e il mondo intero cadde nel caos più totale.» 

«Che disastro!» commentò Leonardo con gli occhi pieni di paura e tristezza. Pensava alle parole del nonno e il suo sguardo si modificò fino a esprimere chiaramente un sentimento di rabbia. «È successo tutto questo perché qualcuno voleva continuare a guadagnare? Distruggendo il mondo?» chiese Leonardo incredulo. 

«Secondo i racconti del bisnonno Stefano sembrerebbe di si. Ma non è finita qui: con lo scioglimento della calotta antartica venne trasportato dall’acqua, in giro per il mondo, un antico virus, risalente a un milione di anni fa, che era rimasto intrappolato nel ghiaccio. Fu colpita per prima l’Australia, poi il Sudamerica e l’Africa. Infine arrivò in tutti i continenti. Fu un’epidemia terribile, il cibo e l’acqua potabile divennero rari e la popolazione mondiale fu decimata.» 

«Anche mia mamma e mio papà sono stati uccisi dal virus» disse Leonardo abbassando lo sguardo. Il nonno sospirò, provando lo stesso dolore del ragazzo e continuò a raccontare. 

«Quando vedemmo i mari alzarsi e sentimmo che il virus si avvicinava ci trasferimmo in questa piccola valle disabitata sperando, con l’isolamento, di evitare la malattia. Il problema è che non riuscimmo a rimanere isolati… noi fummo i primi, ma altri ebbero la stessa idea. Alcune persone iniziarono a spingersi sempre più frequentemente in questa valle, prima abbandonata, per cercare acqua e cibo. Eravamo in quattro della famiglia: io, tua nonna Natalia, tuo padre e tua madre, che era incinta. Nel giro di tre mesi nascesti tu e i tuoi genitori vollero chiamarti Leonardo, come il grande inventore, per sottolineare la speranza in un nuovo rinascimento.» 

«Mi hai già parlato di lui?» 

«Sì, Leonardo da Vinci, una mente incredibile. Fu inventore, pittore, architetto, scultore…» 

«Ah sì, mi ricordo, me ne avevi parlato, mi avevi detto che aveva inventato tantissime cose.» 

«Una delle menti più geniali che la Terra ebbe l’onore di ospitare. Tornando a noi… un pomeriggio estremamente caldo passarono di qua due signori di una certa età, stanchi, affamati, ma soprattutto assetati. Li aiutammo offrendogli acqua e cibo, dormirono con noi una notte e poi proseguirono il loro cammino verso ovest, cercavano un rifugio di cui avevano sentito parlare, ma non seppero dirci di più. Nel giro di poco tempo venne una febbre altissima a tutti, compreso tu, che avevi solo dieci mesi. Furono momenti terribili, nessuno riusciva a prendersi cura di nessuno. Ho solo dei ricordi vaghi dei giorni che passai con la febbre alta. La prima ad abbandonarci fu la nonna e, quando guarii, non riuscii a salvare i tuoi genitori. Mi ritrovai solo con un bambino da crescere, in un mondo che stava diventando sempre più ostile.» 

Nicolò fece una pausa e Leonardo si accorse delle lacrime sulle sue guance.  

«Te la sei cavata bene nonno, siamo ancora vivi e stiamo bene» disse il ragazzo per provare a sollevare il morale dell’anziano. 

«Ce l’ho messa tutta sai, ci sono stati momenti difficili, ma siamo qua.» Si asciugò le lacrime e tirò su col naso, poi riprese: «Ho divagato un po’ nella risposta, mi hai chiesto solo com’era la vita ai miei tempi. Se ti va possiamo proseguire la chiacchierata sul tema iniziale».  

Nicolò vide l’attenzione di Leonardo completamente focalizzata su un punto nel cielo alle sue spalle. Si girò anche lui, ma non vide nulla di strano. 

«Che c’è Leo? Hai visto qualcosa di strano?» 

Il ragazzo senza rispondere si alzò in piedi e fece qualche passo nella direzione verso la quale sembrava attratto da una forza magnetica. 

