FEBBRAIO 1964
Era una bella giornata di fine febbraio. Alcune macchie di neve si ostinavano a resistere nei campi e nei prati, soprattutto nei punti dove i raggi del sole non battevano per tutto il giorno.Con i miei genitori e la mia sorellina nata da pochi mesi vivevamo in una cascina ai piedi del monte Colma, sull’Appennino Ligure, sopra Genova.Nel fondo valle scorreva placidamente il fiume Stura che divide in due il nostro paese, Rossiglione. Nasce in cima al monte Turchino, dal quale da una parte si scende verso ilmar Ligure, mentre nel versante opposto si percorre la Valle Stura e, in ordine, si incontrano tre paesi: Masone, Campo Ligure e Rossiglione. Continuando in quella direzione si arriva a Ovada, la prima cittadina che si incontra passando dalla Liguria al Piemonte.
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In linea d’aria, Rossiglione si trova a meno di trenta chilometri dal mare, ma è adagiato sul versante nord degli Appennini, quello verso la Pianura Padana. Da un lato beneficia dell’effetto della vicinanza del mare, dall’altro la tramontana e i venti freddi provenienti dalla Alpi lo raggiungono molto facilmente. Il risultato è che, soprattutto in primavera e in estate, si può godere di un clima temperato ed estremamente piacevole, mentre in inverno non è raro avere frequenti nevicate, a volte anche molto copiose. Questo almeno è quanto accadeva fino a qualche anno fa, prima che i cambiamenti climatici recenti mutassero in maniera notevole le nostre stagioni.La cascina dove abitavo in quegli anni era composta da una grande e lunga casa che condividevamo con la famiglia di mio zio, fratello di mio padre, e da una stalla dove fino a pochi mesi prima di quanto racconterò erano presenti alcune mucche, vitelli e pecore.Eravamo una famiglia di contadini, come tante della zona, ma era sempre più difficile, per non dire impossibile, poter vivere di quanto poteva offrire una cascina di montagna, dove tutti i lavori si dovevano fare completamente a mano. Fu per questa ragione che mio padre, l’anno precedente, aveva deciso di andare a lavorare a Genova, all’Italsider, grande impianto siderurgico statale. Si trattava di un umile lavoro come operaio, ma tutti i mesi arrivava lo stipendio che, pur non essendo elevato, consentiva alla nostra famiglia di vivere in maniera dignitosa. Soprattutto era un’entrata sicura, che ci metteva al riparo da spiacevoli sorprese.L’anno precedente, nell’ottobre del 1963, era anche nata mia sorella ed era impensabile poter crescere due bambini solo con i proventi che venivano dalla nostra terra e dalla stalla. Avendo iniziato a lavorare a Genova, mio padre non aveva più troppo tempo da dedicare alla campagna. Decise quindi di ridurre drasticamente il numero di animali che avevamo. Ci ritrovammo solamente con una mucca −che ci forniva quotidianamente un buonissimo latte −alcune pecore, galline e conigli.Era essenzialmente mia madre che si occupava tutti i giorni degli animali, del loro benessere e del loro nutrimento, oltre a fare tutti i lavori che comportava la gestione di una casa di campagna. Riusciva anche a coltivare (è proprio il caso di dirlo!) il suo hobby, ovvero curarsi completamente di un grande orto, situato in un campo a poche decine di metri da casa, da cui otteneva ogni genere di prodotti.Soprattutto in estate, la vedevo partire verso le undici di mattina: andava nell’orto, raccoglieva le verdure che le interessavano e poi cucinava dei piatti meravigliosi. Quando chiudo gli occhi mi sembra di sentire ancora adesso il profumo e il sapore del minestrone, delle frittate di zucchine, dei suoi polpettoni di verdure.In particolare, verso le nove e trenta di una bella mattina di febbraio, mia madre aveva terminato i suoi lavori domestici e anche quelli relativi agli animali nella stalla. Mia sorella di pochi mesi dormiva beata nella culla in cucina, vicina alla stufa dove scoppiettava un bel fuoco.
Franco M. (proprietario verificato)
Bellissimo libro di Gianstefano Zunino, come già il primo (1690 passi) si legge tutto di un fiato: scorrevole nella prima parte e poi via via sempre più intenso fino alla commozione, sentimento che non provavo da tempo con questa intensità.