O forse sul finire della bella stagione, quando la gente ritorna dalle vacanze e ha più tempo? I funerali sarebbero sicuramente più numerosi…
E perché non in autunno? Con quell’arietta fresca, le persone verrebbero al cimitero più volentieri e si godrebbero di più la giornata senza quel caldo estivo soffocante.
La primavera? No, forse un mese troppo allegro per i funerali.
Che ne dite dell’inverno? A parer mio, neanche a parlarne, troppa tristezza, a meno che non nevichi, in quel caso potrebbe andare, fa atmosfera.
Ricordatevi di non farlo sotto le feste! È brutto, perché poi tutti vi ricorderebbero in un momento in cui avrebbero voluto festeggiare.
Vedete? C’è tanto lavoro da fare, non si improvvisa. E una volta scelto, che fate? Aspettate che arrivi il giorno fissato con ansia, fin troppa! Non pensavo fosse così difficile…
Poi ho analizzato la scelta di mio nonno e sono giunto alla conclusione che non poteva scegliere data peggiore. Ma vi sembra il caso di scegliere proprio il giorno 17? Per di più del 2013. Pessima decisione. No, di sicuro non avrei fatto quella scelta, non l’ha ponderata, non ha dato alcuna importanza. L’unica accortezza è di averlo fatto di lunedì e non di venerdì. C’è un limite a tutto, avrà pensato!
Per quanto io la ritenga una scelta importante, lui invece non si era preoccupato neanche dell’ultima cosa che avrebbe sancito la fine della sua vita, forse l’ultima che noi consideriamo importante. Quella data per cui ora in famiglia lo ricordiamo. Quella data che guardiamo ogni volta che andiamo sulla tomba, la data di morte, ancora oggi, a dieci anni di distanza, a ogni anniversario. Se ci pensate, è veramente importante, e allora perché lui non l’ha fatto?
Delle sue reali ragioni me ne dovrà rendere conto prima o poi, anche perché un po’ sono incazzato: perché, dopo tutto l’amore che ci ha dato, ha fatto così? Mio nonno ha scritto una lettera a tutti noi, si è preoccupato di qualsiasi cosa: dai saluti ai familiari al latte che scadeva, ma non della data di morte.
Forse aveva scelto il 16, ma poi si è attardato a mettere tutto in ordine e vedi tu, era passata la mezzanotte. Va be’, ho fatto tardi, ma ho fatto tutto. Tolgo il disturbo, non rompo con la malattia e ’sti cazzi che è il 17. Vallo a sapere se ha pensato veramente così!
Io, dopo quel giorno, mi sono fatto parecchie domande. Se mio nonno non si è neanche preso la briga di preoccuparsi della sua data di morte, perché mi sarei dovuto preoccupare degli esami di maturità che sarebbero iniziati il giorno successivo al suo funerale? Mi sembrava e mi sembra tuttora una stronzata a confronto.
Ricordo che quel giorno mi sono trascinato in aula, ricordo di essermi seduto al banco assegnato e averli affrontati con una tranquillità assoluta, in leggerezza, seppur triste. Dal primo giorno d’esame fino all’ultimo. È stata la prima volta che mi sono reso effettivamente conto che non avevo alcun tipo di ansia come durante tutte le verifiche sostenute negli anni scolastici. Nulla mi sembrava importante in quel momento. Che bello, dovrebbe essere sempre così, ho pensato nei giorni successivi. Ho copiato tutto quello che c’era da copiare, mi sono fatto riprendere con i miei compagni più volte per aver parlato, ho scritto quello che sapevo e ho consegnato. Tutto lì, fine. Ma se questo è stato uno dei momenti più importanti della mia vita – l’esame di maturità – e l’ho affrontato con questa leggerezza quando la maggior parte delle persone va in crisi o in ansia, perché non avrei potuto affrontare le future scelte con più spensieratezza senza troppe pippe mentali? Certo, c’è anche da dire che avrei voluto evitare ogni volta la morte di un parente prima di un evento importante, ma forse potevo trarne un piccolo insegnamento da quell’esperienza. In qualche modo mi aveva spinto a riflettere e ad affrontare più serenamente, sminuendole, situazioni che solitamente preoccupano.
Così ho fatto, o meglio, ho cercato e cerco di fare da quel momento in poi.
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