Mentre la sua mente era immersa in questi pensieri, una voce irruppe nel flusso vorticoso delle sue sinapsi, come un animale che all’improvviso ti attraversa la strada quando guidi.
Girò lo sguardo alla sua destra. Nel tavolino accanto c’era un uomo sulla quarantina, sul tavolino un bicchiere vuoto con ancora del ghiaccio dentro e un quotidiano appoggiato. Quando era entrata nel locale non aveva prestato la minima attenzione a chi ci fosse in quel momento, e non sapeva da quanto tempo fosse seduto lì.
-mi scusi- riprese l’uomo- non ci conosciamo, ho sentito il suo nome quando il cameriere le ha chiesto cosa prendeva, non è un nome molto comune, uno dei suoi genitori è appassionato di mitologia?
Cassandra lo fissò, si domandò se il riferimento alla mitologia fosse solo un modo raffinato di abbordaggio o una semplice curiosità da uomo intellettuale. Effettivamente aveva l’aria dello studioso, nel dubbio non le andava di apparire antipatica, decise di rispondere cordialmente, avrebbe valutato poi il modo di interrompere quel dialogo.
-mio padre è impiegato in una ditta di trasporti e mia madre fa la sarta, nessuno dei due è appassionato di miti, però è vero, il fatto di chiamarmi così è legato al mito di Cassandra
Dare ulteriori spiegazione del perché e del percome i fatti si fossero svolti nel determinare quella scelta, le era sembrato superfluo. La sua era stata una risposta cordiale ed esauriente, vista la circostanza. Del resto, chi lo conosceva quel tipo.
-quindi conosce il mito…. – riprese l’uomo con tono pacato.
-si lo conosco. Cassandra, secondo il mito, aveva un dono, quello della profezia, dono datole da Apollo in cambio che si concedesse a lui. Lei lo rifiutò, Apollo per ripicca, sputandole sulle labbra, la condannò a predire il futuro, ma a non essere mai creduta
Il suo intento non era di mettersi in mostra, voleva solo stroncare quella conversazione, quel tentativo di abbordaggio mal riuscito ed andare a casa a farsi una doccia. Credeva che in quel modo quel tizio non avrebbe più avuto delle argomentazioni valide per intrattenerla ulteriormente.
Sicuramente, mentre conversava con Viola, si era documentato su Google leggendo qualcosa sul mito, in previsione di un tentativo, secondo lui originale, per attaccare bottone. Chissà magari si era letto anche qualcosa riguardo i fiori, qualora fosse rimasta anche Viola.
Senza attendere una replica, fece un mezzo sorriso, disse velocemente arrivederci, ma in realtà quello a cui pensava era un addio, si alzò e andò alla cassa.
-ha offerto l’uomo seduto in quel tavolino- le disse Gloria la cassiera.
Ecco fregata, ora doveva tornare indietro e ringraziare, non ne aveva nessuna voglia, avrebbe preferito pagare il doppio.
-proprio una giornata di merda- pensò mentre si avvicinava al tavolo dove era seduto l’adescatore.
-senta, grazie ma non era il caso
-per lei è importante dimostrare di avere ragione? -disse il tipo, ignorando quello che aveva appena detto.
-come?
-dimostrare di aver ragione. Cassandra nel mito, quello che la tormentava era il fatto di aver ragione e non essere creduta
-mi scusi, non capisco
-cosa ci vuole insegnare il mito? O meglio, quale insegnamento possiamo trarre noi? Avere un dono così grande e non poterlo mettere al servizio del prossimo….
Ma forse sta proprio in questo passaggio l’insegnamento che possiamo cogliere. Quante volte, senza avere il dono di Cassandra, ci è capitato di avere ragione nell’ipotizzare fatti, avvenimenti, modalità in cui una situazione si sarebbe svolta, cercare di convincere qualcuno, metterlo in guardia, per poi dire inesorabilmente: lo sapevo che sarebbe successo, TE LO AVEVO DETTO!!!
Spesso questa frase è accompagnata da un misto di rabbia, orgoglio per averci azzeccato, frustrazione, rassegnazione e altre emozioni di bassa qualità.
Nel caso di Cassandra, il non essere creduta ha comportato la distruzione di Troia; ma nelle nostre vite, se non rivestiamo incarichi tali da cui dipende il destino di molte persone, l’avere o l’aver avuto ragione, è o è stato davvero così importante? Cosa nasconde il voler avere ragione?
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