Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors

BREVIARIO DELL’ ALTRO – Deviare per scoprire l’inatteso

Copia di 740x420-105
22%
156 copie
all´obiettivo
97
Giorni rimasti
Svuota
Quantità
Consegna prevista Settembre 2026
Bozze disponibili

7 capitoli che parlano di persone per me paradigmatiche come: Alì Rashid (ex capo delegazione palestinese in Italia, ambasciatore di pace); lo Yazida (incontro surreale in Armenia); i Fotonici (una carezza alla follia della mente); mio nonno Osvaldo (reduce della Seconda guerra mondiale); Franco del Circolo ARCI (tra politica, campanilismo toscano, amicizia e anarchia); Zahir (richiedente asilo, vittima di sfruttamento); due zollette di zucchero (un incontro inatteso fatto in Turchia pregno di solidarietà). Affronto temi legati all’antropologia e alla sociologia. La pace assente nell’oggi e la Seconda guerra mondiale di mio nonno. La diaspora degli yazidi. La diversità e la follia della mente, come cure dell’anima. La tratta dei migranti sulla rotta balcanica e lo sfruttamento lavorativo. Narro i luoghi attraversati con la mia bicicletta da viaggio, in Armenia, Turchia e Romania. Mi interrogo sul valore dell’amicizia e dell’incontro con lo sconosciuto.

Perché ho scritto questo libro?

Ho scritto questo libro perchè il reiterato ricordo di queste persone mi ha suggerito di come questi incontri abbiano forgiato la mia personalità, di come mi abbiano cambiato, formato, plasmato, rigirato. Ma soprattutto di come abbiano mutato la mia percezione del presente ed il mio sguardo sul futuro, di come siano stati rivelatori, finanche rivoluzionari.

ANTEPRIMA NON EDITATA

BREVIARIO DELL’ALTRO

“Deviare per scoprire l’inatteso”

1 – L’ambasciatore delle parole di pace 

Una volta, per una festa di carnevale, il mio babbo si vestì da Arafat, erano gli anni ’80 credo di aver avuto 13 anni. Maschera di gomma in stile “Point Breake”,  kefiah bianco nera, quasi originale, giacca militare e pantaloni militari. Erano anni in cui il carnevale era una festa molto sentita, i vestiti da indossare erano preparati con cura e attenzione. Ammiravo qual travestimento, al punto tale che l’anno successivo fui io ad indossare quel costume, con ovvi problemi di taglia. Arafat era una specie di mito in casa nostra, rappresentava una speranza per chi era vicino alla causa palestinese. Parlavamo spesso di politica in famiglia o meglio, il mio babbo commentava le notizie e noi ci facevamo un’idea. Riuniti intorno alla tavola per la cena, le tv di casa erano sempre sintonizzate su canali che prevalentemente trasmettevano i telegiornali, guardavamo in ordine: ore 19:00 tg nazionale rai 3 (con qualche eccezione visto l’orario); ore 19:30 tg regionale rai 3 (immancabile); ore 20:00 tg rai 1; ore 20:30 tg rai 2. Alle 21:00 terminava la maratona dei telegiornali. 

Piccola nota di cronaca, a me il tg 1 non piaceva e non perdevo occasione per farlo notare, era una presa di posizione politica che ancora oggi rivendico.

Quando iniziai a capire meglio le dinamiche del conflitto israelo – palestinese, ma soprattutto quando mi avvicinai alla causa palestinese, iniziai a guardare con più attenzione ogni canale televisivo che ne parlasse. Leggevo gli articoli di giornale con dovizia e guardavo le foto con curiosità. Carta stampata, come usava nel secolo scorso, che suonava ogni volta che giravi una pagina. Mi ricordo anche come certi inviati di guerra sapessero raccontare ciò che succedeva in Medio Oriente con notevole sagacia. Non si limitavano solo alla cronaca, riuscivano a dare un taglio ai loro servizi che aprivano in me lunghe e profonde riflessioni. 

Arafat venne spesso in Italia,  a conferma di come il nostro paese, per molti anni, fosse stato al centro delle politiche diplomatiche dell’area del Mediterraneo. Ad accompagnarlo, nelle sue visite diplomatiche, c’era quasi sempre il capo delegazione palestinese in Italia, Alì Rashid. Un giovane alto, elegante, magro, dai modi educati. 

Arafat, nel 1982 fu invitato a Montecitorio, parlò in aula scortato dalle sue guardie del corpo, i giannizzeri, un momento di grande spessore politico internazionale e di diplomazia.

