Raylee non sa ancora che quell’invito diventerà una trappola, e che in gruppo tenteranno di abusare di lei. A salvarla sarà un uomo più grande di lei e dall’aria misteriosa, e diventerà l’uomo che cucirà ogni sua ferita. I due si innamoreranno perdutamente, ma Karim Roy non è quello che dice di essere e le stravolgerà la vita.
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Sono pronta già da svariati minuti perché ho un appuntamento con Blake, il mio ragazzo. Ho dato una rapida occhiata al mio aspetto: i miei capelli biondi e ricci li ho lasciati sciolti. Il poco trucco che ho deciso di mettere rispecchia bene il verde dei miei occhi e i due piercing che ho, uno al naso e l’altro sull’ombelico, luccicano alla luce del sole risaltando ancora di più con i miei occhi. Ho anche dei tatuaggi: quattro al braccio destro, uno più piccolo sul polso sinistro, uno al torace e un altro sull’addome poco distante dall’ombelico.
Quest’ultimo l’ho fatto insieme alla mia migliore amica. Inizialmente mi tatuavo per fare arrabbiare i miei genitori, poi in realtà me ne sono innamorata e da allora, ogni momento della vita che più mi ha segnata è finito sulla mia pelle indelebile. Dopo essermi accertata che anche ciò che indosso va più che bene, guardo il cellulare e mi accorgo che c’è una notifica. Mi sono distratta e non mi sono accorta che Blake mi ha inviato un messaggio in cui mi dice che tarderà di un ora: un altro appuntamento posticipato e ultimamente sta diventando sempre più frequente. È anche vero che io sono sempre super impegnata, infatti frequento una scuola di ginnastica artistica e fra due giorni ho una gara importantissima, oltre ad avere anche il coach che mi fa davvero tante pressioni. Questo mi ha annullata completamente. Tutte le cose che mi piacciono ho dovuto riporle in un angolo, perfino la mia relazione e la mia amicizia, ma cerco di tenere duro perché in fondo so che quando arriverà il
momento e avrò vinto la gara della vita, quella che permetterà a una squadra di provincia di partecipare alle Regionali, tornerò ad essere la solita Raylee di sempre. Vado a sedermi sul divano e penso a tutti i sacrifici che ho fatto per questa gara: alla dieta da seguire, all’allenamento specifico e alle parole del coach che mi fa notare ogni volta quanta fiducia abbia riposto in me. Non dico di essere la migliore, ma ambisco ad esserlo e un giorno sogno di partecipare alle Olimpiadi, perché lo sport è tutto ciò che ho nella vita e non so fare nient’altro. Vivo da sola nella casa che era dei miei nonni nella piccola città di Ontario in California. Sì, si chiama come la fazione canadese, ma niente a che vederci! Qui c’è il mare, ci sono le onde e posso surfare quante volte voglio. Questa del surf è un’altra delle mie passioni e mi è stata tramandata da mio fratello, che fin da quando ero bambina veneravo come un Dio. Ai miei occhi era perfetto! I miei nonni sono morti qualche anno fa e a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro: erano innamorati da tutta la vita e mio nonno ha sempre detto che non sarebbe mai riuscito a vivere senza la nonna, difatti se ne è andata prima lei e poi lui l’ha seguita. Si è lasciato andare e ancora oggi mi condanno da sola per non aver fatto abbastanza, anche se mi fanno spesso notare che non è colpa mia, che non avrei potuto farci assolutamente niente. Io ho sempre voluto bene ai miei nonni, vivevo con loro perché i miei genitori hanno deciso di trasferirsi a San Francisco e io non potevo perché qui avevo tutto: la scuola, la ginnastica, gli amici e il ragazzo. Non potevo permettermi di perderli ed ero pure più
piccola, pertanto sarebbe stato un vero trauma. E poi devo ammettere che non sono certamente una ragazza adatta alle grandi città, amo il mare e l’odore di salsedine, vivere lontana da tutto questo sarebbe come mettere un pesce in un acquario e non lasciarlo libero nel suo habitat naturale. Guardo un’altra volta l’ora sul mio iPhone, ma poi mi rendo conto che se continuo a fissarla, di certo non passerà ed è la ragione per cui decido di uscire ugualmente di casa. April, la mia migliore amica, vive a pochi minuti da qui e decido di andare a casa sua senza avvertirla.
