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Milano è la città delle possibilità, delle strade che girano in tondo senza vie di fuga, dei locali pieni e delle conversazioni vuote. Un posto che sembra offrire tutto, ma che spesso lascia dentro solo il senso di non avere niente. Tommaso vive immerso in questa realtà, incastrato in un’esistenza che gli sfugge di mano, in cui ogni relazione sembra un diversivo contro la monotonia. Quando Valentina lo travolge, tra i due scatta un’inaspettata complicità e ciò che inizia come un gioco di sguardi e battute si trasforma presto in una relazione clandestina, fatta di incontri segreti, messaggi rubati e la costante tensione tra ciò che è giusto e ciò che è desiderato. Poi arriva Giulia. È solo un incontro casuale o un nuovo inizio? I ricordi si mescolano con il presente, e Tommaso capisce che alcune storie non finiscono mai per davvero.

«Ti ricordi come era bello, all’inizio? Tutto ruotava intorno a te, intorno a noi.»

«Lo rifaresti?»

«Ogni giorno della mia vita. Ricomincerei tutto daccapo, ancora una volta per rivivere quella cosa.»

«Anche sapendo che il finale sarebbe lo stesso?»

«Non mi importa della fine, mi importa dell’inizio.»

«Alla fine me ne vado sempre.»

«Sei bella anche quando te ne vai.»

Martedì 27 settembre 2022, ore 18.24 (circa)

«Pesca, ti fermi?» urla Sabrina, ancora seduta alla sua scrivania mentre vede Tommaso sfilare lungo il corridoio che porta verso l’uscita dell’agenzia.

«Mmm. Non lo so, sono tre sere che esco. Che piani avete?» ribatte Tommaso un po’ scocciato, passandosi le mani tra i capelli mentre cerca le chiavi della macchina nello zaino che tiene su ancora con una spalla.

«Ci beviamo una cosa al birrificio poi vediamo. Dai! Simone è già là, fa ancora caldo!»

«Ok dai, ci vediamo lì?»

Il birrificio è un posto che puzza di legno vecchio e di piscio. È abbastanza scuro ma la birra è buona. Finché il clima regge, il parchetto di fronte offre uno spazio piacevole in cui bivaccare con una pinta in mano.

Ci sono già una decina di colleghi che accolgono Tommaso al suo arrivo, invitandolo a ordinare e a unirsi a loro.

«Cheers

«A che brindiamo?»

«Un brindisi per Roberta!»

«Cheers! Sempre! Ma perché? C’è qualcosa da festeggiare?» esclama Tommaso decisamente stordito.

Roberta è stata una fugace fiamma di Tommaso qualche anno fa: si sono frequentati per qualche mese dopo aver iniziato a lavorare entrambi nello studio. Nulla che abbia lasciato il segno, e infatti sono rimasti in buoni rapporti. Certo, non è il massimo vedere tutti i giorni qualcuno con cui hai avuto una storia, seppur frivola. Si finisce per sapere cose che alla fine, forse, non vorresti o non dovresti sapere. E infatti.

«Non lo sai? Possiamo dirlo?» dice Simone guardando Roberta.

«Eh ormai…» risponde lei un po’ imbarazzata, alzando un bicchiere di Coca-Cola.

«Roberta aspetta un bambino!» urla sguaiato Simone, facendo schiumare fuori metà birra dal suo calice.

Tommaso rimane un po’ di sasso. Sapeva già perfettamente che Roberta ormai da mesi si frequentava con Aldo Carulli, rampante architetto, noioso essere umano. La cosa lo ha sempre lasciato abbastanza indifferente. Ma questa è una di quelle notizie che in qualche modo ti scuote sempre. Soprattutto se ti trovi in uno stato mentale già delicato come quello di Tommaso.

«Ehi! Auguri allora» prova a bofonchiare avvicinandosi a Roberta e accarezzandole goffamente una spalla.

«Grazie» risponde lei, visibilmente imbarazzata. Sa perfettamente che non deve a Tommaso nessun privilegio sulle informazioni importanti della sua vita. Ma è comunque una persona con la quale ha condiviso un pezzetto di strada. È un po’ la filosofia del cammino di Santiago. Se fai un pezzo di strada insieme a me, qualcosa ci unisce. Abbiamo affrontato insieme qualcosa di unico e condiviso un momento. Questo resterà per sempre nelle nostre vite. Ecco. È lo stesso per quel cammino di Santiago che si chiama vita, ma molto meno snob e fricchettone quindi a volte ce ne dimentichiamo e non gli diamo valore. Però, tendenzialmente, se qualcuno ti ha scopato e ti ha portato in gita al mare un week-end almeno una volta, si merita quel quarto di miglio del tuo personalissimo cammino.

