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Babbo, raccontami ancora…

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La pizza fatta in casa e gustata con gli amici di sempre, la prima letterina a Babbo Natale, un gelato che si scioglie sotto il sole nella piazza del paese, saltare nelle pozzanghere, disegnare il Signor T e ballare come pazzi su un pezzo rock anni ’80. Un amore per la propria figlia destinato a cambiare, a evolversi; ma ora, in questi momenti qui, è cristallizzato.

Racconti, aneddoti, ricordi e speranze future di un padre che, dopo aver sfiorato per la prima volta la manina di sua figlia, sente di essere cresciuto troppo in fretta e cerca di tornare bambino riscoprendo il mondo a piccoli passi.

QUANDO ERI UNA “FAGIOLINA”

La prima volta che ti ho vista eri un piccolo bagliore bianco sullo sfondo nero dell’ecografo, che si divertiva a sparire e a riapparire un po’ come nei videogiochi degli anni ’80, quelli in cui si viaggiava con le astronavi nello spazio e si incontravano corpi celesti che si accendevano e si spegnevano a intermittenza. In realtà dissero che quello era il tuo cuore fetale, e a me venne la pelle d’oca. Seguì un tentativo di razionalità e balbettai qualcosa di simile a: «Ma sta battendo bene o no?».

Credo che tutti abbiano riso, ostetriche comprese, ma ero troppo preso da quella sensazione che sta a mezza strada fra il panico e la gioia immensa per ricordare bene l’accaduto. Dopo una manciata di giorni il tuo videogioco era già passato al secondo schema, e tu sembravi più una pallina a forma di fagiolino che saltava in su e in giù, in qua e in là. «Di certo non assomigli a tua madre» dissi. «La persona meno sportiva del mondo!» Le ostetriche risero di nuovo. Sorrisi anch’io ma, in tutta onestà, stavo solo cercando di smorzare, con una battuta, la paura che ti potessi far male mentre saltavi in quel modo. Seguirono sbalzi ormonali e mancamenti, risotti in bianco troppo saporiti (a detta di tua madre), cene saltate per la nausea e pacchetti di biscotti divorati in piena notte.

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Poi i risultati genetici. Ci buttammo a capofitto sull’esito della risposta, tutto negativo – e meno male! –, respirai, cavolo se respirai. Solo dopo qualche secondo ci interessò capire se avremmo dovuto appendere un fiocco rosa o un fiocco azzurro al portone di casa.
«Femmina!» disse mamma. «Oddio si fidanzerà!» esclamai di colpo. «Si comincia bene!» rispose lei. Ti chiamammo Fagiolina nell’attesa di sciogliere la diatriba sul vero nome. E tutto divenne rosa, tranne la tua prima tutina, che fu scelta bianca con qualche fiorellino. Ci mettemmo più di un’ora per decidere: in quel negozio sembravamo due zombie felici. Cercai lo sguardo di altri futuri padri, per solidarietà, ma mi accorsi che erano inebetiti quanto me. E fu un girotondo inebriante fra calzini in miniatura, body e cappellini, perché “le manine e i piedini freddi sì, ma la testa no, guai!”. E poi c’erano i tuoi nomi che mi ronzavano in testa, anche nei sogni, mischiati all’immagine di te che il cervello tentava di raffigurare come il tuo probabile, futuro aspetto. Finché all’ennesima partita al videogioco in bianco e nero scoprimmo che il tuo cordone ombelicale aveva due soli vasi sanguigni invece che tre, e di colpo fu come se qualcuno mi avesse tirato giù di schianto da una nuvola rosa, spiaccicandomi a terra, con un susseguirsi di ricerche su internet, domande ad amici dottori, forum, casi analoghi, pareri dei nonni. Ma fu grazie a un magico schermo a colori, con cui riuscimmo a vedere addirittura il tuo flusso sanguigno attraverso il cuore e ogni dettaglio del tuo nervo ottico, che tornai a respirare. A quel punto la grafica del tuo videogioco era notevolmente migliorata, le tue forme molto più definite e i nonni iniziarono a mostrare i primi segni di pazzia quando azzardarono somiglianze a partire dalle sole foto dell’ecografia 2D.
Intanto l’ombelico di mamma era diventato il microfono da cui parlarti. «Senti come corre adesso» diceva lei, dopo aver assunto un briciolo di zuccheri col caffè, per esempio. Oppure: «Metti la mano, ché Fagiolina si muove». Adesso che sei qui, accanto a me, posso dirtelo: non scorderò mai l’immagine di quel bagliore bianco in quello schermo un po’ antiquato; mi basta chiudere gli occhi e ce l’ho qui davanti, nitida.
E non farci caso se, ogni tanto, ti chiamo ancora Fagiolina quando ti vedo rimbalzare sul lettone come facevi in quella minuscola stanzetta tutta nera e sicura. Io comunque son qui che ti guardo, come quel giorno di fronte al monitor, con gli occhi attenti e incollati su di te, per paura che cadi e ti fai male.