Noi due abbiamo questo rapporto, ci conosciamo da quando eravamo bambine e quindi la nostra amicizia è un po’ così: vivere alla giornata. Non ci chiamiamo per dire che stiamo andando l’una a casa dell’altra, ci andiamo e basta! Inoltre abbiamo le chiavi, lei di casa mia e io di casa sua. Per una questione di sicurezza, siamo pur sempre due giovani ragazze che vivono da sole, oltre al fatto che ci trattiamo anche come fossimo l’una il contatto di emergenza dell’altra. Se dovesse accadere qualcosa, l’altra correrebbe e avendo le chiavi non troverebbe ostacoli. Quando mi incammino verso casa di April noto una macchina parcheggiata ad un isolato più avanti: la riconosco subito perché è quella di Blake e per averne ulteriore conferma decido di guardare la targa. Corrisponde perfettamente! Inizialmente non ci bado, non faccio caso alla ragione per cui la sua auto si trova parcheggiata lì, ma è abbastanza vicina a casa di April ed è questo il motivo che mi fa accendere una lampadina. E dato che mi faccio venire più di qualche dubbio, astutamente decido di
utilizzare la sua chiave. Okay, ho appena detto che ce l’abbiamo per le emergenze, ma questa lo è!
Arrivata alla porta d’ingresso infilo la chiave nella serratura e la apro, me la richiudo delicatamente alle spalle per non far rumore e per non farle sospettare niente, a quel punto guardo sul pavimento e mi accorgo che ci sono vestiti sparsi ovunque, e riesco a riconoscere la maglietta di Blake, dato che è quella che gli ho regalato per il suo compleanno lo scorso anno. Adesso i miei dubbi non sono altro che certezze, ma è quando sento delle risate provenire dal piano di sopra che ho davvero le conferme che nessuna ragazza vorrebbe mai avere: due voci ben distinte, e so bene essere quelle della mia migliore amica e del mio ragazzo. Quei due se la spassano alle mie spalle? E da quando? Mano a mano che le prove si fanno concrete, sento il cuore rompersi in mille pezzi. Lo stomaco mi produce un formicolio strano, come se qualcuno ci stesse facendo un incontro di Wrestling, e sento anche le lacrime salirmi agli occhi. Mi mordo il labbro inferiore con tanta forza perché voglio scacciarle, e non ho alcuna intenzione di farmi vedere così da loro. In quel momento pervade in me l’indecisione sul se sia giusto che io entri e li smascheri, o se forse devo andare via e fare finta di nulla facendogliela poi pagare in altro modo. Opto per la prima opzione perché non sono una persona vendicativa, e quando decido di chiudere una relazione è perché ne sono sicura, pertanto raggiungo la cima delle scale e siccome la porta della stanza è aperta, mi ci fiondo davanti facendo un finto colpo di tosse che serve a
richiamare la loro attenzione. In quel momento li vedo sbiancare e le loro facce assumono un’espressione assurda! Lei sta morendo dalla vergogna, mentre lui invece è terrorizzato, e decido di restare a fissarli in attesa che uno dei due provi a giustificare ciò che è ingiustificabile. Io però so già qual è la verità, e di fronte ad una scena del genere inventare qualcosa li renderebbe soltanto patetici.
«Raylee… n-non è quello che sembra! Se mi lasci spiegare i-io…» Tipica frase, eppure sono certa sappia fare di meglio. Lo guardo trattenendo a stento le lacrime, ho le mani lungo le gambe e i pugni serrati. Se non sapessi di avere un certo auto controllo, giuro che starei spaccando tutto, ma mantengo la calma e per quanto dentro di me stia provando un dolore latente, trovo ugualmente la forza di restare e permettergli di spiegarsi. Mi hanno insegnato sempre a fare la cosa giusta, bisogna dare modo di spiegarsi quando si commettono degli errori, e poi in quella situazione puoi prendere la tua decisione. Io l’ho già presa dal momento in cui ho trovato i vestiti di sotto, ma ora che ho la scena davanti, be’ mi rendo conto che fa più male di quando sono solo dubbi. Le certezze ti lacerano dentro e io ora ho un blocco nel petto, sento di far fatica a respirare e non mi escono neanche le parole di bocca. I miei pensieri sono fumo.
