Il viavai del mattino comincia a scaldare la hall dell’hotel, due cellulari suonano in contemporanea e un idioma italo-anglo-franco-giapponese si diffonde nell’aria portato da cinque conversazioni diverse. Odore di disinfettante, anche. Il giornalista non si lascia distrarre, fissa Pietro dritto nelle pupille, come un maratoneta in attesa dello sparo. Stefano Santopietro, si chiama, e al momento delle presentazioni entrambi hanno evitato battute idiote del tipo: “Io Pietro, tu Santo”. Mica semplice.
Stefano Santopietro, caporedattore di una nota rivista di costume e società dal lontano 2017, preme il tasto obsoleto del telefono obsoleto, senza aspettare lo sparo. Dopotutto, è un’intervista che, in quanto tale, non serve a nessuno se non a chi fa le domande e a chi risponde, riducendosi a un semplice sondaggio da call center.
Non sono neppure piacevoli da leggere le interviste e, nonostante ciò, mantengono lo status da antica e pregiata arte del giornalismo, che a ben vedere è morta e sepolta da quando Alberto Cavallari intervistò Papa Paolo VI e Il Corriere della Sera scelse, come titolo in prima pagina, un visionario: “Colloquio con Papa Paolo VI”. Che poi, si sa, in un’intervista c’è chi sceglie e c’è chi viene scelto. Per esempio il papa, così come il politico, sceglie il giornalista a cui rilasciare le sue dichiarazioni. Il calciatore o lo sportivo in genere, invece, è scelto dal giornalista che vuole intervistarlo. In questo caso, nel caso del creator a un passo dalla morte, chi ha scelto chi? Chi è stato scelto da chi? Il direttore responsabile ha chiamato, oppure ha risposto, oppure…
«Partiamo subito dalle cose difficili» dice il giornalista «Quanto tempo le resta?»
«Vuoi davvero iniziare così?»
«Sì.»
Stavolta il sorriso è aperto, solare. Perché, a quanto pare, Pietro Item si trova in quella fase della vita (l’ultima, ironicamente) nella quale si apprezza più che mai la schiettezza, e la prima domanda di Stefano Santopietro gli ha ispirato subito simpatia.
«Nello scenario migliore possibile,» risponde «un anno».
Qualche secondo di attesa. Ancora il suono dei telefoni. Il ticchettio delle dita sui tasti di un laptop. Il rumore delle ruote delle valigie trascinate sul tappeto. Stefano lo guarda sorseggiare le ultime gocce di americano.
«Non le hanno detto di evitare…»
«Tagliare,» lo corregge Pietro «di tagliare tutto: alcol, cibi acidi, sigarette. Ma la mia non è una patente a cui puoi aggiungere punti. Adesso voglio godermi ogni momento.» Prende in bocca un cubetto di ghiaccio e aggiunge: «Finché ’sto vecchio corpo me lo permette».
Ha trentacinque anni, ma ne dimostra almeno sessanta. I capelli biondi dell’immagine profilo hanno lasciato spazio a una superficie lucida, accuratamente rasata, e dei novanta chili degli anni 2000 è rimasta la metà e poco più. Un teschio ben conservato.
«Ricordo che, tempo fa, avevo ordinato online un elettrostimolatore, di quelli che usano Cristiano Ronaldo e Jean Pascal e tu pensi che gli addominali ti escano come fette dal tostapane.»
«Fa male?» chiede il giornalista.
«No, è comodo. Tu stai immobile e il tuo fisico lavora. All’epoca avevo un bel fisico.»
«Intendevo la malattia.»
Pietro si prende una pausa, guarda in alto a sinistra.
Storia in evidenza.
Isola di Onekotan, Oceano Pacifico. La nebbia si alza sul vulcano Krenicyn, lasciando filtrare il sole di mezzogiorno. Dall’alto assomiglia a un piccolo pancreas, con un buco sulla testa. #relax
«A volte brucia un po’. Ma non è quello l’aspetto peggiore.»
«Cos’ha pensato al momento della diagnosi?»
Storia in evidenza.
Metropolitana di Bangkok, tarda sera, sorridente primo piano di Pietro alla fermata della stazione di Tao Poon. #life
«Che dovevo pensare in fretta.»
«A cosa?»
«All’ultimo Capodanno della mia vita.»
«Una vita passata a girare il mondo.»
Si chiama “gancio involontario” e il giornalista l’ha afferrato al volo. È ciò che permette a un’intervista di assomigliare alla conversazione ideale in un mondo creato da Christopher Nolan, in cui è perfettamente normale che un individuo concluda la frase con la parola “vita” e l’altro subito dica “una vita passata a girare il mondo”.
Storia in evidenza.
Arcobaleno sulle cascate Tad Fane, lo slow-motion trasforma il rumore dell’acqua in un borbottio. #awesome
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