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Archetipo – Fragili vascelli

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Due personaggi diametralmente opposti, sia nel carattere sia nel procedere della loro esistenza, compiono un viaggio nel proprio inconscio. 

La dimensione del sogno porta ognuno di loro a confrontarsi con il proprio Io e ad affrontare timori ed esitazioni. Tornati alla realtà, si trovano a dover ricomporre le immagini delle avventure vissute, riuscendo a fatica a distinguere il mondo reale da quello delle percezioni e cercando di trarre spunti concreti per interpretare la loro esistenza.

La potenza di questa dimensione, però, sembrerà porre in secondo piano la vita di tutti i giorni, acquisendo sempre più centralità nella loro vita, al punto da portare i protagonisti a chiedersi se la vera natura della loro esistenza sia quella reale o quella dell’inconscio.

LE VISCERE DEL COSMO

Un tubo colorato, nero nel fondo e verde smeraldo nelle scaglie. Un serpente, bocca grande e dentata, rischiarava famelico nel cielo il suo sibilo.

Gli montò sul dorso, guadò i passi e scrutò le caverne oscure di quel monte.

Sotto scorrevano torrenti impetuosi di acqua verde e chiara, piena di pesci di ogni forma, che con piede d’acqua nuotavano e viravano in ogni direzione.

La mia guida strisciò con vigore in quelle acque e li seguì, giocavamo a rincorrerli, a catturarli. Ci spingemmo all’orlo del loro salto, ci accostammo al loro virare e scoprimmo nei loro umidi occhi il segreto del mare.

Un recipiente, un calice che gettò i bastoncelli sacri della creazione. Tra le sue acque trovarono accoglienza tutte le razze del mondo che giocarono a rincorrersi e a mordersi. Così, a mano a mano presero forma battaglioni di ogni tipo, forma e razza.

E giunse anche il giorno per l’essere umano, che si ritrovò a rantolare sulla Terra muovendo i suoi passi alla ricerca del ceppo che lo originò.

Quel sacro serpente era la divinità che dimorava nel cosmo, che abbracciava le stelle e le nubi, la Luna e i pianeti, sapeva permeare nell’acqua, correre sulla Terra e strisciare nel ventre dell’uomo e della donna, facendo giungere ogni razza alla creazione.

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TRE PERSONAGGI

La sveglia suonò alla solita ora. Si alzò, si avviò in bagno e si piazzò davanti allo specchio. Attese giusto il tempo necessario che l’occhio riuscisse a inquadrare nel tempo e nello spazio la sua figura. Si scoprì come la mattina prima e la sera precedente, nulla sembrava essere cambiato nel suo volto. Si compiaceva di tutto ciò ed era orgoglioso del fatto che nel suo essere nulla cambiasse, ma che il tutto si muovesse sempre uguale. Sempre la stessa espressione, sempre lo stesso taglio di capelli, sempre la stessa barba, come se non crescesse.

Raccolse bene l’acqua nel bacino delle sue mani e si sciacquò il viso. Studiava ogni movimento del suo corpo.

Si diede due o tre colpetti rapidi e forti sulle guance, giusto per risvegliare la circolazione e immediatamente dopo continuò con denti, cerume nelle orecchie, un po’ di gel sui capelli e pronti per la vestizione.

La sua stanza era piccola, un letto ben accostato al muro e un armadio poggiato sull’altro. Una minuta scrivania piena di scartoffie confuse e una sola foto incorniciata appesa al muro, di fianco al piccolo armadio. La foto ritraeva una squadra di calcio: lui posto ai bordi della formazione, sul lato destro di chi guarda e sul sinistro di chi si mostra. Probabilmente giocava poco, lo si poteva intuire dal numero sul calzoncino, coscia sinistra: il quindici.

È noto che i numeri di maglia dei titolari vanno dall’uno all’undici. Dal portiere, uno; passando per il regista di centrocampo, cinque; appoggiandosi all’estroso del gruppo, dieci; e concludendo con la mezza punta, undici.

Il suo, il quindici, rivelava un’anima da terzino sinistro, anche se destroide, giusto perché a sinistra si trovava più spazio, poiché i mancini risultano in minoranza.

Il tutto sarebbe risultato assai curioso agli occhi di molti dei suoi compagni di bevuta, poiché in ogni occasione si atteggiava spesso a fermo titolare e non solo, annoverava tra le sue inenarrabili qualità quella di segnare molti gol, anche se terzino.

Aperto l’armadio giunge il momento della scelta, piuttosto effimera poiché esso accoglieva giacche, camice e calzoni tutte dello stesso colore. La decisione sarebbe ricaduta tutta a vantaggio del capo più fresco e profumato. Nonostante tutto, impiegò circa venti minuti.

Nessuna sveglia suonò per lui, solo una voce, che ogni giorno gli si buttava addosso con forza e lo destava.

Aprì un occhio, poi l’altro e si guardò attorno stralunato. Controllò lo stato del suo ventre, tastandolo con i palmi e riconoscendolo sempre uguale: non un millimetro di meno, troppo gonfio.

Scostò le coperte e fece un po’ di fatica a scendere dal letto. I suoi centoventi chili si facevano sentire in questi casi. Mise le pantofole e si avviò in bagno, come sempre speranzoso.

Una volta entrato, chiuse la porta a chiave. Quello era il suo momento, forse il più delicato della giornata. Nessuno doveva interferire.

Aprì l’acqua del rubinetto. Il getto scese troppo freddo, decise quindi di regolare le manopole e optare per un’acqua calda, quasi bollente. Tutto questo senza mai guardarsi, tutto al buio. Si intravedeva e si dava una forma nel perimetro dello specchio solo dopo aver sciacquato il viso.

Quando incontrò il suo sguardo, non riuscì a reggerlo per molto, guardò i suoi occhi, ma senza inquadrarli, senza riconoscerne il colore. Si direbbe un verde, ma se fosse chiaro o scuro proprio non sarebbe riuscito a dirselo.

Intanto, fuori dalle porte già muoveva i suoi passi quel grigio mantello senza grinze né sfumature. Si aggirava per il mondo: attraversava le strade, solcava i marciapiedi, entrava nei salotti e si raccoglieva nelle bocche di chi parlava. Poi saliva su per i camini e si diffondeva nell’aria. Si apriva a ventaglio sulle teste di tutti quelli che ansimavano e procedevano a capo chino là sotto.

2022-02-08

Aggiornamento

Sono felice di ringraziare tutti coloro che hanno scelto di sostenere il mio progetto.
2022-02-10

Aggiornamento

Sono lieto di annunciare la presentazione del mio libro.
2022-02-10

Evento

Castello dei conti di Ceccano Nel suggestivo scenario del castello medievale di ceccano presenterò la mia opera.

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Fabio Magliocchetti
È nato a Frosinone l’11 maggio del 1985. Originario di Ceccano, vive a Supino, paesino arroccato sui monti della Ciociaria. Scrive fin da piccolo, ritenendo la scrittura una necessità. Inoltre, è allenatore di nuoto per la SS Lazio Nuoto e gestisce la propria società sportiva, ASD Frosinone Nuoto. "Archetipo. Fragili Vascelli" rappresenta la sua prima opera di narrativa.
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