In un regno dove la tradizione è legge e la nobiltà custodisce il potere come un tesoro intoccabile, nasce Anastasia, una principessa dal cuore ribelle e lo spirito indomito. Cresciuta tra le mura di un castello sontuoso ma affamata di libertà e giustizia, sogna un mondo in cui il valore non abbia genere e il destino non sia scritto da altri.
Tra fughe segrete, amicizie inaspettate, prove di coraggio e antichi intrighi, la giovane si troverà a fronteggiare una società che non è pronta ad accettare chi osa sfidare le regole. Quando scoprirà che anche le persone più vicine possono celare intenzioni oscure, dovrà decidere se seguire il cuore o abbracciare la lotta.
Capitolo 1
C’era una volta, in un luogo molto lontano, un grande regno di nome Ossidiana, che si estendeva in lungo e in largo per migliaia e migliaia di chilometri. Era un regno florido e ricco, caratterizzato da grandi boschi, cinque principali città, distese di campi coltivabili e, in seguito a una vecchia e violenta eruzione di un vulcano sottomarino che da tempo immemore era dormiente, residui di ossidiana. La città più maestosa e centro di tutto il regno era Mixia, il cui nome fu scelto in onore del re fondatore. La capitale era talmente grande che si potevano intravedere case ben oltre l’orizzonte, e si divideva in varie zone a seconda del ceto sociale degli abitanti. Nella prima cerchia si trovavano i nobili, spesso parenti del re o della regina, o valorosi soldati che avevano conquistato il titolo compiendo azioni eroiche in battaglia. Nella seconda cerchia vivevano i militari con le loro famiglie: più alto era il loro grado più erano grandi le loro case, e tutte presentavano un piccolo giardino che solitamente veniva curato dagli uomini e poi dalle loro mogli quando quest’ultimi erano impegnati in battaglia. La terza cerchia di case era infine abitata dagli artigiani, dai contadini e dai pastori; qui si trovavano anche tutte le loro botteghe e ogni giorno, nella piazza principale, si svolgeva il mercato, dove si poteva trovare di tutto, dagli alimenti ai tessuti più pregiati provenienti dall’estremo Oriente. La città era attraversata da un fiume che nasceva dalla montagna che si ergeva maestosa proprio alle spalle del castello, fungendo da barriera naturale. La presenza del fiume, che andava a sfociare nel mare a sud, rendeva il terreno particolarmente fertile, contribuendo così alla ricchezza e alla salute del regno e dei suoi abitanti.
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A governare tutta Ossidiana vi era re Josif, con l’aiuto della sua bellissima e instancabile moglie Auris. Josif, prima di salire al trono, era stato il maggior esponente militare e capo dell’enorme esercito del padre. La sua maestria lo aveva reso noto a tutti i paesi vicini: aveva combattuto talmente tanto, aveva visto così tanti morti che una volta salito al potere aveva deciso che avrebbe fatto di tutto per mantenere la pace all’interno del suo reame. Mentre in gioventù si presentava alto, dalla corporatura muscolosa, con folti capelli scuri che gli toccavano le spalle, avanzando con l’età si fece leggermente più robusto, per la vita sedentaria, e i capelli più corti si tinsero di qualche riflesso grigio. Quello che non cambiò fu invece l’animo buono ma nello stesso tempo molto determinato e orgoglioso, caratteristica che convinse suo padre, re Marcus, a sceglierlo come erede al trono all’età di ventuno anni, nonostante la primogenita fosse la principessa Malina.
Auris, invece, era figlia di un aristocratico che viaggiava molto per lavoro e orfana di madre, perciò all’età di dodici anni venne eletta dama di corte della regina Amelia, moglie di Marcus; si poteva dire che fu la stessa regnante a crescerla, all’insegna dell’ordine, della forza e della nobiltà d’animo. La donna fin da giovane era sempre stata bellissima, con quei lunghi capelli mossi, la carnagione chiara e quegli occhi così scuri e brillanti da far cadere ai suoi piedi decine di giovani; la stessa sorte toccò presto a Josif, il quale, all’età di diciotto anni, rientrando da una battaglia importante, la vide in cucina, intenta a prepararsi un buon tè serale. In quel momento i due scambiarono giusto un paio di parole, ma il ragazzo non riuscì più a dimenticarsi di lei, fino a quando, due anni dopo si sposarono, nonostante l’iniziale opposizione del padre, che era sempre stato convinto della grande efficacia del matrimonio combinato per garantire pace e alleanza tra regni lontani.
Il re e la regina vivevano in un meraviglioso castello, con alti soffitti sorretti da colonne talmente grandi che non sarebbero bastati tre uomini per riuscire ad abbracciare una; i muri erano ricoperti da centinaia di quadri pregiati, mentre nei corridoi erano esposte statue che ricordavano e rappresentavano le gesta degli eroi del passato che avevano reso grande l’intero regno. Tutte le sale erano decorate con merletti e fiocchi di color rosso e oro e avevano immense finestre coperte da tende di velluto dei medesimi colori.
Il castello era composto da tre piani. Al piano terra si trovavano i saloni utilizzati per i banchetti e le cerimonie, molto amati dai regnati e dal loro popolo, un piccolo teatro per gli spettacoli riservati al divertimento della famiglia reale e infine le cucine. Al primo piano vi era la camera da notte dei reali, composta da un immenso letto con baldacchino di velluto bordeaux e una grande scrivania con specchiera utilizzata dalla regina per truccarsi e pettinarsi; erano presenti inoltre dieci camere per gli ospiti e una stanza, grande quasi quanto il salone principale, occupata dai sontuosi vestiti e gioielli del re e della regina. All’ultimo piano si trovavano infine le camere della servitù: erano camere molto più modeste ma alle quali non mancava nulla.
Nel castello erano presenti anche tre bellissimi giardini: il primo era il più piccolo e la regina lo utilizzava per leggere o per cucire insieme alle proprie dame di compagnia. Il secondo aveva un grande labirinto che fungeva da gioco per gli ospiti. Il terzo, il più grande di tutti, veniva usato solo quando il re voleva andare a cavallo o cacciare insieme ai più valorosi generali del proprio esercito senza avventurarsi nei boschi più lontani. Tutto il castello era circondato da un enorme fossato che serviva da protezione. L’unico modo per potere accedere alla dimora reale era passare dalla porta principale, sbarrata ogni sera da un ponte levatoio e controllata dalle sentinelle posizionate sulle quattro torri che si ergevano sopra le altissime mura.
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