Nicola fece fatica ad addormentarsi quella notte: non riusciva a capacitarsi dell’impresa che lo attendeva al termine del mese successivo. Un mondo intero in attesa dei nostri giocattoli, pensò. Per la prima volta, da quando anni prima aveva intagliato quel trenino di legno per Frank, Benjamin e Mary, Nicola ebbe la piena consapevolezza di come le loro azioni avessero, adesso, il potere di fare davvero la differenza. Lo aveva visto concretizzarsi prima nella sua amata dimora, poi nel villaggio e, via via, nei borghi vicini: ogni venticinque dicembre percepiva lo spirito del Natale sempre più forte. La felicità dei bambini e dei loro genitori era qualcosa alla quale, ormai, si era abituato. Ma cosa sarebbe successo adesso che quella gioia stava per essere condivisa in ogni parte del mondo? Il pensiero lo rese febbricitante. Stavano per compiere qualcosa di unico. Stavano per cambiare per sempre il Natale.
Nei giorni che li separavano dalla Vigilia ognuno di loro diede il meglio di sé. Lavoravano a pieno ritmo: confezionavano gli ultimi giocattoli, ricontrollavano gli elenchi e aggiornavano la lista per la consegna. La sera, spesso esausti da quelle giornate così intense, si addormentavano nel grande salone ascoltando le favole di Frank. Anche Nives sembrava ansiosa, ma, al tempo stesso, assolutamente determinata: faceva pratica nel bosco quasi ogni giorno, governando il vento del Nord con la sua magia. Pretese che anche Nicola e le renne si allenassero insieme a lei: non voleva correre il rischio che venissero sopraffatti da quella improvvisa velocità. Solo il signor Stevenson si rifiutò categoricamente di prendere parte a quelle sessioni di allenamento.
«Volerò con te, amico mio, ma non metterò piede su quella slitta volante prima della Vigilia di Natale!», ripeteva ogni volta che Nicola gli chiedeva di seguirlo nell’allenamento. Sapeva che Robert soffriva di vertigini e quindi non insistette mai più di tanto, apprezzando già la sua disponibilità nel prendere parte a quell’incredibile avventura.
I giorni passarono veloci e tutto fu pronto per la notte del ventiquattro dicembre. Una volta terminata la cena, i ragazzi chiesero a Nicola di seguirlo all’interno della fabbrica dei giocattoli. Una richiesta insolita, pensò Nicola. Anche Greta si mostrò altrettanto sorpresa, ma seguì il resto del gruppo incuriosita. All’interno della fabbrica, proprio al centro della stanza, un grande telo blu copriva una sagoma verticale: difficile decifrare cosa si celasse al di sotto. Nicola lanciò un’occhiata a Mary, tentando di carpire qualche informazione, ma lei fece spallucce e rise accelerando il passo. Si disposero tutti di fronte a lui aspettando di poter svelare la sorpresa; Nicola li guardava incuriosito. Fu Benjamin a prendere la parola:
«Nicola, Greta, sono trascorsi tanti anni da quando ci avete accolti per primi nella vostra casa» – e rivolse uno sguardo alla sorella e al fratello che gli stavano accanto – «Così come è successo con noi, avete aperto le porte di Casa Natale a tutti gli altri e in cambio non avete mai preteso nulla. Ci avete mostrato cosa vuol dire prendersi cura gli uni degli altri; ci avete insegnato il valore della generosità, quella vera, incondizionata, e, cosa più importante, ci avete dato la possibilità di diventare una famiglia». Greta piangeva già a dirotto attaccata al braccio del marito. «Tu, Nicola, sei un po’ il babbo di tutti noi, qui a Casa Natale».
«Accipicchia! Dovremmo chiamarti proprio così: Babbo Natale!», intervenne Frank, tutto eccitato da quella trovata.
Gli altri risero e Nicola rivide in quella battuta la stessa spontaneità del bambino che, anni prima, lo aveva spiazzato e incantato allo stesso tempo.
«Allora, tu» – fece Louisa rivolgendosi a Greta – «sarai la nostra Mamma Natale!». La donna sorrise e poi pianse ancora più forte, commossa dall’affetto dei suoi ragazzi.