«Ray, mi dispiace! Non dovevi scoprirlo così. I-io mi sento…» La voce stridula di April mi riscuote da quel dolore che tramuta in rabbia. Stavo guardando
lui, ma a parte le parole di prima tutto il resto tace. Guardo lei e prendo un coraggio che non so da dove viene fuori.
«Una merda? Ti senti una merda? Fai bene! Che cosa c’è da spiegare o da dispiacersi? Poco prima che entrassi non mi sembrava vi stesse dispiacendo così tanto.» Sono furiosa e pensavo che non mi sarei mai trovata in una situazione del genere, credevo infatti, fossero davvero le due persone di cui potevo fidarmi di più al mondo, e invece me l’hanno fatta sotto al naso.
«Mi fate schifo! Io e te siamo cresciute insieme, ci conosciamo da quando eravamo bambine e una cosa del genere… proprio tu!» Le mie parole non hanno un senso compiuto probabilmente, ma sto buttando fuori tutto ciò che ho dentro.
«Da quanto tempo va avanti questo schifo?» Lo chiedo presa ormai dalla disperazione. In effetti non so se voglio saperlo, ma guardo lui perché è da lui che voglio saperlo. È Blake che mi ha violata, che sa tutto di me. È per lui che ho sacrificato molte delle cose che amavo, per seguire le sue di passioni. È a lui che ho dato tutta me stessa ed è sempre a lui che mi sono concessa, e ha sputato su tutto quello che avevamo. Quando l’ho conosciuto avevo vent’anni e sebbene avessi avuto altre storie, nessuna è stata importante come quella con lui, proprio perché sentivo che c’era un forte legame e che con lui potevo davvero essere me stessa. Mi ha resa donna.
Ho cambiato perfino la mia mentalità per stargli dietro, e questo perché pensavo davvero fosse più maturo, dato che lui è più grande di me e non avrei mai voluto mi considerasse una semplice ragazzina. Quindi tutto quello che ho fatto per lui e cercare di migliorare me stessa, be’ mi si è appena ritorto contro. Lui ha distrutto tutto ciò che avevamo costruito insieme, compresi i tanti progetti che avevamo.
«Due anni!» Il mondo adesso mi crolla ufficialmente addosso. Io e lui stiamo insieme da tre anni, e adesso scopro che da due mi tradisce con la mia migliore amica. Non dico niente, faccio gesto con una mano che devono stare zitti, mi avvicino al mobile e ci poggio sopra la chiave di quella maledetta casa, così faccio capire ad April che con me ha chiuso. Quelle quattro mura erano un rifugio nei miei momenti peggiori e si erano di colpo trasformati in un incubo. Riesco a tenermi dentro ancora una volta tutta quella rabbia, e li guardo consapevole del male che mi hanno fatto.
«Non voglio vedervi mai più. Non provate a cercarmi, non provate a telefonarmi. Non fate niente. Non voglio vedervi neanche a mezzo metro da casa mia!» La rabbia sa farti trovare le parole giuste, sa farti tirare fuori il peggio che hai dentro, e io giuro che in questo momento non mi riconosco più. Sono fuori di me, ma trovo la forza per voltargli le spalle e uscire fuori da quella casa. Però una volta in strada, non riesco a controllarmi e tutta la forza che
avevo avuto prima sfuma, svanisce. Le lacrime che con tanta forza di volontà e fatica ero riuscita a trattenere, prendono vita scivolando lungo il mio volto, e quel poco trucco che avevo si scioglie facendomi somigliare ad un panda. Ma in questo momento non mi interessa di come sto o di come la gente mi guarda, mi interessa solo quello che ho dentro, ed è quanto di più simile al vuoto si possa anche lontanamente immaginare. Il cuore mi fa male al punto che sembra stia per esplodermi dal petto, lo stomaco rigetta perfino la colazione di questa mattina e mi opprime un senso di nausea e di ansia, che senza neanche rendermene conto mi ritrovo per strada, seduta sul marciapiedi senza neanche avere le forze per reggermi eretta e tornarmene a casa. Alcuni passanti mi guardano in modo strano, mi rendo però conto che il mondo continua a vivere e le persone camminano come niente fosse, ignare del fatto che lì a pochi metri da loro a una giovane ragazza si frantumava il cuore in mille pezzi.