Conobbi Alì quando ricorreva l’anniversario della morte Enrico Berlinguer. Era il 2024, quarant anni dopo quel tragico e funesto momento della storia italiana, che portò via da questa terra colui che riuscì a dare una prospettiva di futuro a chi per vivere doveva lavorare. Ho vaghi ricordi della morte di Berlinguer, avevo 9 anni e pensavo ovviamente ad altro, ricordo che in casa se ne parlò per molti anni a seguire.  Segretario del più importante Partito Comunista dell’occidente, si ricordi che alle elezioni del 1976 raggiunse il 34,4% dei voti,  Berlinguer era entrato nelle case dei cittadini italiani come un padre o uno zio importante, di cui si ha stima. In casa mia lasciò un ricordo indelebile, che oggi è appeso nella parete del mio studio. Una pergamena che ringrazia il mio babbo per il suo tesseramento al partito nel sessantesimo anniversario della nascita del PCI in Italia, ovviamente a firma del Compagno Segretario. 

Simbologia e iconografia sono elementi importanti nella nostra vita, ci danno un orizzonte, ci indicano una via da seguire, ci danno la dimensione del ricordo nella prospettiva del futuro. Chi crede negli ideali non può prescindere dai riferimenti simbolici, strumenti talvolta consolatori e al tempo stesso rivelatori.

Alì Rashid era un uomo perbene, occhi gentili e parole sagge. Ero andato in un Paese della Provincia di Siena per un evento culturale molto interessante, accompagnato da una bellissima mostra fotografica  in ricordo di Berlinguer. Arrivai leggermente in ritardo al Teatro Comunale degli Oscuri di Torrita di Siena. Alì parlava della sua esperienza come capo delegazione palestinese in Italia ai tempi dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina. 

Parole scandite con modi semplici che richiamavano una cultura diplomatica di passata memoria e che sconfinavano, a tratti, in un linguaggio dai richiami orientali. 

In Oriente il rito del dialogo ha radici profonde, antiche, ha ritmi lenti, modi eleganti e gentili.  Raccontò del suo rapporto con il Segretario e di come riuscivano a tessere relazioni internazionali in un contesto mondiale per certi versi ostile alla causa palestinese. C’erano anche altri ospiti a quell’evento nella Val di Chiana senese, ma Alì riusciva a calamitare l’attenzione del pubblico come solo i grandi sanno fare. Ascoltava e parlava, usava un linguaggio comprensibile, veloci e chiari erano i messaggi in esso contenuti, pace e dialogo, diplomazia e pazienza. 

Sosteneva, Alì, che non c’è un’altra strada o un’altra alternativa alla diplomazia in campo internazionale. Certo, anche lui ormai credeva poco alla soluzione dei due stati e due popoli, quello palestinese e quello israeliano, soluzione a lungo inseguita, soprattutto nel secolo scorso, da una certa diplomazia. Ormai le terre sottratte agli arabi in Cisgiordania e il genocidio a Gaza, lasciavano ben poche speranze per quella soluzione su cui l’OLP aveva concentrato per molti anni la sua posizione politica come punto di mediazione. Soluzione che ipotizzava Gerusalemme est come capitale dello Stato di Palestina. Negli ultimi tempi era molto scosso per la ferocia con cui il governo di Israele sembrava aver deciso di porre fine all’esistenza del popolo di Gaza, ma non perdeva mai la voglia di partecipare alle tante occasioni di discussione e di approfondimento a cui veniva invitato. Anche sui social Alì era molto presente, con dedizione e metodo non si lasciava perdere mai un’occasione per informarci sulla situazione nella striscia. Condivideva foto struggenti e video tragici di giornalisti e fotoreporter di Gaza. Ogni giorno un suo post ci ricordava del Genocidio in corso e di come il mondo fosse quasi indifferente di fronte a quel disastro dell’umanità.

Continua a leggere
Continua a leggere

Franco Battiato, amico di Alì, in “prospettiva Nevski” cantava: 

“E il mio maestro m’insegnò com’è difficile trovare
L’alba dentro l’imbrunire“

La guerra è l’imbrunire dell’umanità, deriva della ragione, abuso dell’altro. È l’arrivo del buio nero, calpestio della luce. Alì era un maestro che ci insegnava la pace, il dialogo, l’apertura, ci consigliava di opporci alle tenebre della guerra, ci invitava a cercare luce e ad inseguire l’alba.

