L’amico alzò spalle, gonfiando le guance in una espressione smarrita.
«Tenete gli occhi aperti.» Geremsaia spinse le ante che ruotarono senza peso sui cardini. «Una lanterna» intimò allungando un braccio dietro la schiena. Bastò poca luce per fargli trattenere il fiato. Si sbilanciò all’indietro spaventato, facendo segno ai ragazzi di allontanarsi.
«Indietro, indietro! Rischiamo di far franare tutto. È un precipizio!».
Riaffacciandosi con più cautela, gli parve di vedere dei gradini, diversi metri più in basso.
«Ci sono dei buchi nella parete sinistra» disse Lene. «Credo si potrebbero usare per scendere ma è un po’ pericoloso».
«Tu come lo sai?» Il Guardiano le lanciò uno sguardo fra l’incredulo e lo scocciato.
«Orik ci ha nascosto gli anelli. Era di certo il posto più sicuro.» Lene lo disse con un’ingenuità per lei insolita. Avvertendo l’imbarazzo degli altri si rese conto per la prima volta di quanto potesse sembrare un’assurdità.
«Come?» chiese Geremsaia sbigottito.
«Ce ne siamo accorti per caso. Ero appoggiata alla Porta e Orik si è trovato dall’altra parte. Abbiamo temuto che precipitasse ma la Porta ci univa e divideva allo stesso tempo. Poi ha visto quegli appoggi. Abbiamo lasciato lì gli anelli per un po’.»
«Incredibile.»
«Spaventoso in realtà. Abbiamo davvero avuto paura di dividerci e Orik non avrebbe avuto più il modo di uscirne, invece non si poteva proprio staccare dalla superficie della Porta.»
Come ha potuto non dirci mai una cosa simile? Matteo esitò prima di decidere di tenere la domanda per sé.
«E non hai mai pensato di dircelo?» Sofia prese di punta la Saetta Blu.
«A dire il vero non ce n’è stata proprio l’occasione. Non è che ce ne siamo andati in giro per la Città Sommersa da soli, è stato un caso.»
Gli altri continuarono a fissarla impietriti, senza sapere cosa dire. Sconcertata lei stessa da quel segreto che aveva custodito così a cuor leggero, si sentì punta nell’orgoglio e rimbrottò risentita.
«Magari se non avessi dovuto passare tutto il tempo a difendervi da Xander Bahals e a cercare gli anelli per voi…»
«Va bene, va bene. Un problema alla volta, se non vi dispiace» disse Effe cercando di mantenere un tono cordiale. Sapeva quanto costasse guadagnarsi la fiducia di qualcuno.
«Non siamo ancora entrati e già litighiamo!», «Iniziamo bene!» farfugliarono fra i denti Lonzo e Luzzo, divertiti dall’inaspettato dissapore.
«Abbiamo una corda?» chiese Matteo per concentrarsi sul da farsi e non dar peso alla collera che sentiva mordergli la bocca dello stomaco.
«Posso fare di meglio» Febe non fece mancare a Lene uno sguardo tagliente. La maga portò due dita alla bocca e fischiò. «Diamo una bella scavata. Non vorrete entrare nella Città come foste dei ladri, no?»
Gli altri attesero, guardandosi impazienti.
«Deve succedere qualcosa?» chiese Susi tormentandosi le mani.
«Temo che dobbiamo ancora cominciare» le rispose Ludo senza riuscire ad essere rassicurante.
Un albero si spezzò di netto pochi metri dietro di lei.
«Cos’è stato?» Vania si voltò fulminea, scattando come una trappola per topi.
«Stati tranquilli, è Ovidio! L’ho chiamato così in onore della Guardia di Porta. È un po’ timido, non ama mostrarsi in pubblico, ma è un gran lavoratore!» disse Febe sembrando molto divertita.
La terra di fianco alla Porta prese a ribollire, mentre tutti si allontanarono colti alla sprovvista.
Alberi e rocce franarono ai lati di un enorme braccio che si levò dal terreno. Un pugno si aprì e una mano affondò con forza proprio davanti alla Porta. Trascinò via la terra, scavando, in un sol colpo una lunga trincea davanti all’ingresso. Pochi istanti e l’intera porta fu visibile in tutta la sua altezza.
«Vi ho detto che possono essere molto utili. Bravo cucciolino» disse accarezzando il braccio che scomparve nel terreno.
«Bene» esclamò il Guardiano riavendosi dalla nuova sorpresa.
Scesero dentro l’incredibile canalone e guardarono la Porta dall’esterno ancora una volta.
«È davvero molto alta!» Alec si avvicinò alle ante fatte di scaglie di drago. Sotto la superficie metallica sembravano agitarsi vene pulsanti di vita. Appoggiò una mano alla scritta sorprendendosi di quanto facilmente potesse leggerla.
«C’è un'altra serratura qui.» Marco gli si avvicinò indicando un foro ad altezza dei suoi occhi.
«Oh per il drago! Avete preso la medaglia?» chiese Alec girandosi verso gli altri.