«Guarda, non vedi anche tu quella luce che si muove in cielo? È un po’ meno luminosa di una stella, sembra che si muova verso l’alto» esclamò Leonardo con stupore e indicò un punto in cielo verso nordovest. Il nonno si avvicinò a lui e cercò di mettere a fuoco stringendo gli occhi. 

«Ragazzo, gli occhiali mi si sono rotti quando avevi cinque anni, non riesco a vedere nulla.» 

«Non vedi quella luce che si muove, là sopra la collina? Sembra una stella, ma si muove.» 

Il nonno continuò a sforzare la vista.  

«Si sta affievolendo. Continua a muoversi. Ora non la vedo più. Ma cosa può essere?» 

«Non so dirti, potrebbe essere un satellite in orbita che aspetta il momento di trasformarsi in una stella cadente.» Fece una breve risata e poi aggiunse con tono elegante: «Come un bruco si tramuta in farfalla». 

Leonardo non rise perché non capì il paragone. «Bruco, farfalla, cosa c’entrano?» disse il ragazzo senza distogliere lo sguardo dal cielo.  

«Non te ne ho mai parlato nelle serate dedicate alle scienze naturali?» 

«No» rispose Leonardo concentrando il suo interesse verso quella luce non più visibile. 

«Prima o poi te ne parlerò, non farmelo fare ora, odio spiegare le battute, se non si colgono al volo sembrano sempre stupide.» 

«Non c’è problema, tanto non mi fanno ridere le tue battute.» rispose Leonardo sorridendo e distogliendo lo sguardo dal cielo. Tornò a sedersi e vide due occhi stanchi di fronte a lui.  

«Stavi per parlarmi della vita prima del disastro quando mi sono distratto.» 

«Sì, ma propongo di proseguire domani sera, si è fatto tardi e come al solito domani sarà una giornata dura.» 

«Cosa dobbiamo fare?» 

Nicolò cambiò espressione, lo sguardo si fece serio e preoccupato. «Le radici che ti piacciono tanto stanno per esaurirsi sulle pendici del Pesalto. Dovremmo andare a vedere sul versante nord del monte Acuto, ma questo vuol dire che dovremo uscire dalla valle.» 

«Sììì, non vedo l’ora di vedere cosa c’è oltre queste colline!» esclamò Leonardo spalancando gli occhi. Il ragazzo sentì riemergere la curiosità per il mondo al di fuori della valle, così vicino, ma completamente sconosciuto.«Se non ti ho mai portato fuori dalla nostra piccola valle un motivo c’è: è pericoloso. Potrebbero esserci persone affamate e molto aggressive. Se andiamo dobbiamo essere molto attenti e cercare di non farci vedere.» 

«Lo so, me l’hai detto mille volte che dobbiamo evitare incontri con altre persone, ma sono curioso di vedere oltre queste colline.» 

«Ci andremo, ma con prudenza. E speriamo che ci sia qualcosa di commestibile. Al mattino andiamo a vedere cosa ci può offrire il versante nord del monte Acuto, se non troviamo nulla torniamo qua a raccogliere le radici che rimangono.» 

Leonardo sognò a occhi aperti cibi deliziosi, ma senza sapere come fossero fatti e che gusto avessero. 

«Basterebbe qualcosa di commestibile, sarebbe già un’ottima cosa.» 

29 maggio 2020

Aggiornamento

Sul mio canale youtube ho caricato un video in cui leggo l'incipit del romanzo: https://youtu.be/76UfYkKUf9M
05 maggio 2020

Aggiornamento

Un altro video sul mio canale youtube: gli haiku del romanzo https://youtu.be/d6KlqHa_Vcg
29 aprile 2020

Aggiornamento

Da oggi è online sul mio canale youtube il booktrailer de Il rifugio del sole https://youtu.be/qZFLLzBqMdk
19 marzo 2020

Aggiornamento

Su La Stampa di Savona si parla de Il rifugio del sole
06 marzo 2020

Aggiornamento

I personaggi.
Nicolò, il nonno di Leonardo, ha perso tutti i componenti della propria famiglia tranne il ragazzo. Da giovane ha vissuto nell’ultimo periodo in cui i cambiamenti climatici non avevano sconvolto il mondo. Vuole insegnare tutto quello che sa al nipote e vuole tenerlo al sicuro nella loro piccola valle. Ha uno sguardo dolce che non riesce ad incutere timore neanche quando si deforma per la rabbia.
21 febbraio 2020