Riuscii a portare Alì a Siena per una mostra fotografica che con la CGIL e l’associazione “Gaza Palestina fuori fuoco” organizzammo nella città del Palio. Quando lo contattai, per comunicargli le date della mostra, era felicissimo. Mi gratificarono le sue parole, altre mi fecero emozionare ma quelle le tengo per me e le conservo gelosamente come qualcosa di prezioso e di intimo.

C’era tanta gente venuta ad ascoltare le sue parole, un microfono difettoso provò in tutti modi a disturbare il suo racconto, ma non ci riuscì. Lui andava avanti nel racconto come fosse un profeta, lento e deciso, sicuro e orgoglioso. Ci consegnò, anche in quella occasione, un patrimonio di frasi pregne di inclusione, pace e fratellanza. 

Provai a fargli ricordare i tempi degli accordi di Oslo, cercai di stimolarlo sulla figura di Yasser Arafat, tentai di capire i motivi del fallimento di quegli accordi. Ci raccontò di come quel momento storico, agli inizi degli anni ‘90 del secolo scorso, (correva l’anno 1993), avesse segnato una via per la pace. Poi, con una nota profonda di rammarico, ci raccontò anche di come purtroppo quell’intesa non si tradusse mai in un vero e stabile accordo di pace. 

Dalle sue parole si capiva che un tempo era possibile parlarsi, anche tra nemici in guerra tra loro. Anche durante i periodi più bui, si percepiva che proprio i nemici cercavano costantemente un dialogo e lo cercavano come a richiamare quasi un rito religioso consolatorio, cosa che purtroppo oggi non vediamo più. C’erano una volta dei giganti politici che sapevano dialogare ed incontrarsi. 

I momenti più catartici passati con lui erano sempre accompagnati dal fumo della sua sigaretta. Quello di fumare molto lo interpretavo come una sorta di rito messianico che puntualmente iniziava e terminava alla fine delle sue più profonde parole.  

Anche al termine di quel giorno, passato insieme in una Siena che pian piano si addormentava, dopo una piacevole cena con i compagni senesi, Alì si accese le sue sigarette e mi omaggiò con le ultime parole di una giornata bella, ricca e piena di emozioni che non potrò mai dimenticare.

Contesto fermamente, con durezza, alla guerra e all’urgenza del dibattito in essa contenuto, il fatto che non ho potuto chiedere ad Alì di raccontarmi alcuni dettagli del suo rapporto con il Maestro Franco Battiato. 

Loro erano amici avevano legato indissolubilmente la loro amicizia durante il viaggio di Battiato a Baghdad per il concerto del 1992 che vide anche la partecipazione, tra l’altro, dell’Orchestra dei Virtuosi Italiani e di quella sinfonica nazionale irachena. Un ponte tra i popoli.

Alì una volta me ne parlò. Aveva negli occhi ancora la luce che brillava per quel rapporto con il Maestro, come a ricordare una stella polare che transita nel cielo della terra promessa. Era il periodo appena dopo la prima guerra del Golfo, mi ricordo di come ripeteva, con una certa punta di orgoglio, e con la sua consueta proverbiale cautela nell’utilizzo della parola, l’importanza di aver collaborato ad organizzare quell’evento che per alcuni sembrò quasi una sorta di vero e proprio miracolo. In alcuni video, che possiamo trovare sul web, si può assistere al concerto. 

Il Maestro era seduto su di un tappeto persiano con una barba evidente, l’orchestra alle sue spalle, gesticolava con eleganza del dettaglio. Le mani danzavano sul palcoscenico come a ricordare, appunto, un Maestro di tempi passati. La voce precisa e penetrante, pura poesia. 

Alì contribuì alla traduzione in arabo de “L’ombra della luce”, che il Maestro cantò in apertura del concerto, come un richiamo mistico.

