Pianura Padana. Strisciata verde erboso sulla cartina geografica d’Italia, appena sopra il centro della penisola, giusto sotto la non-proprio-spezzata del Po, il quale scorta la regione dalla nascita fino a una morte digradante nel delta adriatico.Peculiarmente umida e aleggiata da una cappa di letame perenne, la caratteristica precipua della region padana deriva dal suo passato di buco nell’acqua: i detriti, portati dalle correnti ad accumularsi sul fondo marino, hanno creato una leggera conca in mezzo a vari gruppi di rilievi, tanto che le sue propaggini costiere orientali, prima paludose, sono state bonificate completamente, e con scarsi risultati, solo nel corso del secolo passato. È risaputo che i resort per anguille vi abbondino. Ne deriva che i nativi delle sue varie province vengono al mondo con una particolare tempra, impermeabile quanto, si potrebbe dire, la corazza di un alligatore, in modo da evitare di gonfiarsi come spugne per inoculazione sottocutanea di microsfere d’acqua stagnante e salmastra. Fenomeno parecchio curioso, sicuramente ancora sottostimato dalla comunità scientifica internazionale.
È fatto riconosciuto, d’altronde, che il foresto che si avventuri,per sua sventura, entro i confini di queste sabbie mobili non riesca, nella media, ad adattarsi fisicamente all’ecosistema del luogo, dovendo, per sopravvivere, far ricorso a una delle più antiche armi di difesa create da natura e perfezionate dalla specie umana: la lamentela. Altra certezza pare potersi dire la presenza costante – seppur nascosta e inaspettata, diciamo in qualche modo messa a riposare nel cassetto del comodino di fianco al letto – degli emiliani, di discendenza diretta o meno, in qualsiasi parte del mondo. Chiedere per credere. È una razza superiore, la nostra; solo che,da romantici collettivisti quali ci ritroviamo, preferiamo la dimensione della massa.Il lamento accorato non è, spiacevolmente, costume esclusivo dei viaggiatori. Ancora oggi, non è chiaro da che cosa, nell’emissione di aria malmenata fine a se stessa, nel commento fattuale rasente all’aridità, scaturisca il piacere di un atto, sostanzialmente, faticoso.Insomma, si fa fatica. C’è tutta una tecnica dietro una certa articolazione della mascella-e-mandibola. Per nulla banale. Non siamo inglesi, diamine, parlare del tempo in Italia non costituisce valido tema di conversazione. Non supera la staccionata. Come direbbe un inglese.Osservando più attentamente la situazione, si noterà che, mediamente, potremmo definirci un popolo viziato in materia di meteo. Abituati a stagioni con identità precise, solite ripetersi ciclicamente senza variazioni sensibili tranne che nei limiti massimi e minimi di temperatura, nella forza del vento, o nella qualità e quantità delle precipitazioni, ogni minima deviazione dalla norma assume le proporzioni di, a seconda degli osservanti, un disastro ambientale o del metro di paragone assoluto sul quale misurare la positività o meno di una giornata qualsiasi, senza nemmeno che ci si sia tirati su dal letto. La sveglia suona, la mano brancola affannosamente a cercare il pulsante di spegnimento, gli occhi si stropicciano e le dita seguono a ruota, ogni singolo muscolo compartecipe allo spasimo della levataccia settimanale; quand’ecco che le orecchie, destatesi solo un po’ in ritardo, percepiscono una variazione nella consueta penombra ovattata delle sei di mattina. Attraverso l’oscurità della stanza penetra il ticchettare insistente della pioggia sulle persiane; immediatamente balena un presagio, il riassunto delle ore che ci attendono una volta attraversata la porta di casa. In sunto, follia pura.Passa il tempo. Consideri l’idea di muoverti con i mezzi di trasbordo pubblico, per una volta, solo per un’eccezione. Seduto con la ventiquattrore sistemata sulle ginocchia per evitare che tocchi il fondo del tram, dove la Nuova Turbo-Repubblica Democratica Popolare Proporzionale Valorial-Progressista del Fango ha conquistato riconoscimento internazionale, osservi la strada che cede lentamente, annaspando sotto la forza del flutto inarrestabile per colpa di un sistema fognario cloacario. Ma un po’ di poesia alla fin