La reazione di Tommaso è una delle più banali. Ingoia la birra e con nonchalance entra dentro per prenderne un’altra. Deve alleggerire l’aria.

«Dopo poke?» Lo accoglie così Sabrina, appena arrivata e spuntata chissà da dove con una birra in mano quando Tommaso riappare all’aria aperta.

«No ecco, Sabri. Poke proprio no!»

«Madonna, come sei noioso. Cos’hai contro il poke ora?»

«Mi fa cagare.»

«Quanto sei esagerato. Guarda che è un pasto sano e completo. Ti lamenti che mangi male. A casa cosa ti fai? Sicuro non mangi meglio.»

«No, Sabri, davvero. Io il poke lo odio. Non lo sopporto. Mi fa cagare. Odiavo l’insalata di riso che mia madre mi propinava ogni estate. Come posso mangiare il poke che è la stessa insalata di riso ma più merdosa?»

C’è un cuoco italiano che ha lavorato molti anni in Francia, a Parigi, che racconta spesso una storia. Dice che l’Italia è un Paese unico per quello che riguarda la cucina perché qui non esiste una vera differenza tra la cucina casalinga e quella del ristorante. O almeno a livello storico, di tradizione. Al ristorante mangiamo pasta, ragù, carciofi alla giudia, pesce fritto, lasagne, ecc. Insomma la tradizione popolare è la medesima a casa della nonna come nelle osterie o nei ristoranti. Così non avviene in Francia, in Giappone o in altri Paesi del mondo. C’è una cucina casalinga e una cucina da ristorante. Non solo, in Italia ogni città ha la sua identità. Più o meno inflazionata e sincera. A Bologna, Napoli, Roma, Torino, Palermo… in ognuna di queste città si va per mangiare un determinato piatto tipico, o più di uno.

Invece, mentre nelle grandi capitali europee, come Parigi, Copenaghen o Madrid, si inventavano e rinnovavano stili di cucina e nelle altre città italiane si manteneva forte l’identità locale, Milano si ingozzava di sushi, kebab e ora poke. Un’identità, quella di Milano che sfugge e difficilmente si mostra o è capace di far sentire il suo peso. Ci puoi stare bene, ti puoi divertire, puoi trovare qualsiasi cosa ma a stento puoi sentire pulsare l’anima di questo posto. Difficile definirsi o sentirsi davvero parte di qualcosa. Qui tu puoi essere chiunque tu voglia. Anche, e soprattutto, nessuno.

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Questa mancanza di radici, di personalità, di un’identità precisa a Tommaso iniziava a pesare. E lui, che di cucina capiva poco o niente, la vedeva nell’urbanistica.

Milano è una città concentrica. Tutti i viali, le circonvallazioni, dalla più esterna alla più interna, girano intorno in una sorta di labirinto. Non ci sono strade dritte che ti portano al cuore, al centro. Devi girare sempre un po’ intorno alle cose, togliere un velo per volta dalla superficie iperstratificata che questa città ti offre.

Quando guidi per Milano non vedi mai l’orizzonte. Una leggera incurvatura continua della strada che, per chi come Tommaso ha buoni ricordi delle scuole medie e sufficiente sarcasmo, ti porta a dire che Milano non ha vie di fuga.

Per lui non è la sera giusta per restare con i colleghi. Così finisce in fretta anche la seconda birra, inventa una scusa, saluta tutti e si mette in macchina: sei chilometri di percorso casa-lavoro che compie tutti i giorni all’andata e al ritorno, ma che questa sera saranno decisamente diversi.

Ma perché Tommaso ci era rimasto così male per quella notizia? E soprattutto, ci era rimasto male? Sì. Diciamo di sì. Ma non tanto per la questione in sé. Tommaso sta passando un periodo delicato. Periodo che dura a fasi alterne da circa quattro anni. Periodo in cui ha investito la maggior parte del suo tempo, delle sue risorse e dei suoi sentimenti in una storia che non l’ha portato da nessuna parte. O meglio, l’ha portato a sbattere forte, sempre più forte, contro un muro ostinato e resistente. Un muro che gli ha spaccato la faccia e le ossa.

Oggi sa perfettamente che tutto quel mondo lì è finito. Passato. Chiuso. Se l’è detto un sacco di volte in questi anni, per poi tornarci dentro. Questa volta però è per sempre e ne è certo. Si sente quindi svuotato, senza energie. Se la storia con Valentina da una parte l’aveva ridotto in queste condizioni, dall’altro aveva riempito le sue giornate. Un incessante pensare a lei, condividere con lei, desiderare lei. Un catalizzatore di tutto. Scomparsa Valentina, a lui in mano non è rimasto quasi nulla. Rimpianti? Forse. Ma non è quello. Più un senso di vuoto che ancora, dopo mesi, non riesce a colmare.