«Stanotte renderai felici migliaia di bambini in tutto il mondo», riprese Benjamin. «Sarà la più grande di tutte le avventure e volevamo che portassi con te qualcosa che ti facesse sentire il nostro appoggio; che ti ricordi, in ogni istante, che noi siamo fieri di te».
Carlo e Jules tirarono via il telo che nascondeva il regalo. Appoggiato su un manichino, uno splendido completo rosso: giacca, pantaloni e cappello erano stati cuciti usando uno splendente velluto scarlatto; sui bordi di ogni indumento era stata applicata una morbida pelliccia bianca; i bottoni erano dorati e preziosamente lavorati; sulla vita era fissato un cinturone nero con una scintillante fibbia in bronzo. A lato del manichino, un paio di stivali neri appena lucidati, al bordo dei quali era stata cucita la stessa pelliccia del completo. Nicola e Greta ammirarono sbalorditi quel regalo.
«Volevamo che anche tu avessi la tua divisa, Babbo Natale», aggiunse Joanne.
Nicola non sapeva cosa dire. Quelli davanti a lui non erano più gli orfanelli spaventati che uno a uno erano giunti alla loro porta, bensì giovani uomini e giovani donne capaci di sorprenderlo con la loro generosità. Aveva di fronte i suoi ragazzi, i suoi elfi, che, insieme a lui, Greta e Nives, formavano la più straordinaria delle famiglie. Nicola ringraziò e abbracciò tutti; Greta non la smetteva più di piangere.
«Non vorrei rovinare questo momento, miei cari», disse il signor Stevenson entrando nella fabbrica. «Ma c’è un giro del mondo che ci aspetta… E se non ci muoviamo, io finirò per farmela sotto dalla paura». La battuta fece ridere persino Nives, così Nicola si affrettò a cambiarsi, pronto a vivere una notte che non avrebbe mai dimenticato.
Tutti si radunarono nello spiazzale di fronte la fabbrica dove le renne scalpitavano, ansiose di partire. La slitta era pronta e i regali caricati; il signor Stevenson ricontrollava la lista che adesso era diventata un bel rotolo di pergamena, mentre Lewis e James verificavano, per l’ennesima volta, che tutte le briglie fossero ben salde. Nicola giunse per ultimo sfoggiando la sua nuova divisa. Tutti applaudirono entusiasti. L’uomo diede un bacio affettuoso alla moglie e salì a bordo della sua slitta.
«Direi che ci siamo, amico mio», disse rivolgendosi al signor Stevenson.
«Esattamente come tanti anni fa», rispose lui facendogli l’occhiolino.
«Bene!», esclamò, quindi, Nicola. «Ѐ arrivato il momento. Nives, tocca a te. Fammi vedere cosa sai fare».
Lei sorrise, divertita da quell’entusiasmo che ormai aveva contagiato anche lei. Si concentrò sulla slitta, lasciò che la sua magia fluisse dentro di lei. Poi, d’un tratto, un forte vento giunse da Nord: tutti si strinsero nei loro soprabiti per ripararsi dal freddo. La slitta vibrò e il signor Stevenson si aggrappò con entrambe le mani al bordo. Le renne, che si erano ormai abituate a quella strana sensazione che precedeva il volo, si prepararono flettendo le zampe posteriori, pronte a scattare in avanti, quando un flusso d’aria potente investì il retro della slitta: era il momento di muoversi. Nicola schioccò le redini e le renne partirono, rapide e coordinate. Lui le chiamava per nome, a una a una, incitandole con ardore. La corsa si fece più veloce, sempre di più: l’aria sferzava sui loro volti. Il signor Stevenson non riusciva a tenere gli occhi aperti finché non accadde quanto previsto da Nives: le renne iniziarono a staccarsi dal suolo continuando la loro corsa sostenute dal vento del Nord. Per ultima si librò la slitta che, a poco a poco, prese quota. Tutto il resto del gruppo rimase basito con le bocche spalancate per lo stupore.
«Apri gli occhi, vecchio fifone… Stiamo volando!», urlò Nicola al signor Stevenson che ancora non osava guardare. Poi, voltandosi verso casa, gridò agli altri: «Buon Natale, famiglia!».
Francesca Turchetti (proprietario verificato)
Forza Zio Sam! Aspetto con ansia ‘Benvenui a Casa Natale” ❤️
Francesca Turchetti (proprietario verificato)
Forza Zio Sam!