C’è una lettera, nell’angolo del mio comodino.
Ha il mio nome scritto in corsivo sopra.
Dentro, profumo di rosa
Ogni volta che un soffio di vento ti muove i capelli,
ogni volta che un raggio di sole ti accarezza il viso,
ogni volta che un tremito ti percorre la schiena,
ogni volta che una canzone ti riscalda il cuore,
ogni volta, ricorda…
Non è solo una canzone, un soffio, un calore…
È qualcosa più grande di noi che ci fa credere che tutto è possibile,
anche pensare che sia lei, che ti è vicina con questi piccoli particolari.
Ogni volta che ti senti triste,
abbraccia forte il cuscino.
Quello, sarà il suo abbraccio più grande.
A te che leggi.
A te che perderai qualcuno.
Mai i ricordi.
Tienili stretti.
Tieniti.
GIORNO 2. IO
Mi chiamo Anastasia e questa è la mia storia. In realtà non è esattamente la mia storia, è più un diario, una sorta di blocco note in cui racconterò tutto ciò che mi succede. Tutto ciò che mi è successo. Una storia importante, una storia d’amore.
Ma poco importa, finisco qui. Non mi piacciono le presentazioni, non mi sono mai piaciute, perché una persona è convinta di conoscerti in base alle tue prime parole, alla tua stretta di mano, al tuo sorriso. Sono una persona che fa molto affidamento alle prime impressioni, ma queste non sono tutto, anzi, a volte non sono un bel niente. Impari a conoscere una persona con il tempo, con le esperienze, con i movimenti, da come parla, da come si arrabbia e da come ama, non da come pronuncia il suo nome. Solitamente dimentico pure i nomi, ci metto un po’ a ricordarli e scommetto che ognuno di voi ricorda quando ha conosciuto qualcuno di importante: il luogo, il primo impatto e, forse, un dettaglio come una parola o un sorriso. Non si presta mai troppa attenzione, o almeno non siamo ancora a questo punto. Non ora. Nessuno si ricorda l’inizio, se non con una fine.
Torniamo a noi. Non voglio fare molte presentazioni, perché credo che imparerete a conoscermi dalle pagine, da ciò che racconto, da ciò che vedo e che trascrivo, ma specialmente da come vivo. Esatto. Saremo amici, amici speciali.
Vi racconterò la mia storia d’amore, intima e importante. Una storia senza fine, una di quelle vere. Non è una storia da film emozionante e strappalacrime, senza principi, cavalli e supereroi. È una storia di vita quotidiana, un po’ particolare, o magari lo è semplicemente per le crisi adolescenziali che hanno contribuito alla sua creazione.
Di sicuro, è una storia vera.
Ho deciso di raccontarla perché credo nella forza delle parole, mi piace scrivere e ancor di più parlare; perché trovo che le cose importanti vadano salvate, impresse, segnate, come anche quelle non importanti, specialmente, perché un giorno lo possano diventare.
La prima regola è non sottovalutare nulla. Da un’azione a un colore. Da quando ho capito che ogni cosa che mi accade potrebbe successivamente divenire speciale, mi appunto tutto. È diventata come una droga, inizio a scrivere e non mi fermo più. Ed è una cosa che mi piace, che adoro, perché lascio un segno.
Non importa dove, come e chi può vederlo, è importante per me lasciarlo e ricordarlo. Mi piace rileggere ciò che sono stata, vedere come osservavo. Mi piace dare voce alla me del passato, riascoltarla e parlarci per un po’. Mi piace anche dar voce a tutti coloro che animano la mia storia, per raccontarla con loro, per loro.
Ci sono tantissime cose che vorrei tanto ricordare, far scattare nella mia testa: cose a cui non ho dato importanza e che sono svanite in me. Ho deciso, così, di scrivere. Perché scrivere è anche questo, essere in giro e farlo. La prima cosa che ti viene in mente: ti piace, la butti lì. Non è come nei film, dove ti fanno credere che basti andare in una stanza, chiudersi dentro e aspettare l’illuminazione. Non serve la scrivania perfetta, posizionata proprio nell’angolo giusto per l’ispirazione. Scrivere è vivere, viaggiare, guardare. Mai avrei pensato di essere una di quelle persone che da grande si trova nella borsa un taccuino apposta per queste cose.
Una volta qualcuno mi raccontò dei più grandi cantanti che, mentre passeggiavano o erano in giro per i fatti loro, canticchiavano melodie, nella testa o tramite quel filo sottile di fiato tremolante tra bocca e denti. Un po’ sovrappensiero e un po’ coscienti. Così, si chiamavano da soli dalle cabine telefoniche e lasciavano un bel messaggio in segreteria canticchiando, per registrare con la propria voce la melodia: funziona in questo modo, non si aspetta niente, non si cerca niente.
Si vive.
E accade.
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