2
È stato difficile tornare a casa con la terra che tremava sotto ai piedi, ma ce l’ho fatta. È strano perché sapevo di non avere voce, il blocco alla gola mi impediva addirittura di deglutire, eppure sentivo come se urlassi ai passanti. Sono anche quasi sicura del fatto che una signora si sia fermata a chiedermi come stavo, se avessi per caso bisogno di una mano o se doveva chiamare qualcuno, ma ho un vuoto nella testa. Ricordo di essere praticamente fuggita via e come se avessi rubato qualcosa, mi vergognavo di stare lì. Mi vergognavo che la gente mi vedesse in quello stato e che magari mi compatisse. Mi vergognavo addirittura che sapesse che cosa mi avevano fatto, e speravo che nessuno vedesse i cocci del mio cuore frantumato. Vagamente ricordo di essere stata lì per strada per più di un ora, ho pianto sfogando tutto quello che avevo dentro e la delusione si è trasformata in rabbia, poi la rabbia in paura. Quella paura incontrollata che ogni tanto ti prende e non capisci adesso che cosa ne sarà di te.
Ho puntato davvero tutto su quell’amicizia, mentre ho basato sogni e progetti su quella relazione d’amore, e proprio perché sapevo che un giorno avrei dovuto far conciliare i miei desideri a quelli di Blake. Tutto ciò che sono stata quando ero con loro, di un tratto è svanito. Raylee è andata. Forse ne hanno preso un pezzo ciascuno, come è giusto che sia quando finisce qualcosa, oppure come quando muore qualcuno. Inevitabilmente si portano via un pezzo di te, ed ecco perché mi sento alla stessa maniera adesso. L’unica differenza è che loro non
sono morti, ci sono e sono vivi e probabilmente me li ritroverò pure davanti. Però poi ci penso e più lo faccio e più arrivo alla conclusione che alla fine chi si deve vergognare sono loro, e sempre loro sono quelli che dovranno camminare a testa bassa per aver sbagliato nei miei confronti. Io non ho sbagliato niente, io sono la vittima in tutta questa storia, e se solo me ne fossi accorta prima di avere quella crisi per strada… se solo avessi avuto quest’attimo di consapevolezza nel momento in cui sarei dovuta essere più forte, adesso probabilmente starei già meglio. Ma devo iniziare una nuova giornata, e la prima cosa che ho fatto è stata quella di strappare tutte le foto che avevo con loro. Tutte. Una vita di ricordi e di momenti vissuti anche tutti e tre insieme, ma non mi sono fatta alcuno scrupolo di coscienza e ho raso al suolo ogni cosa che li riguardava. Dopo di che sono andata a fare una doccia e ho infilato il pigiama con la convinzione che potessi direttamente andare a dormire, ma mi rendo conto di essere uno straccio e che una cosa del genere non ci voleva due giorni prima di una gara come quella che dovrò disputare: il coach mi ammazzerà! Sono nel letto e mi giro e rigiro, scaccio via le lacrime che lottano per venire giù, ma devo essere più forte di loro e infatti riesco a non piangere e a farmi forza. Decido di andare giù in salotto dato che non riesco a prendere sonno, e una volta sul divano accendo la payTV per guardare un altro episodio di Supernatural. Mi hanno fatto venire così tanto il voltastomaco, che non sento neanche la fame e mi assale soltanto il nervoso quando ci penso o ripenso