Aggiornamento

Sul blog “Buona Lettura” parlano de Il rifugio del sole.
https://unabuonalettura.blogspot.com/2020/02/segnalazione-il-rifugio-del-sole-di.html?m=1
20 febbraio 2020

Aggiornamento

I personaggi
Leonardo, il protagonista della storia, è un ragazzo di 16 anni che vive con suo nonno Nicolò in una vecchia casa in valle Ibà. Non ha conosciuto i suoi genitori, entrambi morti quando era appena nato. Ha un fisico asciutto, gli occhi scuri e i capelli lunghi e scompigliati. Nel romanzo si troverà in grande difficoltà, costantemente impegnato nel tentativo di sopravvivere in un mondo diventato ostile verso qualsiasi forma di vita.
26 gennaio 2020

Aggiornamento

https://www.ivg.it/2020/01/il-rifugio-del-sole-il-romanzo-desordio-di-stefano-maccari-ambientato-nella-ceriale-del-futuro/ Il rifugio del sole, il romanzo d’esordio di Stefano Maccari ambientato nella Ceriale del futuro. La storia, ambientata tra 100 anni, è incentrata sui cambiamenti climatici e il surriscaldamento globale di Sara Erriu - 26 Gennaio 2020 Ceriale. Una Valle Ibà rovente, inospitale e senza vegetazione, devastata dal surriscaldamento globale. E due protagonisti, Leonardo e il nonno Nicolò, impegnati in una difficile battaglia quotidiana per sopravvivere. Ecco gli ingredienti de “Il rifugio del sole”, libro scritto dall’esordiente Stefano Maccari la cui pubblicazione è legata a una campagna di crowdfunding. La storia, ambientata tra 100 anni in una Terra resa invivibile dai cambiamenti climatici, inizia proprio nella piccola valle alle spalle di Ceriale. “Ho scritto questo libro per sensibilizzare il lettore sul tema – racconta Maccari – È ambientato nel futuro, in un mondo in cui la vita si riduce alla costante ricerca di acqua e cibo. I personaggi si muovono in luoghi profondamente modificati dal surriscaldamento globale e ritrovano elementi del passato, il presente dei nostri giorni. Spero che ogni lettore si interroghi su cosa può fare affinché il mondo descritto nel romanzo non diventi realtà“. “Il rifugio del sole” è il romanzo d’esordio di Maccari, 36 anni, laureato in pianificazione urbanistica e appassionato di musica, fotografia e birra artigianale. Ha scoperto il piacere della lettura con i romanzi di Wilbur Smith e Michael Connelly; e Carlos Ruiz Zafón, con il suo “L’ombra del vento”, ha fatto scattare in lui la voglia di provare a scrivere, portando alla nascita de “Il rifugio del sole”. “L’ho inviato alla casa editrice Bookabook ed è stato scelto – spiega – Dopo il loro parere positivo sul libro è stata lanciata una campagna di crowdfunding: il libro verrà pubblicato al raggiungimento delle 200 copie preordinate”. La campagna è partita da due settimane e al momento è al 71% dell’obiettivo: mancano 58 preordini alla pubblicazione, prevista per ottobre 2020. Una copia costa 16 euro, ma è possibile scegliere il più economico formato ebook a 6,99 euro. Vorresti fare un salto nel futuro e vedere come sarà il mondo tra cent’anni? Puoi immaginarlo tecnologicamente avanzato e con un perfetto rapporto tra uomo e natura, ma i cambiamenti climatici di cui si sente parlare in TV saranno davvero così pericolosi? E se non riuscissimo a fermarli? Immagina allora una Terra rovente, inospitale e senza vegetazione. Come sarebbe la tua vita in un mondo così? Leonardo e Nicolò vivono in un territorio devastato dal surriscaldamento globale e ogni giorno hanno difficoltà a trovare acqua e cibo. La loro vita è un costante tentativo di non morire. Ma è rimasta la speranza, che li prenderà per mano quando le difficoltà sembreranno insuperabili e li accompagnerà nel viaggio per la sopravvivenza. Insieme cammineranno verso il loro destino alla ricerca di una ragione per continuare a lottare.
22 gennaio 2020