Tutti guardarono in alto, ad una decina di metri sopra le loro teste.
«Passo da sopra e provo a prenderla» disse Lene. «Questo è un lavoro per me, come al solito» disse per rimarcare ancora il proprio disappunto.
Corse lungo l’argine della trincea. Della terra franò sotto il suo peso ma la Saetta Blu ritrovò subito il suo equilibrio e raggiunse la sommità della Porta.
«Doveva essere un ingresso magnifico» Marco seguì con lo sguardo le radici che si allungavano per metri aggrappandosi alla roccia.
La Saetta si dondolò dalla cima recuperando la chiave dalla serratura e con un salto atterrò davanti agli altri. Sofia la guardò ammirata. Per la prima volta si rese conto delle doti straordinarie della coppia di fratelli. Pensò a quanto poteva essere stata difficile la loro vita, maledetti alla nascita: Orik e Lene, costretti a condividere ogni pensiero, potendo esistere solo uno alla volta.
«Ecco qui» disse Lene porgendo la medaglia a Alec.
«Scusa Lene, non volevo accusarti di nulla ero solo sorpresa» disse Sofia avvicinandosi. «So che hai fatto tanto per noi.»
Lene accennò un sorriso e scosse la testa per dire che non aveva importanza. Lei li aveva osservati a lungo rimanendo nascosta sotto le vesti della Saetta Blu, mentre loro la conoscevano solo da pochi giorni.
«Credo che dobbiamo entrare qui in pace, non credete?» chiese Sofia guardando gli altri.
«Mah si certo.» Matteo andò dietro alle parole di Sofia. «È solo che abbiamo quasi perso la testa per tutta l’estate dietro questa porta che neppure riuscivamo a vedere. Sapere che c’era chi poteva addirittura guardare oltre è piuttosto sorprendente.»
«Dopotutto potrebbe tornarci utile questa cosa, è meglio così, no?» Anna cercò segni di approvazione che non tardarono a venire.
«Che facciamo? Andiamo?» Marco li guardò tradendo l’impazienza della sua giovane età.
«Quindici, infine, varcheranno queste antiche Porte» disse Geremsaia. Marco lo guardò. Ormai conosceva il loro mentore. Sapeva che dietro la felicità del Guardiano covavano anche tristezza e preoccupazioni. Sapeva anche che sarebbe stato inutile chiederne le ragioni.
Per secoli la Città Sommersa aveva atteso di essere ridestata. Ora che aveva preso il proprio respiro, sentiva di bramare la luce che gli Eletti le avrebbero portato.
Ricordò il calore dei corpi, il suono dei cuori pulsanti che l’avevano abitata e il vociare dei bambini e i traffici dei mercanti; la musica delle Leggende: le sembrò di sentirne l’eco rimbalzare sulle sue mura.
Ricordò la guerra che la costrinse all’esilio di secoli. Abbandonata e dimenticata, perduta, non creduta.
Ora non più.
Di ciascuno dei nuovi arrivati percepì il peso sorretto sul loro passo, il respiro profondo che tradiva le emozioni e il loro odore. Conobbe il loro reciproco affetto e indugiò sulle fragilità delle quali avrebbe dovuto curarsi.
Riconobbe il loro sangue, ormai parte di lei insieme a quello dei loro predecessori e rifulse vivace lasciandosi accendere e restituire alla vita, rivelando le sue prime meraviglie.
«È una lunga galleria» constatò la più timida del gruppo, con le guance arrossate per la trepidazione.
Susi
Il goccia di sangue versata per aprire le sue porte glielo aveva rivelato. La Città fece suo il dolce sorriso di Susi e si compiacque dell’ingenuità che si affacciò alle sue porte. In segno di benvenuto le sue pareti, dapprima oscure, rivelarono i segni degli scalpelli che l’avevano scolpita nella pietra, infuocando le sue venature di rosso e oro. I ragazzi attraversarono la galleria estasiati.
«Già la amo!» Il ciuffo scompigliato di capelli rimbalzava ad ogni passo.
Lonzo
Quando raggiunsero il termine della discesa e si affacciarono oltre un’arcata ancora incompiuta, alta e stretta, la roccia si contrasse, sentendosi violata.
Il ragazzo che aveva girato la chiave nelle sue porte apriva la fila e si sporse per primo.
Alec
«C’è dell’acqua qui» esclamò.
Accesero altre torce per illuminare la caverna che rimase gelida, quasi tetra.
«Per il Drago! È tutto allagato!» esclamò ancora, senza che alla sua voce fosse concesso alcuna eco.
Il più anziano del gruppo si guardò intorno e fece qualche passo sull’unico lembo di sabbia che lo separava dalle acque nere e immobili.
La Città Sommersa non concesse loro alcun comodo passaggio, ma avrebbero quasi potuto sentirla respirare, desiderosa, in attesa di vederli calare nel suo lavacro iniziatico.
L’acqua lambiva le pareti che salivano fino ad allacciarsi alla bassa volta del soffitto.