alla vita che avevo. La mia era una vita normalissima: la ginnastica artistica, il surf, le lunghe passeggiate in skateboard e quei due… traditori! Con April ci sono cresciuta fin dalle elementari, abbiamo passato metà delle nostre vite insieme e ancora oggi che ho ventitré anni, mi rendo conto di quanto sia raro riuscire a mantenere un’amicizia così a lungo. Esistono ancora, ma inevitabilmente qualcosa nel tempo si rompe o semplicemente si decide di prendere strade diverse, e forse è ciò che avremmo dovuto fare io ed April, pur restando comunque in buoni rapporti. Si evita di entrare troppo in confidenza come è successo quando ho conosciuto Blake, spesso sono stata davvero una stupida a mollarli da soli per andare agli allenamenti, ma io di loro mi fidavo. Queste sono però le conseguenze che poi si pagano e a caro prezzo. Tutte le festività passate insieme, i compleanni, e ricordo quando sono morti i miei nonni. La presenza di April fu fondamentale e probabilmente senza di lei non ce l’avrei fatta. E allora perché ha fatto tutto ciò? Una sola volta può essere uno sbaglio, ma due anni di relazione alle mie spalle non è uno sbaglio! Il modo in cui ridevano, si divertivano ed erano complici, mi ha fatto intuire che avessero proprio una relazione parallela, anzi quasi mi sento io “l’amante” della situazione, dato che con me Blake non si comportava allo stesso modo, anche se felici lo siamo stati. Avevo davvero tutto e mi sentivo una ragazza completa, a parte qualche mancanza da parte della famiglia che sì, è sempre stata attenta e presente, ma avrei voluto
averla più vicina soprattutto nei momenti di difficoltà, be’ non mi sono mai sentita come se non avessi niente. Tutto ciò che volevo l’ho sempre avuta, l’estate molto spesso mi davo da fare perché non avendo gli allenamenti da seguire, potevo permettermi dei piccoli lavoretti sulla spiaggia o in qualche bar in città. Guadagnavo abbastanza da essere riuscita a prendermi la patente, comprare la macchina e togliermi qualche sfizio che avevo e che non riuscivo a realizzare per non chiedere nulla né ai miei nonni né ai miei genitori. Me la sono sempre cavata da sola e mi stava bene – perché non ho mai avuto paura di restare da sola – alcune volte la solitudine mi piace. Non in questo modo però, no così come è arrivata. Una doccia fredda, inesorabile almeno tanto quanto il tempo che non passa, e più vorrei che questa giornata finisse, più non accade. E il sonno non mi aiuta, è assente e non si decide ad arrivare. Di solito una buona dormita cancella tutto, ma so già che domani probabilmente mi sveglierò ancora più a pezzi di quanto già non lo sia in questo momento, devo solo imparare ad essere più forte e andare avanti con la consapevolezza che devo cambiare tutto della mia vita, stravolgerla in via definitiva e dedicare del tempo alla conoscenza di nuove persone. So che non posso chiudermi in me stessa, che devo andare avanti pur sapendo che questo male che ho dentro non passa, ma posso tornare ad essere quella ragazza che ero prima di questo temporale, e ad essere onesta non mi dispiaceva. Non cambierei niente di quella vita: gli amici, le feste sulla spiaggia, le telefonate via skype
con i miei genitori, il ragazzo più fico della comitiva e la malsana concezione che non avessi bisogno di nient’altro nella vita. Ma solo adesso mi rendo effettivamente conto di quanto non sia del tutto vero, perché adesso che ho perso metà di quelle cose, mi sento come se non valessi niente e soprattutto non avessi più niente. Ed è su questi pensieri che finalmente riesco a prendere sonno, mi addormento sul divano con Supernatural a farmi da sfondo, e stranamente nonostante la tristezza riesco a sognare me e Dean Winchester in “sella” alla sua Chevrolet Impala del 1967.
