Il campionato italiano di calcio era una collezione di grandi campioni e squadre eccezionali, le vittorie valevano due punti e il portiere ancora poteva ricevere con le mani un retropassaggio da parte di un proprio compagno. In quegli anni nel Milan giocavano van Basten e Gullit, una coppia di attaccanti formidabili come i moderni Cristiano Ronaldo e Gareth Bale; nel Napoli Maradona, Zola e Careca erano come Messi, Neymar e Suarez; nell’Inter c’erano Matthäus, Klinsmann e Berti, letali come Ribery, Lewandoski e Müller; la Sampdoria schierava Vialli e Mancini, affiatati come Higuaín e Dybala; e nella Juventus spiccava il genio di Roberto Baggio, avvicinato nelle successive generazioni solamente da Francesco Totti. Alla fine di quella stagione la Stella Rossa di Belgrado fu l’ultima squadra dell’Europa dell’Est ad aggiudicarsi la Coppa dei Campioni a spese dell’Olympique Marsiglia; mentre Inter e Roma si contesero, in una doppia sfida di andata e ritorno, la Coppa Uefa, con la vittoria dei Nerazzurri. Dopo la squalifica inflitta dall’UEFA per la strage dell’Heysel del 29 Maggio 1985, ci fu, inoltre, il ritorno delle formazioni inglesi alle competizioni internazionali, con la vittoria del Manchester United dell’emergente allenatore scozzese Alex Ferguson, nella finale di Coppa delle Coppe contro il Barcellona.
Quell’anno frequentavo la quarta elementare a Grandonia, una città non lontana da Roma, l’ingresso a scuola era alle 8:30 e l’uscita alle 12:30… anche il sabato. La mia storia parla di vita quotidiana, di amicizia e di sogni; però, racconta anche il gioco e il mio preferito è il calcio di strada. Il calcio di strada è quell’esperienza collettiva nella quale l’equilibrio dura fino all’ultima azione quando uno dei bambini grida “Chi segna per primo vince!” e solo a quel punto la partita può terminare. Nel calcio di strada, se la situazione è troppo squilibrata, nel senso che una squadra è troppo più forte dell’altra, c’è uno che urla “Mischiamo le squadre?” e le squadre vengono rimaneggiate, senza che nessuno si offenda perché, per strada, il talento è oggettivamente riconosciuto, in quanto regna una diffusa onestà intellettuale. In mezzo alla strada non si compete per un “posto fisso”, perché il calcio non è un lavoro, ma resta un gioco e sarà così, almeno finché ci sarà in giro qualcuno pronto a inseguire un pallone solo per il gusto di farlo. Giovani lettrici e lettori, il mio augurio è quello di riuscire, con questo racconto, a strapparvi qualche sorriso.
Alessia Pasquarelli (proprietario verificato)
Ho appena finito la Partita Perfetta, che dire? L ho divorato!
Veramente complimenti, una scrittura leggera e accattivante che ti porta in un crescendo di emozioni dentro la storia, è stato un viaggio nella Grandonia della nostra infanzia bellissimo. Ottima la scelta di una citazione per ogni capitolo. Girà c’hai stoffa, eri già un sognatore con un energia straordinaria!
Roberto Bernabei (proprietario verificato)
Ho letto parte il libro, è scorrevole, veloce. Ti fa tornare bambino e rivivi quando da pischello si giocava in cortile, nel mio caso, e cercavo, senza riuscirci 🤣, di emulare i bambini più grandi e forti…bravo Paolo….❤️🖤❤️🖤
salvatore sica (proprietario verificato)
Buongiorno Paolo sono Daniel ti volevo dire che il tuo libro mi è piaciuto tantissimo 👍
elena michailidis (proprietario verificato)
Un libro di straordinaria sensibilità e leggerezza…tra le pagine di questo libro non si legge solo di calcio, ma soprattutto di amore, amicizia, passione, libertà e grandi sogni.
Tutto quello che un padre spera di insegnare ai propri figli e ciò che ogni adulto dovrebbe augurarsi di intravedere nello sguardo di qualunque bambino…felicità, entusiasmo e speranza.