fine si riesce a trovare negli svolazzi degli impermeabili dei lavoratori in bicicletta, nelle gare a cui si sfidano le gocce sputacchiate sul vetro del finestrino. Neorealismo à la carte.Peccato che tu abbia perso il Due quattro minuti fa perché hai impiegato troppo tempo a sorseggiare il caffè così da evitare di anestetizzarti le papille gustative per le restanti diciassette ore alla fine del giorno, e ora ogni speranza di arrivare in orario in ufficio appare miseramente sciacquata via insieme a qualche vaga traccia di schiuma di cappuccino ai lati dei marciapiedi.Porca vacca, sembra che in questo Paese tutti ammattiscano appena vedono qualcosa cadere dal cielo! Allora hai deciso comunque di far valere i tuoi diritti di cittadino della classe media e, stoico, dimostri la tua elevazione morale sedendoti al volante del tuo trabiccolo –un nuovo modello; un nostalgico sempreverde petrolio; un futurista avveduto e tanto spigoloso; quello cheti fa la dialisi mentre guida e quello dotato di sfigmomanometro; di certo non il tuo esemplare preferito –e immetti prudentemente il muso, armato di rosario penzolante dallo specchietto retrovisore, nel viavai della mareggiata principale. Una rotonda, altri duecento metri di asfalto. Tutto che torna, tutto ingorgato. Maledetto il Comune nei secoli dei secoli amen, qui solo rotonde sanno piazzare nelle ore di punta. Guarda te ’sti alberelli spelacchiati fuori stagione che sventagliano banderuole colorate.Sterzi bruscamente e cerchi di divincolarti dalla morsa interminabile di veicoli in coda, per invertirti. Destra, sinistra, i risultati sono scarsi.Ma cos’è la destra, cos’è la sinistra? Ci deve per forza essere, sussurra affranta la logica conclusione, un qualche intoppo serio, forse un incidente; e dove sono però le automediche, o le volanti, o le ambulanze? Ovviamente il capo non potrà lamentarsi, la scusa è bella che pronta, e in ogni caso non è stata colpa mia, io ero strigliato alla solita ora per buttarmi a pedate fuori di casa e sedermi raggiante dietro lo schermo blippante della mia scrivania. Farà fede la solita Ansa.Ma dài cazzo, muovetevi! Devo essere sempre l’unico deficiente che si accorge quando le situazioni diventano troppo assurde per esser verosimili? Avete mai messo in dubbio la natura della vostra realtà? Si potesse almeno sentire la radio, magari manderebbero qualche cosa di divertente per passare il tempo, i tergicristalli con il loro stridore gommoso mi tirano tutto scemo. Passa unatizia che sembra l’omino Michelin, però lei almeno sta a galla. Nel silenzio di burro del mio abitacolo sembra di annegare.Anche l’aria attorno è silente. Solo a sprazzi si leva dalla schiera funesta, che già inizia ad agitarsi sotto la pioggia infuocata, la squilla che clacsona. I più impavidi si attentano a sporgersi dall’oblò per provare a scrutare oltre le polene davanti a loro, verso l’ipotetico punto di intoppo. Là, lo vedo! Si muovono! Tutto in prima, amici, suvvia, facciamo calmare la tachicardia!Questa colonna infame.Un figlio, dice lei. E poi, chi lo gestisce? Quella sta a poltrire tutto il santo giorno, e io che rischio il licenziamento una volta su due, ma il pupo ovviamente deve andare a scuola, e alla migliore che ci sia, la quale naturalmente non ha intenzione di essere il nostro istituto di quartiere. Come ci arriverà dall’altra parte della città, di fretta, qualsiasi tempo faccia, lasciando profondi solchi sul marciapiede sotto il peso disumano di quelle cartelle che oggi fanno portare inclasse! Un carrellino, ecco quello che ci vuole.C’è un altro aspetto della questione che andrebbe preso in considerazione: si attesti l’istituto migliore al caro prezzo dell’esacerbazione. Una felice compresenza di insegnanti eccellenti a guida di una classe mediocre; una mediocrità classica avente per diritto di nascita l’accesso all’istruzione più qualificata; una qualifica di classe che sappia essere insegnata. Inoltre, le reputazioni in questo campo cambiano non ogni anno, ma ogni mese: poniamo che càpiti un qualche scandalo, di qualsiasi sorta, ormai sei fregato, la cosina preziosa avrà per sempre il curriculummacchiato da frequentazioni