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Su Albenga Corsara News & Views parlano de Il rifugio del sole. https://www.albengacorsara.it/2020/01/22/il-rifugio-del-sole-la-valle-iba-e-i-cambiamenti-climatici-nel-romanzo-desordio-di-stefano-maccari/ Il rifugio del sole: la valle Ibà e i cambiamenti climatici nel romanzo d’esordio di Stefano Maccari 22 Gennaio 2020 Redazione Corsara libro di Stefano Maccari Ceriale | Ambiente e letteratura si incontrano ne Il rifugio del sole, romanzo d’esordio di Stefano Maccari che si è proposto di raccontare una storia che “inizia nella piccola valle Ibà, alle spalle di Ceriale, con Leonardo e il nonno Nicolò che ogni giorno faticano per sopravvivere”. Il romanzo tratta l’argomento dei cambiamenti climatici ed è ambientato “in una liguria del futuro devastata dal surriscaldamento globale”. Per la pubblicazione di questo suo primo romanzo l’autore Stefano Maccari ha scelto nuovi canali editoriali alternativi: “l’ho inviato alla casa editrice bookabook ed è stato scelto”, spiega lo stesso Maccari; “dopo il loro parere positivo sul libro lanciano una campagna crowdfunding e al raggiungimento di 200 copie pre-ordinate il libro viene pubblicato. La mia campagna è partita da 10 giorni e siamo al 60% delle copie vendute”. Ligure, classe 1984, laureato in pianificazione urbanistica, tra le passioni di Stefano Maccari ci sono la musica, la fotografia e la birra artigianale, oltre – naturalmente – alla letteratura, nata dall’incontro con i romanzi di Wilbur Smith e Michael Connelly, anche se è poi stato "Carlos Ruiz Zafón con il suo ‘L’ombra del vento’ che ha fatto scattare in me la voglia di provare a scrivere”. Chi volesse sostenere la pubblicazione di questo suo primo romanzo, Il rifugio del sole, può farlo a questo link: https://bookabook.it/libri/rifugio-del-sole, partecipando al crowdfunding ancora in corso. (effe)
16 gennaio 2020

Aggiornamento

Mentre lavoravo sul testo del romanzo ascoltavo una playlist di spotify che mi aiutava a trovare le vibrazioni giuste per scrivere. Provate a leggere il libro ascoltando la stessa playlist e fatemi sapere se sentite riemergere una certa armonia tra musica e parole. https://open.spotify.com/playlist/6N8HvuUOMt2wQvWo5pgfYi?si=ii1cyZOdSMe9b2iFcNLDrA

Commenti

  1. (proprietario verificato)

    Che dire… è il mio libro dell’anno… e in questa quarantena ne ho letto di ogni…..
    Avventuroso, scorrevole e appassionante, da leggere tutto d’un fiato, inoltre conoscendo minuziosamente i luoghi dove è ambientato mi appare ancora più realistico. Bravo Stefano!

  2. (proprietario verificato)

    Il romanzo di Stefano mi ha molto incuriosita dato che tratta una tematica molto attuale e interessante, è molto scorrevole e avventuroso, tanto che la voglia di arrivare alla fine costringe a leggerlo tutto d’un fiato!

  3. (proprietario verificato)

    Un romanzo appassionante e coinvolgente. La tematica é molto attuale é trattata in maniera leggera, non appesantisce il lettore ma lo stimola a riflettere. Bravo!

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Stefano Maccari
nato a Finale Ligure nel 1984, ha vissuto a Ceriale e in seguito ad Albenga. Laureatosi in Pianificazione Urbanistica nel 2006, inizia a lavorare l’anno successivo all’ufficio urbanistica ed edilizia privata del comune di Ceriale. Coltiva le proprie passioni: la musica, la fotografia, la birra fatta in casa, le camminate in montagna e la lettura. Quest’ultima, insieme all’amore per la propria terra e alla voglia di sensibilizzare le persone sul tema dei cambiamenti climatici, lo porta a scrivere Il rifugio del Sole, suo romanzo d’esordio.
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