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Calabrangelo

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Consegna prevista Settembre 2025
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Calabria. Anni ’50. ‘Ndrangheta. Michele, un adolescente, e Gioacchino, un giovane Angelo Custode.
Calabrangelo racconta la storia di un Angelo Custode alla sua prima esperienza che si deve occupare di un quindicenne calabrese rimasto senza il suo angelo. Siamo negli anni Cinquanta e il ragazzo rischia di fare una brutta fine perché si sta legando ad un capo ‘ndrina protetto da un potente demone. Il giovane Angelo non si aspetta di doversi occupare di un adolescente: pensa che, come tutti gli altri angeli, dovrà occuparsi di un neonato. Gioacchino dovrà imparare a fare l’Angelo Custode e a difendersi da un demone che ha molta più esperienza di lui e che sa come muoversi per annientare il suo nemico. Ci saranno battaglie apocalittiche, un giallo da svelare, la nascita di una preziosa amicizia e di un grande amore. Ci saranno momenti divertenti e momenti commoventi con dialoghi…in calabrese.
È una storia che, dopo la parola “fine”, ti lascia un sorriso dentro.

Perché ho scritto questo libro?

La ragione di fondo che mi ha spinto a scrivere questo romanzo è stato il desiderio di rispondere alla domanda di un familiare che, nei suoi ultimi anni, ricercava il “perché” degli eventi che aveva vissuto nella sua vita. Man mano che la scrivevo, la storia prendeva una strada che non avevo assolutamente previsto e, protagonista e personaggio, durante la scrittura, si sono scambiati di posto. Alla fine la storia mi ha condotto dove voleva lei!

ANTEPRIMA NON EDITATA

III

Il…piccolo Michele

Ed ora eccomi!

Sono partito per la Terra.

Devo tornare nel paese dove nacqui nel 1850. Sono passati circa cent’anni sulla Terra, ma per me, in Paradiso, sembra passato solo un decennio.

Ora ho l’aspetto di un ragazzino che, sulla Terra, può avere sedici anni. Sono mingherlino, con capelli scuri ed occhi ancor di più, pelle olivastra e denti bianchissimi. Porto sempre in testa una coppula grigia che, per la verità, ho sottratto nella casa della mia mamma una delle volte in cui sono tornato a trovarla, dopo che l’avevo lasciata dopo soli due mesi, perché mi dispiaceva vederla triste e volevo consolarla. Purtroppo però potevo solo starle accanto senza poterle parlare o poterla accarezzare. Non potevo, perché ancora non ero diventato un Angelo Custode! Un anno dopo la mia mamma aveva avuto un altro bimbo: così, finalmente, l’ho vista sorridere serena e, solo allora, ho smesso di tornare da lei.

Ho finalmente raggiunto la Calabria e ho cominciato a sorvolare la provincia di Reggio.

Ed ecco l’ho visto, anzi l’ho riconosciuto. Dall’alto, il paese, è proprio come me lo ricordavo: sembra la coda di una sirena che si sta immergendo nel mare!

Scendo a Cinquefrasche che sta calando la sera.

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Il sole tramonta dietro le montagne. Gli uccelli, nascosti tra gli alberi, interrompono, cinguettando e ciurlando, il silenzioso rientro degli uomini dai campi.

Le ombre scure delle case si allungano sulle strade terrose e sui cortili ormai deserti.

Una luce, che solo io posso vedere, mi conduce davanti alla casa dove è nato il mio piccolo protetto. Sono profondamente emozionato: sto per diventare l’Angelo Custode del piccolo Michele!

Faccio tre profondi respiri ed entro.

Oltrepassata la porta d’ingresso, mi ritrovo in un’ampia cucina, con un grande focolare spento, annerito dal fumo.

A sinistra, un uomo introduce piccoli ciocchi di legno in una stufa bianca smaltata e, dai due sportelletti di ferro nero che tiene aperti, il fuoco, crepitante, proietta ombre e luci sulle altre pareti.

Sopra la stufa, sono state messe a cuocere delle verdure, che bollono e ribollono, borbottando, in una pentola piena d’acqua.

Benché sappia che nessuno può vedermi, quando l’uomo si volta verso la porta per l’abbaiare di un cane, sobbalzo temendo di essere visto. Sono proprio nuovo del mestiere!

Fino ad ora ho “studiato”, come ha detto Michelarcangelo, ora è il tempo di agire.

Del piccoletto neanche l’ombra.

Attraverso la stanza e mi dirigo verso una porta che mi introduce in una nuova camera. Infilata la testa attraverso l’uscio chiuso, mi affaccio nella stanza.