di gioventù poco raccomandabili. E con la Luna in Saturno, per di più. E di chi sarà la colpa? Non del caso, dell’infimo, infame caso, non della sfiga, diaminaccio; no, sarà dei genitori, loro senza cuore per aver costretto l’innocente a sottoporsi a umiliazioni tanto grandi da non potersi immaginare. La Luna in Saturno, maledetti voi, come avete potuto?Altro caso. Uscendo dal proprio recinto biodinamico, il piccolo stringerà amicizie con coetanei provenienti da altri orticelli urbani, magari perfino dai sobborghi –perché mica tutti sono snob e fessi –, e sarà praticamente impossibile riuscire a organizzare i pomeriggi uno a casa dell’altro, o le serate al cinema, o frequentare lo stesso oratorio, o giocare nella stessa squadra di calcio, figurarsi scoparsi le stesse donne. Tutto un problema di concime. Quando ci si nutre di cose diverse, non si riesce a far combaciare il proprio alito. Tu! Lardarolo iscrupoloso! Tu! Puzzi di capra di montagna! Così, invece che avere un saldo gruppetto di tante amicizie nel giro di quattro o cinque isolati, tuo figlio improvvisamente si scopre Grampasso Senza Terra, scacciato, cavaliere dei mulini a vento, guardato con sospetto dai suoi stessi vicini che non lo riconoscono più al di là della barba che gli ha nascosto le guance. Ti ringrazierà un giorno, tuo figlio, per averlo condannato a un’esistenza solitaria, senza nemmeno chiedergliche cosa ne pensava? Ti ringrazierà per avere avuto l’unico genitore al mondo a non saper maneggiare una fiamma ossidrica? Ma l’importante è saper togliere il bisso alle cozze.Perché certamente arriverà il giorno in cui i compagni di catechismo si metteranno in gruppetti, a ridere della sfuriata della maestra quella mattina, o della nuova cotta di bambina-X per bambino-Y, e ringraziamo che l’omosessualità e tutte quelle questioni di genere sono ancora poco sdoganate alle elementari, altrimenti qui finivo l’alfabeto. Quante combinazioni possibili ci sono? Enne alla… mmh… ho sempre odiato il calcolo delle probabilità. Mentre il tuo pulcino, diciamo… Filippo, ecco, mentre Filippo se ne sta da solo –essendo quello che gli riesce meglio, essendo l’esclusività il sentimento che ha provato per tutta la vita –non capisco, pensa Filippo, perché gli altri non mi vogliono, che cosa ho di diverso io dagli altri, come faccio a iniziare una conversazione con loro, soprattutto, oh, a’ babboh, vorrei davvero tanto diventare amico di quella ragazza dalle trecce rosse e le guance punteggiate di lentiggini che sembrano tante minuscole coccinelle, so che si chiama Rrrosa perché la sua famiglia non è di qui, viene daggiù, Rrrosa la ragazza coccinella che però sembra avere undebole per Cccarlo dato che vanno in classe assssieme, e allora è concorrenza sleale, Vostro Onore, Carlo ha la possibilità di corteggiare Rosa per ben più del doppio del tempo che si concede a mio figlio per la stessa attività, chiedo che la situazione sia subito riequilibrata, Vostro Onore, e che i diritti di Filippo vengano ristabiliti, mosti quel che mosti! E non si azzardi a rispondermi acido!Ma la difesa si leva, implacabile: a che frutto? Voi l’avete scelto, voi avete condannato vostro figlio. Ma la madre in tutto questo dov’è? Quale il motivo per cui mi vedo da solo in scena, costretto a portare da me la croce della massima vergogna parentale? E queste erano solo le elementari, i cicli di scuola dell’obbligo se non mi ricordo male sono ancora tre. È troppo rischioso procreare, insopportabile l’idea di poter nuocere a qualcuno mentre lo si ama, e lo si protegge, eccessivamente. Mia madre d’altronde non ha mai fatto mistero del fatto che io mi fossi implementato da me, del tutto casualmente, completamente in-programmato, versione antiquata di un software fuori moda, e che lei e papà mi avessero tenuto solo per la loro irreprensibile forza dell’abitudine. You have been manufactured. Dall’alto del mio ateismo, sembra che debba davvero la mia vita a quell’hippie che si nasconde tra le nuvole. Dico Giove, quello che se scopava la sorella. La colonna si è dissolta. Dove siamo. Two lateralis to go. No. Cazzo no. Ho lasciato la cartella gialla sul tavolo del salotto.
