Per troppo tempo si era sentito come quella farfalla. Sempre fuori posto in un mondo che poteva essere il suo ma che, allo stesso tempo, percepiva non esserlo. E così sarebbe successo in futuro… ovunque.
“Quale futuro“
Avrebbe potuto chiudere gli occhi e ritrovarsi nel letto di casa, nella villetta a pochi chilometri dalla questura… e quest’incubo sarebbe finito. Invece, aveva pregato tutte le sere affinché ciò non accadesse. Stavolta era certo di non aver lasciato nulla al caso.
Per adesso, nondimeno, era là. Ferito e solo, sull’asfalto bollente.
C’era ancora un’ultima domanda a cui rispondere. L’unica che in quel preciso momento lo terrorizzava.
“E se fosse questo il mio posto. Il mio destino”
Doveva valutare anche quell’eventualità: la morte.
Stava lottando con tutte le sue forze per rimanere lucido. L’emorragia non si arrestava.
Si rese conto che non poteva fare più niente per loro e nessuno sembrava potesse più fare nulla per lui.
Selma tossì… due volte.
Reclinò il capo a sinistra e decise da sé. Avrebbe serrato gli occhi.
Rivisse tutto di quei mesi, che defluirono veloci nella sua mente abbagliata dal sole, sin dal nuovo inizio… “la sera di Natale”.
Capitolo 1
[…] Un centinaio di chilometri dalla sala della torre di controllo, in direzione sud-ovest, un’altra riunione era in corso.
Anselmo Scordo, napoletano di nascita e di pensiero, osservava dall’altra parte del tavolo due volti a lui sconosciuti. In un’altra vita, non era certo nemmeno lui fosse così, era un vicequestore della polizia in servizio a Bologna.
Sapeva, o quanto meno, ricordava, di essere nella base dell’organizzazione più segreta che operasse nel nostro Paese. Talmente in incognito, che escluse alcune decine di arruolati, erano solo quattro le persone all’esterno che ne erano a conoscenza e ne gestivano l’esistenza. Una lavorava al Quirinale, un’altra alla Farnesina. Le rimanenti due erano all’interno dei Servizi e dell’Esercito. Insieme formavano un ufficio segretissimo istituito qualche anno dopo l’attentato alle Torri Gemelle del 2001. Da tredici anni, al comando della base c’era un generale, solo formalmente in pensione, il cui nome in codice era Ombra. La base era nascosta all’interno di un parco privato, tra le colline che circondavano Trieste, e schermata a qualsiasi rilevazione, anche satellitare.
Rammentava di essere arrivato da appena un paio di giorni, e di essere stato svegliato, pochi minuti prima della riunione, dopo aver dormito per una notte e l’intera giornata successiva. Ma qualcosa non quadrava. Anzi niente era al proprio posto.
Quelle ventiquattro ore parevano durate mesi interi, nei quali aveva vissuto momenti complicati. I ricordi più nitidi delle ultime settimane erano quelli trascorsi in Emilia e riguardavano tutto ciò che era accaduto attorno all’elezione di un senatore. “Possibile fosse solo un sogno? Oppure…“
Non sapeva nemmeno lui cosa pensare. Distinguere ciò che è reale da quello che non lo è, dovrebbe essere la cosa più semplice del mondo. Nella sua mente, invece, sembrava la scalata del monte Everest.
“O era ‘o Vesuvio? Ecco un altro dubbio.”
E se non poteva fidarsi nemmeno del proprio cervello, cosa avrebbe dovuto fare.
“Concentrati Anselmo. Concentrati”
Forse era meglio così. Non si trattava di vivere alla giornata, ma ogni singolo istante. Perché le giornate della sua vita sembravano eterne.
Mentre i suoi sguardi interrogativi venivano ricambiati da una giovane donna con una lunga chioma raccolta e ipnotici occhi color nocciola, con la coda dell’occhio fissò la data sul led sul muro alla sua sinistra: 25 dicembre 2019. Non era possibile.
Tutto appariva fuori controllo. Si ricordava benissimo che il suo arrivo a Trieste era avvenuto nella stagione estiva. E chi era quell’altro uomo di fronte a lui con lo sguardo un po’ nell’aria, dietro un paio di occhiali con spesse lenti.
La mente di Selma, era questo il suo nome in codice, in quel luogo, ma anche il soprannome che gli avevano affibbiato i collaboratori più stretti a Bologna, viaggiava alla velocità della luce. Una marea di pensieri montava come onde sulla riva.
“Basta!” Doveva staccare e doveva farlo subito. Non poteva farsi travolgere dalle emozioni.
“Beh, ovunque mi trovi, un’emozione è reale. E tanto mi deve bastare”
Avrebbe continuato con le sue elucubrazioni all’infinito, ma quel corto circuito fortunatamente venne interrotto.
Furono le parole del generale a riportarlo sul pianeta Terra.
«Bene, ci siamo tutti. Selma, conosci già Reset, Archimede e Camaleonte. Gli altri sono…»
All’improvviso, tutte le fonti di luce si spensero, e con esse anche le parole di Ombra.
Nel buio più assoluto sentì un violento rumore provenire dal basso. Probabilmente qualche piano sotterraneo.”
“un generatore d’emergenza”
Passarono alcuni secondi nei quali, in un silenzio irreale, pensò anche di essere morto, e che quelle fossero le immagini di confusi ricordi della sua vita passata.
La luce tornò. Si osservò le mani, e percepì il suo respiro. Era vivo, eccome! Ne fu felice.
“Dov’erano gli altri?”
Li vide tutti in piedi. Trasferì lo sguardo sul generale che, sfilandosi gli occhiali e fissandolo, pronunciò solo due parole… «È iniziata.»
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