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Il mattino seguente mi sono svegliata di buon ora come al mio solito. Manca soltanto un giorno alla gara e ho deciso di andare a fare un po’ di surf. So che devo avere la forza mentale e fisica giusta per andare in acqua, ma ho bisogno di svagare e di concentrarmi soltanto su me stessa ed essere carica per domani. Continuo a ripensare al sogno che ho fatto e a chiedermi se esiste davvero un “Dean Winchester” nella vita reale. Quella macchina d’epoca su cui viaggiare On The Road per gli Stati Uniti d’America fa da sfondo anche mentre mi alzo e vado in cucina a prepararmi un caffè. Infilo la cialda nella macchinetta, attendo l’erogazione nella tazza, e poi sorseggio anche con una certa fretta, così che possa correre a prepararmi. Faccio una rapida doccia e infilo il bikini azzurro che ho comprato due settimane fa e che non ho ancora avuto modo di indossare, notando con grande piacere che riflette perfettamente con i miei occhi. Nonostante questi
siano gonfi ancora per le lacrime versate, e che abbia due occhiaie grandi quanto una casa, mi sento comunque bella e questa è una delle cose di me che mi piace tanto. Mi piaccio e anche se non ho la fila di ragazzi alle mie spalle, sono certa di avere tante qualità e non soltanto fisiche. Vado a prendere la tavola, decido di lasciare il cellulare a casa perché non ho voglia di sentire nessuno e corro verso la spiaggia che da casa dista soltanto un paio di minuti. Una volta lì, mi incammino verso l’acqua, mi bagno i piedi e inizio a sentire l’odore di salsedine e il fresco di quell’acqua cristallina che mi provocano un’emozione pazzesca, e con il sorriso sulle labbra vado quindi a distendermi a pancia in giù sulla tavola e nuotare fino al largo. Resto in quella posizione fino a quando non arrivo al punto perfetto per cavalcare l’onda, poi mi porto seduta, le gambe aperte in modo che la mia tavola possa restare nel mezzo, e non appena vedo le onde arrivare verso di me, balzo in piedi e inizio a cavalcarle. Ne prendo una enorme e mi lascio trasportare da lei, e stranamente mi sento libera e felice come non pensavo di poter essere dopo aver scoperto una cosa del genere. Capisco di essere davvero una ragazza di poche pretese, ma questo è importante per sentirsi sempre bene con sé stessi. Cavalco le onde per l’intera mattinata e poi decido di uscire dall’acqua, vado sulla sabbia e mi stendo infine sul telo per prendere un po’ di sole, anche se poi a riscuotermi da tutto quel piacere è una ragazza che mi passa un volantino.
«Sabato sera c’è una festa in disco se ti va di passare.» Allungo la mia mano verso la sua e le sfilo il volantino. Il sole mi rende difficile leggere cosa c’è scritto, ma poi guardo verso la ragazza.
«Grazie, ci penso!» Lei mi fa un mezzo sorrisetto, ma era più un “e chi se ne frega, tanto se non vieni tu ci verrà un altro centinaio di persone” e il mio subconscio si prende sempre gioco di me quando capisce che faccio la figura della cretina. Do un’occhiata a quel volantino, ma ancora una volta il sole me lo sta rendendo difficile, riesco però a leggere almeno il nome della discoteca e so di conoscerla. Qualche volta ci sono stata con… non voglio ricordarmi di loro. “April e Blake” mi ricorda il subconscio continuando a prendersi gioco di me.
Forse potrei pensare di farci un salto, è sabato e quindi mi sarò già lasciata alle spalle la gara, e oltre questo sento proprio il bisogno di fare nuove conoscenze, magari crearmi un nuovo gruppo di amici. È vero che gli altri della comitiva non mi hanno fatto niente, ma se devo uscire con loro ci saranno sicuramente anche quei due e non è il massimo, non voglio vederli. Inoltre potrebbero sentirsi costretti a frequentarmi per forza, magari hanno preso le loro parti e dalla ragione sono pure passata al torto. Scuoto la testa consapevole che niente sarà facile, ma riuscirò ad adattarmi a questo nuovo stile di vita che sto per iniziare.
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