Non c’è nessuno.

È una camera con un letto a due piazze appoggiato sulla parete destra e un cassettone su quella sinistra. Attraverso anche quella stanza e un’altra porta: una donna è intenta a passare un ferro da stiro, arroventato da carboni ardenti, su un pantalone.

Del mio bambino nessuna traccia.

Mentre sto per avvicinarmi verso un’altra porta, sul fondo della stanza, una voce, proveniente dalle prime camere, grida:

– Ma’! Duvi staviri?

– Michele, acchì stò!

Michele?

Subito entra un ragazzetto di una quindicina d’anni che non può certo essere il “mio” Michele, visto che deve essere un neonato.

– Ti bacio mammà!

– Hai finito u lavuru chi ti ha affidatu to patri? E l’incarico pi don Laganà? Lo svolgesti? – e abbassando la voce – Ha portatu u rigalu di don Peppino?

– Certo matri. Dubitasti? Sai chi facciu sempre chillo che patritta cumanda!

– Va allura, cagnate, lavati e vieni a tavula.

– Deci menuti e sugno pronto!

Non ci capisco più niente! Chi è questo ragazzo? Ho sbagliato casa? D’altra parte Michele è un nome molto diffuso in Calabria: devo essere entrato nella casa sbagliata.

Devo ricorrere, che ancora non sono neanche arrivato, alla chiamata al mio AF, il mio Angelo Fidatario.

Serafino compare quasi immediatamente, ma invece di essere stupito dalla mia chiamata, sembra imbarazzato!

– Serafino, guarda ho seguito le tue indicazioni, ma non ho trovato il bambino. Qui c’è solo un ragazzo con il nome Michele. Cos’ho sbagliato?

– Gioacchino, veramente…, cioè, dunque, non hai proprio sbagliato… è che è una situazione un po’ anomala, sai non dovrebbe proprio essere così… in realtà… ehm… – Serafino continua a cianciare come gli uccelletti del tramonto, senza farmi capire niente.

– Serafino, di cosa parli?

– Non volevo dirti tutto subito, prima di partire… non volevo scoraggiarti, ecco!

– Scoraggiarmi? Ora sono sempre più preoccupato! Chi è questo Michele e dov’è il mio lattante?

– Va bene, va bene: ti spiego tutto…– respiro di Serafino, poi… – … il tuo Michele non è un lattante, ma è proprio il ragazzo che hai visto prima!

Tutto d’un fiato.

– Un ragazzo! Ma da quando si affida un bambino ad un Angelo Custode quando diventa un ragazzo?!

– Non è proprio così… lui un Angelo Custode ce l’aveva… diciamo che… non ha funzionato.

– Serafino ti prego smettila! Non ho mai sentito tante baggianate tutte insieme! Devi essere riuscito a farmi uno scherzo degno di questo nome, ‘stavolta. Non c’è altra spiegazione!

Mentre parlo continuo a camminare avanti e dietro attraversando più e più volte il corpo della madre di Michele e la poverina, ogni volta, si gratta la pancia e la schiena, dopo aver avuto un brivido di freddo.

– Calmati Gio’, tutto quello che conosci sugli Angeli, sui loro compiti, tutto quello che ti ho insegnato, non è tutto quello che c’è da sapere. Ti dirò man mano quello che ti sarà necessario, sarò a tua disposizione ogni volta che mi chiamerai e…

– E, e, e… accidenti! Mi dirai, mi dirai, ma intanto ancora non mi hai detto niente! Che fine ha fatto l’altro Angelo Custode?

E perché mi ha mandato a chiamare proprio Michelarcanciulu! Che c’è arretro?

Non mi riconosco! Non avrei mai pensato di rivolgermi così a Serafino, ma sento che mi aspetta qualcosa di molto più complicato rispetto a quello che compete, solitamente, ad un Angelo Custode e, forse, anche di pericoloso!

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Emanuela Tiranti
Emanuela Tiranti
Sono Emanuela Tiranti e vivo a Roma da sempre. Ho sei caotici e meravigliosi figli e una incredibile nipotina. Insegno nella scuola primaria da quasi quarant’anni avendo l’opportunità, grazie ai miei alunni, di mantenere una parte di me sempre un po’ più giovane degli anni anagrafici che passano. Ho un amore viscerale per i libri e mi sono sempre occupata di biblioteche scolastiche. Faccio sempre tante cose, talvolta, troppe. Amo leggere più libri contemporaneamente. Col tempo ho capito che la scrittura può essere la mia voce, una voce con cui raccontare storie, immaginare mondi e lasciar venir fuori le emozioni più profonde.
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