2020-04-24

Arezzo24.net

Gregorio Bartolucci ha 42 anni e abita in un piccolo borgo in provincia di Arezzo, in una casetta fatta di pietra insieme a Silvia e alla bimba Aida di quasi tre anni, fulcro di tutta la storia. Per amore per Aida, il 23 dicembre scorso Gregorio decide di aprire un blog che chiama «Racconti di un Babbo», vero e proprio diario digitale in cui scrivere momenti di vita familiare, racconti da lasciare come ricordo alla figlia. Esistono padri veri, quelli che impazziscono d’amore per i propri figli, che passano i nove mesi di attesa ad accarezzare e a mettere l’orecchio sulla pancia sempre più grossa della loro compagna. Poi la nascita, le mille inevitabili e naturali attenzioni. Gregorio è un padre speciale, ha inventato un blog per sua figlia, un diario quasi giornaliero dove annota le emozioni e i progressi della sua piccola. È un lungo racconto quotidiano che la piccola Aida un giorno potrà leggere e si renderà conto di quanto sia stata fortunata a nascere nel contesto di un amore vero, quello tra il babbo Gregorio e mamma Silvia. L’amore esiste.
2021-01-30

casentinopiù

Voci dal Casentino: “Babbo raccontami ancora”, il sogno di Gregorio Bartolucci Quasi un anno fa avevo sentito il bisogno di intervistare Gregorio Bartolucci perché mi incuriosiva ciò che raccontava su facebook. Si trattava di storie, ma non propriamente storie inventate, bensì storie di vita quotidiana che gli si svolgevano sotto gli occhi, e quasi sempre l’interprete principale, anzi, la protagonista assoluta, era sua figlia Aida. Ricordo quanto sia stato bello parlare con lui, perché questo giovane uomo ha il potere di infilarti dentro a ciò che sente, a ciò che per lui conta di più. Alla fine della nostra chiacchierata io ero assolutamente convinta che i pensieri che Gregorio dedicava ad Aida, li avrebbe dovuti racchiudere in un libro, perché sarebbe stato qualcosa di originale e anche utile a tutti coloro che lo avrebbero avuto fra le dita, in quanto ciò che narra nei suoi racconti, va ben oltre la quotidianità, la normalità di guardar scorrere il tempo. Gregorio ha infatti legato insieme molti di questi racconti e poi fatti leggere a una casa editrice che, come immaginavo li ha trovati sublimi, e che è pronta a pubblicarli attraverso questo libro che sta per nascere e che sarà pieno zeppo di storie, e pensieri, e vita. Sì, quello di Gregorio Bartolucci sarà un libro magico, un libro che farà bene a tutti coloro che lo leggeranno, che scalderà i cuori facendoli tornare indietro nel tempo, ma soprattutto farà valutare come dovrebbero stare le cose, a quei genitori che si vedono sfuggire i propri figli da sotto le dita, magari non prestando loro troppa attenzione. E adesso finalmente potremo godere dei “racconti di un babbo”, una sublime raccolta di brevi storie che insieme formano il primo libro di Gregorio Bartolucci, dal titolo: “Babbo raccontami ancora”, che sarà intriso d’attenzione, quella di un padre innamorato della sua piccolina, un padre che possiede un cuore tumultuante ogni qualvolta volge lo sguardo verso la sua Aida. Credo fortemente, e lo dico in primis da autrice di racconti, che “Babbo raccontami ancora” andrà ad impreziosire le nostre librerie e lo farà con un’unica pretesa, quella di avere tra i nostri libri, un qualcosa di diverso, qualcosa che ci farà riflettere, gioire, piangere e sperare che nel mondo ci siano tanti occhi di padri attenti come quelli di babbo Gregorio! In bocca al lupo Gregorio, e mi raccomando… raccontami ancora!

Commenti

  1. (proprietario verificato)

    Nelle prime due pagine della bozza, per chi ha avuto modo di leggerla, è racchiusa l’essenza di questo viaggio. Si capisce subito che per l’autore “l’amor che move il sole e l’altre stelle” è l’inizio del suo cammino d’amore, il cammino di un babbo e di sua figlia che per la prima volta si scoprono e mano nella mano, insieme, percorreranno la strada della vita.
    Un percorso che nasce e si sviluppa nel quotidiano, e si nutre del calore della propria casa, degli affetti più vicini, degli amici, della sana e mai banale, ma spesso sottovalutata quotidianità. Sì, perché di questo si tratta, per riprendere le parole dell’autore: “momenti banali, normali, attimi di vita quotidiana, piccole cose”.
    Se cercate un saggio, un trattato psicologico, consigli su come educare i figli (se ne conoscete che funzionano, fatemelo sapere eh!! 😊), mi dispiace ma queste pagine non vi possono essere di aiuto, ma se invece volete scoprire e riscoprire la genuinità dei momenti, di quegli attimi che solo i nostri bambini ci sanno regalare, allora questa lettura fa al caso vostro.
    Avete presente le frasi, le espressioni, i gesti per cui noi genitori con il cuore gonfio d’amore e gli occhi lucidi diciamo “cara/caro, dobbiamo assolutamente segnarcela questa cosa, è troppo bella!” e poi puff, il tempo passa, e travolti dalla velocità dei nostri giorni, ce ne dimentichiamo, la perdiamo.
    Certe volte davvero si tratta di sensazioni che ti riempiono il cuore, scariche elettriche che durano quanto un fuoco d’artificio bello, improvviso che per un attimo illumina il cielo di notte, ci lascia a bocca aperta e ci ispira un wow!
    Ecco, l’autore ha avuto il coraggio e la voglia di fermare il tempo, di mettere su carta questi attimi, di dare colore e forma alle scariche elettriche, di immortalare il fuoco d’artificio.
    L’autore chiude la prefazione con: “semplici storie, per Lei, per sua Madre e anche per suo Papà, ops, pardon, volevo dire Babbo”, ecco come si dice? “Arlecchino disse la verità burlando”, credo sia proprio così, infatti questo libro è il più bel regalo che l’autore poteva fare a sé stesso, e forse, sì, forse anche a noi lettori. Chissà mai se leggendo queste pagine altri potranno trovare la forza, la voglia ed il coraggio di lasciare per un attimo il cellulare ed impugnare carta e penna, perché le foto sono bellissime, ma una pagina che trasuda le nostre emozioni è inestimabile. Questo è il regalo di Gregorio a tutti noi.
    Firmato:
    Un amico orgoglioso di far parte della storia
    Un babbo geloso che avrebbe voluto trovare il coraggio di fare altrettanto… e chissà se…

