Parte I
1. Il dannato figlio d’Eva
Una Lamborghini. Più scura di un pezzo di buco nero dentro a un pozzo, ma con un tocco lucente e chiaro di blu nei riflessi solari, di quella curiosa sfumatura che si crea con la sabbia dei lapislazzuli. Uno dei fanali era spaccato, il tergicristallo alzato, il finestrino rotto.
Era avvenuto così, in un asfissiante pomeriggio davanti al bar del tribunale, ai grassi piccioni e al solito masticatore di pizza, sotto i platani del giardino pubblico. Le finestre dei palazzi intorno erano vuote e il masticatore era distratto dai piccioni, quando era accaduto il fatto.
Ed ecco sopraggiungere Lapis, dall’aria languida e assente, con la toga sgualcita appoggiata sul braccio. Sistemò distrattamente il tergicristallo ed entrò in auto senza accorgersi di nulla, concentrato sulla turbolenta udienza che aveva avuto. Solo quando si voltò dietro per posare la toga, notò i pezzi di vetro sul sedile e rimase impalato. Fu colto, in un primo stadio, da un totale ottundimento di fronte a quell’enorme e imprevedibile disgrazia. Poi provò un sentimento simile all’odio più inesorabile verso quel fetente dannato figlio d’Eva. Stimò, con un certo spassionato godimento, quale tipo di morte gli avrebbe inflitto. E nell’immaginare l’impietosa punizione, la stizza gli si rimescolò tutta dentro. Dopodiché, nel brillio della luce dei platani, evidentemente assetata, una zanzara gli si posò sulla mano e succhiò una goccia, poi due gocce, del suo sangue. Fu allora che cadde in una totale prostrazione. Controllare gli eventi è come pretendere di mettere una pezza da piedi a tappo di un vulcano e, quando la lava ugualmente fuoriesce, correrle dietro e tentare di raccoglierla con una tazza da tè.
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Lapis si guardò intorno in cerca di un amico. Vide un uomo scappare, in lontananza. Nella panchina accanto, il masticatore di pizza sbatté i piedi sulla terra sporca per scacciare i piccioni con cui aveva appena mangiato; si ricordò che il fornaio gli aveva tenuto da parte un altro pezzo di pizza. Allora si drizzò, si stiracchiò e, con il viso tutto cotto dal sole, ruttò. Parve esprimere, in quel rutto, tutta la sua commiserazione.
«Suppongo che lei non abbia visto niente» gli chiese Lapis.
«Supponga.»
Avvertì una fredda sensazione d’impotenza e allora controllò di avere in tasca il suo corno rosso. Ma ebbe il presentimento che la fortuna non era nel palmo della sua mano.
2. Insospettato stratagemma
L’indomani era giunto all’alba, come deciso. Dal pomeriggio era cominciata la pioggia. Era di umore nero e desiderava chiudere al più presto quella faccenda. Stare fermo in macchina a non fare niente, senza sapere per quanto ancora, gli dava ansia.
«In quest’auto ci sono almeno cinquantamila euro di danni. Avvocato, chi ce l’ha con te?» chiese lei, adagiata sul sedile accanto con aria desolata.
«Intuisco che qualcuno ci sia» rispose, carezzando il volante. Poi ingoiò in un boccone il maritozzo con la panna che si era portato per ammazzare il tempo e allungò la testa oltre il finestrino: la pioggia non cessava.
«Suona come un avvertimento. Avevi parlato a qualcuno del nostro appostamento?»
Scosse la testa. La luce dei tre fanali, quelli scampati alla mano del figlio d’Eva, attraversava le pozzanghere scure e pareva risucchiarle dall’ombra. Regnava, intorno, il più completo silenzio. Lei aveva reclinato il sedile e ogni tanto lo guardava, mordicchiando un panino al seitan.
Lapis aveva trent’anni, il tipo ariano, alto e snello. Capelli color sabbia e occhi di tè, liquidi, annegati nella solitudine dell’esistenza, dalla quale ultimamente aveva cercato di distrarsi acquistando l’Eneide illustrata da Guttuso e una versione rilegata in oro delle memorie di Casanova, con le tredici tavole dipinte e autografate da Dalì che raffiguravano prodigiosi seni e generosi sederi. Adesso, mentre raccoglieva le briciole del maritozzo sparse sul cruscotto, rimpiangeva di non aver lasciato perdere tutta la faccenda.
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Donato Gentiluomo (proprietario verificato)
Secondo il mio modesto parere il libro “Bacca Nera” scritto da Serena Mattei, alla sua prima esperienza, ha centrato l’obiettivo di scrivere un buon libro. La trama è avvincente e tiene col fiato sospeso il lettore fino alle ultime pagine. Infatti durante la lettura man mano che si conoscono i personaggi si sviluppano svariati scenari che illudono il lettore di aver risolto il caso ancor prima della fine del libro. Per quanto riguarda la sceneggiatura gli ambienti sono descritti in modo così dettagliato da riuscire a trasportare il lettore nei luoghi descritti dall’autrice e sono rimasto piacevolmente colpito dalla descrizione fatta dai “gatti”. Non posso dire altro se non di leggerlo per poter vivere un’avventura fatta di bei luoghi e personaggi alquanto bizzarri, buona lettura e grazie Serena. Donato Gentiluomo
Angelo Gene Umorale Mereu
Quello che manca a molti autori è la cifra originale di novità. Non tanto nei contenuti ma nella modalità di proporre e porsi fuori e dentro i personaggi. E davvero non ne è carente Serena Mattei. Inoltre, il contesto è raccontato così bene che si compone in immagini ben visibili. Aspetto senz’altro di leggere per intero Bacca Nera. Il seme che contiene è di natura rigogliosa.
alessandro.cardash
storia intrigante, ambientata in un’atmosfera da autentico “Giallo”, sapientemente descritta nei piu minuziosi dettagli: da leggere “one shot” perché scritto, peraltro, con periodare fluido e accattivante. Consiglio vivamente.
fiorentinofabiana02
Un libro veramente scorrevole, con una trama affascinante che intrattiene piacevolmente il lettore senza annoiarlo mai… pieno di colpi di scena!! Consiglio a tutti non solo ai fan dei galli di leggere questo libro, ne rimarrete pienamente soddisfatti.
Luca Santoro (proprietario verificato)
Oltre la storia avvincente, c’è anche una modalità di scrittura di livello, avvolgente e piena di dettagli. Grande lettura!