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“Quisque faber fortunae suae.”
Ognuno è artefice del proprio destino.
Appio Claudio Cieco
Mi chiamo Giulia, Giulia Rossi e mio padre è il famosissimo Mario Rossi, protagonista dei problemi di matematica delle scuole elementari, che si contendeva la scena con il signor Verdi e il signor Bianchi.
Io, però, la matematica l’ho sempre detestata. Ho iniziato, invece, fin da piccola ad amare le materie letterarie. Ero davvero brava a scrivere i temi. Ricordo che i professori nutrivano grandi aspettative per il mio futuro e io, all’epoca, non desideravo altro che iscrivermi alla facoltà di Lettere per continuare a studiare letteratura italiana e latino, cosa che poi effettivamente ho fatto. Peccato, però, che al momento mi ritrovi inchiodata nell’agenzia immobiliare dei miei genitori a fare un lavoro che non mi piace.
Mia madre compare sulla soglia del mio ufficio con il suo tubino nero fasciante. Ha quasi cinquant’anni ma è in gran forma, merito delle cinque sedute settimanali di spinning e pilates, e delle altrettante dal chirurgo estetico. «Giulia, ricordati l’appuntamento con i signori Nardini. Arriveranno tra poco e tu mi sembri una scappata di casa. Preparati, accidenti!»
«Mamma, in realtà io sarei pronta» le rispondo automaticamente, senza distogliere lo sguardo dal monitor del PC.
«Ma come fai a essere pronta?! Non ti sei nemmeno truccata! Non potresti cercare di renderti più presentabile? Facciamo un lavoro in cui l’aspetto è importante, prima lo capirai e meglio sarà per il tuo futuro.»
Mi giro a fissarla riluttante. «Lo sai, vero, che non resterò in questa agenzia a vita e che sto mettendo da parte i soldi per aprirmi un’attività tutta mia?» cantileno infastidita.
«Ancora con questa storia della libreria?» Alza gli occhi al cielo per poi riportare lo sguardo su di me in modo compassionevole. «Ma quand’è che tornerai con i piedi per terra? Hai la fortuna di avere una famiglia con un’impresa solida e ben avviata! Tra qualche anno tuo padre andrà in pensione e toccherà a te portare avanti l’agenzia!»
Sbuffo sonoramente e lei, sospirando, mi dice: «Questo è un affare molto importante. Per favore, cerca di comportarti a dovere. Hai preparato la presentazione dell’immobile?». E punta il dito verso di me, inchiodandomi alla sedia con i suoi occhi verdi.
«Certo, mamma. Mostrerò le foto della villa ai clienti e se vorranno fare un sopralluogo, lo faremo. Ma non oggi perché devo uscire prima per andare a prendere in aeroporto Ale.» E intanto controllo l’ora sul monitor.
«Ale? Ma non può prendere un taxi per tornare?»
«Sono sei mesi che non lo vedo. Secondo te dovrei dirgli di tornare in taxi?» La fulmino.
«Alessandro, sempre in giro per il mondo a fare foto! Ma dico io, non poteva continuare la carriera dei suoi genitori? Uno studio di avvocati con una clientela così importante… e lui che fa? Butta tutto all’aria per inseguire farfalle e uccelli in qualche paese dimenticato da Dio! Fare il fotografo freelance non è un lavoro vero. Oggi c’è, domani non c’è più! E cosa succederà quando troverà una brava ragazza e si dovrà accasare? Dovrà ricominciare tutto daccapo!»
«Quando succederà, saranno affari suoi ciò che farà. Non sarà certo un tuo problema!» ribatto indispettita.
Mia madre socchiude gli occhi e apre la bocca come se stesse per rispondermi, ma poi cambia idea, gira sui tacchi ed esce dalla stanza.
Io e lei non abbiamo mai avuto un gran rapporto, nemmeno durante la mia infanzia; tant’è vero che quando sentivo il bisogno di un consiglio materno, mi rifugiavo a casa di Ale e parlavo con sua madre.
La mia, purtroppo, è la classica persona che basa la propria vita sull’apparenza più che sulla sostanza, sull’aspetto esteriore più che su quello interiore.
In effetti, mi chiedo cosa in lei abbia suscitato l’attenzione di mio padre. È sempre stata una grande lavoratrice, devo dargliene atto, ma con l’unico obiettivo di raggiungere un certo target economico che le permettesse di sfoggiare abiti e gioielli d’alta moda durante le cene con le sue amiche.
Se esteticamente sono molto più simile a lei, con lunghi capelli castani e occhi verdi, dal punto di vista caratteriale, invece, fortunatamente assomiglio a mio padre. Infatti, proprio come lui sono una persona molto calma e razionale, esamino ripetutamente la situazione, vagliando ogni possibile conseguenza, penso cento e poi mille volte ancora prima di parlare, a meno che non vengano messi in discussione quelli che considero i miei valori: in quel caso divento impulsiva e anche molto irascibile.
Un’Audi nera parcheggia proprio davanti alla vetrina dell’agenzia, nel posto riservato ai clienti, perfettamente puntuale.
Metto in tasca il mio piccolo portafortuna e mi avvio verso la porta. «Signori Nardini, che piacere conoscervi!» dico allungando la mano a un uomo di mezza età, di bella presenza nel suo abito nero Armani, e alla sua consorte, impeccabile in un tailleur blu.
«Piacere, signorina Giulia, finalmente ci conosciamo. Devo dirle che dalla voce al telefono me la aspettavo esattamente così. Sembra proprio una ragazzina!»
«Con quel faccino acqua e sapone sembra una quindicenne, chissà quante altre volte glielo avranno detto!» interviene civettuola la moglie. E in effetti non sbaglia, mi sono sentita dire queste frasi un’infinità di volte.
Anna Peretti (proprietario verificato)
A piedi nudi sull’erba, un romanzo di esordio che non sembra tale: la definizione e la costruzione dei personaggi che sembrano reali, il coinvolgimento nelle loro emozioni, non sembra possibile siano opera di una nuova scrittrice.
I protagonisti li vedi davanti a te, percepisci i loro respiri, le loro emozioni, i dettagli che ti fanno vedere e vivere la scena come in un film.
Erika con la sua scrittura ha abbattuto la distanza, ti porta con Giulia nella sua vita, più che leggere “ascolti” i suoi pensieri e i suoi racconti, come se si trattasse delle confidenze di un’amica, come se foste al telefono o davanti a un caffè.
Una piacevole scoperta, in grado di coinvolgere anche chi magari non fosse un amante di questo genere di romanzi!