  2. (proprietario verificato)

    Aver partecipato fin dall’inizio a questa magica avventura, fatta di amore, dolcezza, spontaneità e amicizia, forse non mi fa essere troppo obiettivo…
    Ma questo libro, nato non per caso ma dall’amore, è un tuffo nella genuinità di tutti coloro che amano la propria famiglia…il proprio nido. Pensare a Gregorio scrittore, dopo esser stato suo compagno di banco per tanto tempo ed aver letto i suoi temi…, mi sembrava impossibile.
    Invece, l’amore può fare qualsiasi magia ed insegnare l’arte del raccontare, dell’illustrare, del narrare tanti spaccati di vita in cui ognuno di noi riesce a ritrovarsi.
    Racconti visti con gli occhi amorevoli di un babbo che grazie alla sua bimba ha rivalutato tutte le sue esperienze, le sue priorità e le sue abitudini.
    Altri libri trattano del rapporto tra padre e figli, ma questo libro insegna a rivalutare la semplicità delle cose e l’autenticità dei rapporti fatti di amicizia e amore…
    Ecco l’amore e la passione sono gli ingredenti per realizzare qualsiasi cosa! Con un pizzico di magia ed immaginazione ogni racconto del libro ci insegna ad essere orgogliosi delle nostre origini e della famiglia che abbiamo costruito.
    Complimenti Gregorio…orgoglio di ogni Babbo!

  3. Gregorio Bartolucci

    (proprietario verificato)

    “Un caro saluto a tutti Voi, amici lettori! Grazie al vostro supporto, al vostro passaparola, abbiamo raggiunto insieme il 100% della campagna di crowdfunding! Per questo vorrei ringraziare ciascuno di voi, per aver creduto, promosso, consigliato, pre-ordinato il mio libro “Babbo, raccontami ancora…” Vanno a voi, con grande affetto, i miei più sinceri ringraziamenti. La prima parte di questa avventura si è conclusa con successo, ma non possiamo mollare adesso! Continuate a sostenermi, affinché possiamo raggiungere insieme il prossimo goal, consistente in 250 copie preordinate! O ancor più l’extragoal da 350! In ogni caso, comunque e al di là di tutto, la cosa più importante, per me, resta il fatto di essere riuscito ad unire persone come voi nella lettura di questo libro, dentro a un contesto in cui si parla d’Amore. Questo è il dono più bello. L’Amore genera Amore.”

  4. (proprietario verificato)

    Questo libro mi ha sorpreso per due aspetti. Il primo è l’originalità: ci sono quintali di testi e pellicole che parlano di omicidi, mostri, intrighi, improbabili storie d’amore, guerre… ma pochi si soffermano sulla magia e sulla bellezza di quello che ci circonda ogni giorno. Il secondo è il tono: trattando certi argomenti e nel mondo di oggi era facilissimo cadere nella trappola del buonismo e del mieloso , invece questo testo amalgama piacevolmente dolcezza senza risultare sdolcinato, ironia e psicologia interiore. Ben scritto e ben strutturato ‘Babbo, raccontami ancora…’ non sembra il primo libro di un autore occasionale ma un testo maturo di un artista esperto.

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Gregorio Bartolucci
è nato nel 1977 ed è cresciuto a Stia. Ha frequentato il liceo scientifico per poi laurearsi in Ingegneria a Firenze. Ha studiato pianoforte e canto, perfezionando i propri studi musicali dopo la laurea e conseguendo un master in Arti e Tecnologie del suono e in Vocologia artistica. Nel 2017 è diventato padre e nel 2019 ha iniziato a scrivere racconti e appunti di ricordi per sua figlia, aprendo la pagina Facebook “Racconti di un Babbo”. Vive a Borgo alla Collina insieme a Silvia e ad Aida, a cui ha dedicato questo libro.
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