Ivan Gianesini (proprietario verificato)
Il libro di Elisa si impone nella mente del lettore sullo stile dello “stream of consciousness” con i suoi monologhi dedicati ad una coppia che, una volta, si sarebbe definita “stanca”. L’apparente dose di cinismo e disillusione, inserita ad arte dall’autrice nel citare il reciproco partner, è invece una sana analisi del vivere quotidiano del giorno d’oggi, una visione molto intimista del quotidiano così tecnologico da far rimpiangere la vita di montagna. I racconti sono lo stacco perentorio dal conflitto di anime e presentano una vera originalità nel dipingere personaggi diversi, l’autrice non ammicca mai al lettore, è il lettore che deve entrare nel suo flusso narrativo e seguire ciò che lei dice. Sono rimasto colpito dalla freschezza dello stile, finalmente qualcosa di nuovo all’orizzonte. Spero non rimanga opera unica.
magpha98 (proprietario verificato)
‘Autoritratto con famiglia’ è un romanzo sperimentale che vale assolutamente la pena leggere. La prosa ricca e mai noiosa, i quadri di famiglia e monologhi di Lei e Lui in cui Elisa ci fa specchiare quasi a darci fastidio, a farci uscire dalla nostra zona di comfort, a metterci a confronto con i nostri difetti, paure e pensieri più scomodi, ma che sono anche i più autentici e rivelatori. Soprattutto, ‘Autoritratto con famiglia’ vi strapperà tante risate e vi insegnerà a non prendervi troppo sul serio, una lezione molto utile in questi tempi incerti.
Lucrezia Bivona (proprietario verificato)
Rispecchiando la sua autrice, “Autoritratto con famiglia” ha tutta l’aria di essere l’originale risultato di passione, dedizione ed introspezione. I suoi personaggi bussano alla porta del lettore chiedendo di essere scoperti, cosicché quest’ultimo ritrovi se stesso nelle loro esperienze o che esse diventino spunto di riflessione. Il modo di raccontare di Elisa è estremamente personale e creativo; una marcata tendenza postmoderna, il gusto per l’evocazione di dettagli apparentemente insignificanti che delineano in modo complesso il quotidiano e l’interiore, la visione intelligente sulla base della quale il racconto si distende sulla pagina. È una storia curiosa, intima, condivisibile, ricca di rimandi a letture passate e che fa emergere Elisa nella sua individualità e in quanto promettente scrittrice. Spero di poter avere presto nelle mie mani la versione cartacea di questo primo romanzo estremamente intrigante!
Serena Seghedoni (proprietario verificato)
Ho avuto l’opportunità di leggere Autoritratto con Famiglia, e spero davvero che venga pubblicato perchè è davvero una storia emozionante, coinvolgente, intelligente e raccontata in un modo originale. E’ facile ritrovarsi nel mondo di Lui, Lei e Loro, frammenti dell’immaginazione di Elisa in cui ci riconosciamo, perchè sono anche un po’ l’ “autoritratto” di situazioni e dinamiche che noi stessi stiamo vivendo. E’ un libro ironico, intelligente, appassionante e coraggioso, che riesce a trasmettere emozioni complicate in un modo emozionante, spesso divertente e soprattutto autentico. Compratelo e innamoratevi del modo di scrivere di Elisa! 🙂