«Saranno una trentina di metri, non dovrebbe essere faticoso» disse uno dei ragazzi che portava più ombra degli altri dentro di sé.
Ludovico
La Città fremette e lasciò che si intravvedesse la riva opposta: un’unica modesta apertura in cima ad alcuni gradini intagliati nella pietra, che salivano da una parte e dall’altra su di un basso archetto. Sotto si infilavano le acque scure.
«Ci sarà stato un ponte, una volta, che conduceva dall’altro lato» disse Susi.
«Io non credo» rispose la ragazza che per prima aveva compreso il suo linguaggio.
Anna
«Vi ricordate la leggenda che abbiamo letto al fiume?» chiese, guardando gli altri speranzosa.
«Il fiume dello Scalpellino!» «Leggenda non molto incoraggiante» disse il ragazzo dal ciuffo sobbalzante insieme ad un altro, quasi all’unisono.
«Di cosa state parlando?» chiese un’altra, intelligente e curiosa.
Vania
«Deve esserci una sorgente che alimenta il lago da qualche parte; sta scritto che le acque sgorgarono improvvise costringendo a cambiare l’assetto di questo ingresso. Dalla Leggenda sembra di capire che non siano acque qualsiasi, però; sono una specie di prova che non tutti riescono a passare, solo gli Eletti» spiegò Anna.
«Io e te affogheremo di sicuro!» si dissero sconfortati i due intrepidi amici. La Città sorrise divertita lasciando che le sue acque lisce si increspassero appena.
Lorenzo e Leonardo… Lonzo e Luzzo
«Noi siamo gli Eletti. Riusciremo a passare, vedrete» disse Anna sorridente.
«Temo, comunque, che non ci resti che nuotare, Leggenda o meno.»
Dalla voce profonda, la Città comprese il suo valore di coraggioso difensore.
Matteo
«Non sarà più faticoso di quanto lo è stato arrivare fin qui» Effe guardò l’acqua con convinzione.
A Federico la Città Sommersa desiderò di rivelare subito i suo segreti. Vide un sofferenza profonda alla quale l’Eletto aveva saputo reagire, sentì la rabbia tramutata in speranza. Pensò accogliere gli Eletti risparmiando loro la fatica della prova. Neppure con i suoi fondatori si era mai sentita così legata, eppure attese.
«Alcuni possono rimanere qui con le torce accese, mentre i primi raggiungono all’altra sponda» suggerì il Guardiano di Acerboli.
Geremsaia
La Città lo scrutò, intuendone il destino.
«Proviamo» disse Matteo per primo.
Diede un’occhiata ad Alec che non si mosse mentre osservava turbato la caverna.
Per un attimo Matteo esitò; poi, con un respiro, si chinò a toccare l’acqua nera.
La Città non lo respinse. Matteo immerse la mano appena sotto la superficie scura del lago.
«È tiepida» disse cercando il suo riflesso alla luce della torcia che teneva nell’altra mano. Ma la macchia nera distesa e immobile davanti a lui parve assorbire ogni luce e non concedere sicurezze.
Sondò il fondo con i piedi, fino a che, dopo pochi passi incerti si ritrovò immerso fino al collo e prese a nuotare con un braccio solo.
Il soffitto della caverna digradava verso il fondo, lasciando poco più dello spazio necessario per uscire dalla grotta.
La Città accolse nelle sue acque Sofia, percependo lo Spirito della Magia premere sul costato della ragazza per rivelarsi; con lei, Effe, deciso e determinato, e Marco, il giovane più amato da tutti, dal futuro ancora incerto, si fecero avanti.
Avrei dovuto spogliarmi, pensò Matteo cominciando a sentirsi sempre più pesante.
Aveva la sensazione, però, che non fossero solo i vestiti inzuppati a farlo faticare. In breve tempo tenersi a galla divenne difficile fino a che, dopo poche bracciate, non riuscì più ad avanzare.
Ma quanto è lungo questo lago? Non finisce più, pensò sentendosi quasi stremato.
Ad ogni respiro si sentiva più attratto dalla profondità dell’acqua come se il petto gli stesse diventando di piombo. Abbassò il braccio, e la torcia affondò spegnendosi.
«Accidenti.»
Gli altri, non vedendolo più, si allarmarono.
«Perché la luce non arriva fino a là? Non è così lontano!»
Miriam, la premurosa
Matteo percepì l’oscurità stringerlo nella sua morsa confortevole e la Città gli regalò un misto di sensazioni tese fra l’apprensione e la rassegnazione.
«Tutto, bene» si affrettò a dire. «Non vedo più la fine del lago, la grotta è più lunga di quanto sembrasse» disse senza particolare energia.
«Un po’ strana quest’acqua, non trovi?».
La voce di Marco che gli si era avvicinato lo rasserenò. La Città Sommersa lesse quanta sicurezza Matteo e Alec avevano dato a Marco in passato, il più piccolo del gruppo. Si sentì amichevole e decise di rivelarsi ancora un poco.
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