Ora, tutti e quindici, di fronte a quella che sembrava una missione compiuta, si sentirono uniti come fossero una cosa sola.
«Cosa dovrebbe significare?» chiese Luzzo con la sua solita sfrontatezza.
«È la sapienza, alcune Leggende la descrivono così. Ciò che possiamo intendere dello Spirito della Magia. Siamo alle sue porte. Entrare nella Città significa iniziare una ricerca, intraprendere un cammino di conoscenza.»
Ogni tanto il loro Guardiano, Geremsaia, proclamava cose ostentando più sicurezza di quanto non ne avesse, ma agli Eletti sembrava sempre convincente.
«Conoscenza di cosa?» bisbigliò Lonzo all’orecchio di Luzzo.
L’amico alzò le spalle, gonfiando le guance in un’espressione smarrita.
«Tenete gli occhi aperti.» Geremsaia spinse le ante che ruotarono senza peso sui cardini. «Una lanterna» intimò allungando un braccio dietro la schiena.
Bastò poca luce per fargli trattenere il fiato. Si sbilanciò all’indietro spaventato, facendo segno ai ragazzi di allontanarsi.
«Indietro, indietro! Rischiamo di far franare tutto. È un precipizio!»
Riaffacciandosi con maggior cautela, gli parve di vedere dei gradini diversi metri più in basso.
«Ci sono dei buchi nella parete sinistra» disse Lene. «Credo si potrebbero usare per scendere, ma è un po’ pericoloso.»
«Tu come lo sai?» Il Guardiano le lanciò uno sguardo fra l’incredulo e lo scocciato.
«Orik ci ha nascosto gli anelli. Era di certo il posto più sicuro.» Lene lo disse con un’ingenuità per lei insolita, ma avvertendo l’imbarazzo degli altri si rese conto per la prima volta di quanto potesse sembrare un’assurdità.
«Come?» chiese Geremsaia sbigottito.
«Ce ne siamo accorti per caso. Ero appoggiata alla Porta e Orik si è trovato dall’altra parte. Abbiamo temuto che precipitasse ma la Porta ci univa e divideva allo stesso tempo. Poi ha visto quegli appoggi e abbiamo lasciato lì gli anelli per un po’.»
«Incredibile.»
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