Roberta ora aspetta un figlio. Federica si è fidanzata con un suo collega che a quanto pare si trasferirà in Finlandia e, dalle voci che gli arrivano, lei lo seguirà. Insomma, sembrano tutti aver trovato una loro strada, tranne lui. Vittimismo, certo. Rassegnazione? Forse.

Dopo essere salito in macchina, con un gesto ormai meccanico, fa partire Spotify dal telefono, che tramite Bluetooth si collega alle casse. Tommaso soffre di un leggerissimo disturbo ossessivo che lo porta a organizzare, catalogare e programmare qualsiasi cosa. Lascia davvero poco al caso. Figuriamoci le playlist. O, come preferiva chiamarle lui, le colonne sonore. Dice che ha tutto un altro suono. Nessuno vuole una playlist della propria vita. Ma una colonna sonora sì. Cerca sempre la canzone perfetta per il momento perfetto. Alza il volume quando il momento lo richiede, lo abbassa per parcheggiare e guai a spegnere la macchina prima che la canzone sia finita.

Catalogava canzoni in continuazione in playlist senza senso. Un ordine mentale tutto suo, incomprensibile ai più.

Alle volte anche a Tommaso che, in questo momento, in questo preciso momento, non può saperlo, ma ha appena fatto partire la playlist che gli cambierà la vita.

Partito dal lavoro, Tommaso ha davanti a sé almeno quindici minuti di strada noiosi, pieni di semafori, stop, code, minuti in cui compulsivamente controlla Instagram, alza il finestrino, poi lo abbassa, chiama sua madre. Insomma, fa qualsiasi cosa che possa distrarlo dalla sua guida ubriaca.

Tommaso è alla guida della sua automobile ubriaco e non è la prima volta. E non è neanche la cosa peggiore. Non lo è neanche il fatto che da ubriaco stia guidando e guardando il telefono.

La vita è pericolosa. È pericolosa negli angoli, tra gli spigoli, nei livelli sotterranei. Tra gli sguardi. In tutto ciò che si annida e si nasconde. Tommaso lo sa benissimo, per questo beve. Beve fino a stordirsi, fino a vedere oltre. Altri livelli di gioco. Altri nemici. Tommaso sbanda vistosamente con la sua macchina ascoltando gli Stereolab. Poi succede qualcosa di imprevedibile, una di quelle cose da Big Bang. Una possibilità su cento miliardi. Partono i Peach Pit e Tommaso si ferma a uno dei tanti semafori. Sbatte il telefono nel cassetto del cruscotto. Nervoso.

Poi alza lo sguardo, verso il semaforo, e nota che qualcuno ha imbrattato il cartello con il nome della via. Viale Nazario Sauro è diventato Viale Luis Nazario de Lima, Sauro. Tommaso scoppia in una risata fragorosa, completamente no sense. Una boccata d’ossigeno che lo fa riprendere dall’ansia e dallo stordimento della birra. Poi sposta lo sguardo ancora un po’ più in là, verso la via perpendicolare. Gira lo sguardo verso destra. In una via laterale, in attesa al semaforo rosso, vede una ragazza. Bellissima.

«Cazzo.»

Sì. Ha proprio detto così.

«Cazzo!»

Accelera anche se è rosso. Attraversa lo stop. Mette le quattro frecce in un posto da straccio della patente. Scende dalla macchina e inizia a correre.

«Scusa! Ehi, scusa!»

Lei si volta, non capisce. Fa quasi per partire.

«Scusa! Aspetta. Ti prego, aspetta!»

2024-06-17

Aggiornamento

Cliché diventerà a tutti gli effetti un libro ed è anche grazie a te! Sono incredulo e felice. La campagna procede ancora per quasi due mesi ma da oggi il percorso è delineato e non vedo l'ora di iniziare a lavorare all'editing per poter arrivare il prima possibile ad avere in mano il libro. Ancora grazie, non sarebbe stato possibile tutto questo grazie a te. Grazie a voi. Ci vediamo in libreria ;)

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Giuseppe Guidotti
Giuseppe Guidotti nasce a Vercelli nel gennaio del 1985. Si laurea in Multidams a Torino, città di cui si innamora. Da dieci anni vive a Milano, dove lavora come strategy director in uno studio di design. Ha suonato per molti anni in diverse band. Musica e scrittura sono passioni che spesso si sono intrecciate nella sua vita, portandolo a scrivere per diverse testate di settore. “Cliché” è il suo primo romanzo.
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