“Difendimi dalle forze contrarie
La notte, nel sonno, quando non sono cosciente
Quando il mio percorso si fa incerto
E non abbandonarmi mai
Non mi abbandonare mai

Riportami nelle zone più alte
In uno dei tuoi regni di quiete
E’ tempo di lasciare questo ciclo di vite
E non abbandonarmi mai
Non mi abbandonare mai

Perché le gioie del più profondo affetto
O dei più lievi aneliti del cuore
Sono solo l’ombra della luce

Ricordami come sono infelice
Lontano dalle tue leggi
Come non sprecare il tempo che mi rimane
E non abbandonarmi mai
Non mi abbandonare mai

Perché la pace che ho sentito in certi monasteri
O la vibrante intesa di tutti i sensi in festa
Sono solo l’ombra della luce”

  

Ali era nato in Giordania ad Amman, città bellissima che ho visitato nel 2022. Case che orgogliosamente si inerpicano nella collina di Jabal al-Qal’a  fino a toccare il Tempio di Ercole, il tramonto visto da lì ha un fascino difficile da raccontare. Mercati dai colori della pace e profumi di cibi mediorientali da leccarsi i baffi. Gente ospitale, i giordani, accoglienti e aperti al dialogo, alla conoscenza dell’altro. Gente orgogliosa e fiera che sa regalarti momenti emozionanti da custodire nel cassetto dei ricordi di viaggio.  

Quelle giordane sono radici solide. Come solida è Petra, scolpita nella pietra a difesa del suo orgoglio millenario, incastonata nei grandi canyon della catena montuosa della regione di Edom.

Alì ultimamente viveva ad Orvieto, era stato anche parlamentare e quindi membro della Camera dei Deputati della Repubblica Italiana dal 2006 al 2008. Appartenente al gruppo di Rifondazione Comunista, era un passionario della politica, la praticava orgogliosamente e ne faceva un uso coerente con i suoi principi di uomo di pace. Tutto è politica, anche accendersi una sigaretta prima di scandire delle parole di pace. Vestirsi, anche quel rituale apparentemente neutrale, innocuo, può invece essere un segnale politico. 

Alì era elegante, un uomo fiero, sempre ben vestito. Anche frequentare un bar è un gesto politico, bere una bibita è un gesto politico, acquistare qualcosa o non acquistarla, lo è altrettanto.

Diffidate da chi vi dice “non mi interessa la politica”, o da chi peggio ancora la denigra. Possiamo e dobbiamo contestare il potere e magari qualche politico poco onesto, ma non ci dobbiamo mai allontanare dall’interessarci della  cosa pubblica, la politica appunto.

Essa ci riguarda, va praticata con ritrovato orgoglio. Se lasciamo gli altri decidere per noi, non abbiamo fatto la cosa giusta. Dobbiamo interessarci alla politca e non ci dobbiamo scoraggiare per le sconfitte, proprio da quelle si riparte con più forza, Alì lo sapeva. Lui era forte, e la sua forza si era consolidata nella lotta, nelle parole e nelle sconfitte.

Se dovessi sintetizzare o spiegare chi fosse quell’uomo mite e saggio venuto dal Medio Oriente, direi certamente che Alì era un facilitatore del dialogo, un esportatore di buone parole, un ambasciatore di pace. Un uomo orgoglioso delle sue origini che ha lottato fino all’ultimo giorno della sua vita per la causa del suo popolo. Ho avuto l’onore della sua compagnia.

Virgina Woolf disse: ““Ho avuto un istante di grande pace. Forse è questa la felicità.” vorrei pensare che anche Alì abbia potuto godere di quell’istante.

Morì ad Orvieto il 14 Maggio del 2025. 

Troverai qui tutte le novità su questo libro

Commenti

Ancora non ci sono recensioni.

Recensisci per primo “BREVIARIO DELL’ ALTRO – Deviare per scoprire l’inatteso”

Condividi
Tweet
WhatsApp
Duccio Romagnoli
Mi chiamo Duccio Romagnoli, sono nato a Siena il 09 Settembre 1975, sono sposato dal 2011. Sono una persona che crede nella gentilezza, nell’incontro e nella cucina. La lettura mi ha sempre appassionato, con lei mi sono formato culturalmente, amo la saggistica e la poesia. Una mia grande passione è il ciclo viaggio, con la mia bici ho pedalato in Grecia, Turchia, Romania, Armenia; Marocco; Spagna, Repubblica Ceca, Albania. Un’altra mia passione è la cucina, come cuscino per l’animo. Le autostrade della vita passano sempre da una tavola imbandita e condivisa, che va apparecchiata con gentilezza. Mi occupo di questioni sindacali, oggi sono un dirigente della CGIL - Segretario Generale del NIdiL CGIL di Siena - seguo in particolare i lavoratori precari, di contratti di collaborazione e le partite iva. Responsabile provinciale del progetto SOLEIL, contrasto allo sfruttamento e caporalato.
Duccio Romagnoli on FacebookDuccio Romagnoli on Instagram
Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors