“Non preoccuparti Colli. Sono già sveglia da un pezzo. Cos’è successo?”
“Hanno trovato il corpo di un uomo all’interno dell’Università degli Studi di Milano.”
“Arrivo. Sarò lì tra quindici minuti.”
Il tempo di prendere un caffè al volo, lavarmi i denti e infilarmi il primo paio di jeans presi a caso dall’armadio, che sono già in ascensore. Lo specchio mi rimanda due occhiaie profonde. Devo coprirle con un po’ di trucco. Apro la borsa e procedo a una veloce operazione di make-up.
Stanotte non sono riuscita a riposare bene, eppure non c’era niente che mi preoccupasse. Forse, sentivo già nell’aria che stava per succedere qualcosa.
In strada vengo accolta da una piacevole brezza mattutina. Guardo il cielo, finalmente azzurro. Le strade sono lucide per via della pioggia che è scesa stanotte e sono piene di tante piccole pozzanghere che mi obbligano a fare una sorta di slalom per evitarle.
In un paio di minuti sono in piazza Duomo. La cattedrale mi appare dapprima parzialmente, quasi in punta di piedi, e poi in tutta la sua bellezza e maestosità.
Un silenzio quasi irreale avvolge il centro di Milano. Continuo a passo spedito verso piazza Fontana per poi svoltare a destra in direzione dell’Università. Lungo il tragitto incontro pochissime persone.
Al mio arrivo, Colli mi viene subito incontro. Indossa una camicia giallo ocra, che lo rende visibile in mezzo a tutti gli altri colleghi presenti sulla scena, quasi fosse uscito da un quadro di Van Gogh. Il look sgargiante, insieme a un innato ottimismo, sono i suoi tratti distintivi. Lo seguo all’interno dell’Università e, poco dopo, vedo il corpo di un uomo che giace senza vita ai piedi di un’enorme scalinata di marmo.
“Raccontami tutto, Colli.”
“Si tratta del professor Mauro Righetti, quarantanove anni, docente di letteratura inglese del secondo anno. La caduta probabilmente gli ha spezzato l’osso del collo. Il medico legale ha già fatto i primi accertamenti, per cui sapremo nei prossimi giorni se effettivamente è questo il motivo della morte.”
“Ora del decesso?”
“Il medico legale ha ipotizzato tra le 21.00 e le 23.00 di ieri sera. Ma saprà essere più preciso dopo l’autopsia.”
“Chi ha trovato il cadavere?”
“Un addetto delle pulizie che inizia il turno alle 6.00. Verso le 6.10 ha visto il corpo e, dopo aver capito che era morto, ha chiamato subito il 118.”
Osservo il cadavere. Si tratta di un uomo piuttosto alto, fisico asciutto, capelli scuri. Ha il viso tumefatto, evidentemente è caduto in avanti. Il braccio destro è allungato vicino alla testa, come se avesse cercato di afferrare qualcosa prima di cadere. Il braccio sinistro è disteso lungo il corpo. È in una posizione piuttosto innaturale per essere scivolato dalle scale. Se avesse cercato di proteggersi durante la caduta, avrebbe entrambe le braccia piegate, non distese. Osservando da vicino il braccio allungato in avanti, noto che sul bordo del polsino della camicia sono ricamate le sue iniziali. Il professore indossa abiti sartoriali e scarpe di ottima fattura.
“Colli, dove si trova l’addetto alla pulizie?”
“E l’uomo seduto lì. Si chiama Roberto Mancini.”
Lo osservo, mentre mi avvicino per interrogarlo. È un uomo sulla quarantina, ha il volto teso e lo sguardo piuttosto impaurito. Ha in mano un paio di occhiali che pulisce nervosamente con il bordo della camicia. Terminata l’operazione, estrae il cellulare da una tasca senza accorgersi della mia presenza. Sta guardando la foto di una ragazza, un’adolescente con un sorriso radioso.
“Che bella ragazza. È sua figlia?”
L’uomo alza lo sguardo e mi osserva con un leggero stupore.
“Sì. È mia figlia. Qui è il giorno dell’audizione alla scuola di danza della Scala.”
“Ha un sorriso splendido.”
“Sì, era molto felice perché l’audizione era andata bene.”
“Complimenti. Sarà molto orgoglioso di lei.”
“Lo sono. La danza è sempre stata la sua passione e riuscire a entrare alla scuola della Scala era il suo sogno di sempre” mi dice con una certa commozione negli occhi. “Si è impegnata tanto per raggiungere questo risultato. Ore e ore di esercizio quotidiano, la mia bambina. Io e mia moglie abbiamo fatto tanti sacrifici per farla studiare. È la nostra unica figlia.” Poi alza lo sguardo e mi osserva con un’espressione di curiosità quasi infantile.
“Sacrifici ben ripagati” gli dico con un sorriso sincero. Lui mi sorride a sua volta.
“Sono Lara Alfieri, commissario di Polizia. Avrei bisogno di farle alcune domande su quanto è accaduto.”
“Certo commissario, mi dica pure” risponde alzandosi dalla sedia e mettendo in tasca il cellulare.
“Mi hanno riferito che ha trovato lei il corpo del professore. Immagino non sia stato un momento facile.”
“Non avevo mai visto un cadavere prima d’ora, ma… che ci vuoi fare? La vita è imprevedibile. Mi hanno detto che devo rispondere a delle domande.”
“Ho bisogno che mi racconti esattamente cosa ha visto questa mattina. Non tralasci nulla. Ogni dettaglio potrebbe essere importate per capire cosa sia successo.”
“Va bene, commissario. Allora, sono arrivato qui in Università alle 6.00 perché il martedì ho il turno alla mattina. Era tutto tranquillo, come al solito. Ho iniziato a pulire il pavimento e poi, quando sono arrivato qui ho visto una persona sdraiata a terra, ai piedi delle scale. Mi sono avvicinato e ho visto che si trattava del professor Righetti. L’ho chiamato alcune volte, a voce alta, senza toccarlo naturalmente, ma lui non rispondeva. Così ho deciso di telefonare al 118.”
“Magari era ancora vivo. Non ha provato a soccorrerlo?”
“Gli ho messo uno specchietto davanti alla bocca, ma non si è appannato, commissario.”
“E quando è arrivato stamattina, ha visto qualcuno?”
“No, nessuno.”
“E non ha sentito nulla, non so, una voce, un grido, un rumore qualsiasi.”
“No, commissario. C’era silenzio, non ho sentito alcun rumore.”
“E successivamente, mentre attendeva che arrivasse la polizia, cosa è successo?”
“Niente di particolare; mi sono seduto su quella sedia e ho aspettato la polizia.” Mancini mi indica una vecchia sedia di plastica, vicino al muro, a una ventina di metri dal cadavere.
“Non è passato nessuno, non ha visto o parlato con nessuno prima dell’arrivo dei miei colleghi?”
“No. Sono sempre rimasto da solo. A quell’ora non c’è mai nessuno, commissario.”
“Capisco. E mi dica, conosceva da molto tempo il professor Righetti?”
“Sì, da quando ho iniziato a lavorare qui in Università, sei anni fa. Una persona gentile, tranquilla. Non posso credere che sia morto.” Estrae un fazzoletto dalla tasca dei pantaloni e si soffia rumorosamente il naso.
“Un’ultima domanda: le capitava spesso di incontrarlo qui in Università?”
“Ogni tanto. Io faccio i turni alternati, a volte lavoro il mattino presto, a volte nel pomeriggio. L’ho sempre visto di pomeriggio. Non abbiamo mai parlato veramente. Però una volta mi chiese se avessi bisogno di aiuto, tre, quattro anni fa, credo. Avevo finito il turno e mi stavo dirigendo verso lo stanzino dove ripongo i miei attrezzi a fine giornata. Camminavo zoppicando perché mi faceva male un ginocchio. Quando mi vide, mi chiese se avessi bisogno di una mano e mi aiutò a portare le mie cose nello stanzino. Mi colpì molto il suo gesto, anche perché fu l’unico quel giorno ad accorgersi di me.”
“Va bene signor Mancini, la ringrazio. L’ispettore Colli le prenderà le generalità in modo da contattarla più tardi per passare in Commissariato a firmare la deposizione.”
Mentre Colli si occupa delle generalità, chiedo a un collega della scientifica che sta analizzando la scena intorno al cadavere, se hanno iniziato coi rilievi tecnico-scientifici anche nell’ufficio della vittima. Lui mi dice di sì e mi spiega come arrivarci. Si trova al piano superiore, non lontano dallo scalone. Quando arrivo, trovo infatti il resto della scientifica al lavoro. Stanno rilevando le impronte digitali un po’ dappertutto e fotografando tutti gli oggetti presenti nella stanza.”
L’ufficio del professore è piuttosto disordinato. La sua scrivania è piena di libri, dispense, fogli sparsi scritti a mano e tesi di laurea rilegate. Il suo PC portatile è sulla scrivania, aperto e acceso. Lo screensaver è protetto da password. Accanto al PC c’è una foto che lo ritrae in mezzo al verde, sorridente in una giornata di sole. Sembra un po’ più giovane e indossa una camicia a quadrettoni piuttosto comune che contrasta con l’abito sartoriale e le scarpe che indossava al momento della morte. Vicino al computer c’è anche un cellulare. Nessun dubbio, quindi, che non stesse andando via quando si è diretto verso le scale.
Mi avvicino per vedere se sul display ci sono chiamate senza risposta o messaggi in attesa di essere letti, ma è scarico.
Torno a ispezionare la scrivania in cerca di qualche indizio. Colli mi raggiunge e si mette a controllare le librerie presenti nello studio.
“Mamma mia quanti libri, eh, dottoressa? Chissà se li avrà letti tutti.”
“È molto probabile, essendo un professore. Alcuni gli saranno serviti per motivi di studio, altri per le sue ricerche.”
“Questo lo conosco, Ulisse, di Joyce. Ho letto solo alcuni capitoli, al liceo. Interessante. Mi ricordo il monologo interiore di Molly Bloom, era lunghissimo. Però mi era piaciuto.”
“Colli, mi sorprendi, non ti facevo un amante della letteratura.”
“In effetti non lo sono, ho avuto una brava insegnante di letteratura inglese al liceo, tutto qui. Quando spiegava lei, eravamo tutti zitti, era una specie di incantatrice. Il mio romanzo preferito comunque rimane Robinson Crusoe.”
Colli fa scivolare l’indice lungo le coste dei libri. Ha l’aria assorta, studia con attenzione i titoli. Poi si volta di fronte a una pila di libri sopra una sedia.
“Ah, ho letto anche questo, La terra desolata di Eliot. Però non mi è piaciuto. Tutte citazioni… mi sembrava una cosa da imparare a memoria. Ogni volta che la professoressa mi interrogava, andavo completamente nel pallone. Era impossibile ricordarsi tutti gli autori e i testi da cui erano state prese quelle citazioni.”
Il libro a cui Colli si sta riferendo è il primo della pila sulla sedia. L’ordine non era evidentemente una caratteristica del professore. Sullo schienale, piegato, c’è un impermeabile grigio. Nelle tasche vengono trovati dagli addetti della scientifica un mazzo di chiavi e un portafoglio con due carte di credito, un bancomat e cinquanta euro in contanti. Nel caso si sia trattato di un omicidio, l’assassino non era evidentemente interessato al denaro.
Una volta terminata l’ispezione dello studio, mentre la scientifica completa le operazioni di routine, Colli e io lasciamo l’Università per tornare in Commissariato. C’è da preparare la lista delle persone da interrogare per approfondire la vita e le abitudini del professore.
“Colli, io faccio un salto a casa. Prepara tu la lista degli interrogatori. Bisogna sentire i suoi colleghi dell’Istituto di Anglistica, il Preside di Facoltà, i lettori dei corsi di inglese, i docenti dei seminari di inglese e, naturalmente, i suoi studenti. Occupati anche di richiedere il controllo dei movimenti del cellulare di Righetti e della sua situazione patrimoniale. E metti giù anche la lista dei membri della famiglia che dobbiamo sentire. Che cosa sai in proposito?”
“Righetti era divorziato da una decina d’anni e non aveva figli. Sembra che lui e la sua ex moglie fossero in buoni rapporti. Per il resto, non risulta avesse una relazione al momento.”
Saluto Colli e mi dirigo a piedi verso casa; mi aspetta una lunga giornata e sento il bisogno di fare una doccia, vista la levataccia di questa mattina. Mentre cammino, ripenso alla posizione del corpo. Righetti potrebbe essere scivolato da solo dalle scale e, se c’era qualcuno con lui, potrebbe essersi spaventato ed essere scappato senza avvisare nessuno. Oppure, invece, potrebbe essere stato spinto proprio per causarne la morte. Ma anche in questo caso, perché non ha cercato di proteggersi il viso?
Anche l’abbigliamento elegante indossato dal professore è ben diverso dalla camicia a quadrettoni della foto. A volte è proprio un singolo particolare quello che mi rimane impresso e che apre una pista tra i miei pensieri; talvolta non si tratta nemmeno di un particolare significativo ed è solo l’esperienza e la fiducia nel mio intuito che mi spingono a pormi le prime domande. Perché era vestito così? Aspettava forse qualcuno? Il suo assassino?”
Commenti
Ancora non ci sono recensioni.