Dopo aver sconfitto un cancro al seno, Elisa decide di ricominciare da capo trasferendosi a Varenna e lavorando nel bistrot dello zio. La vita sembra regalarle una seconda occasione quando rincontra Michele, lo chef affascinante che le aveva rubato il cuore alcune estati prima. Tuttavia, le ferite del passato non sono facili da dimenticare e, con l’arrivo di Bruno, un ragazzo dal passato tormentato, la situazione si complica. Tra tenerezza e tormento, Elisa vive una lotta interiore tra l’amore stabile e rassicurante di Michele e l’attrazione travolgente e passionale per Bruno. Il destino, però, ha piani imprevedibili e, in questa tempesta di emozioni, Elisa dovrà affrontare le conseguenze delle sue scelte.
Prefazione
La cultura e la scienza orientale considerano i cristalli d’acqua forme energeticamente vive.
Lo scienziato Masaru Emoto (1943-2014) ha eseguito molti esperimenti sulla cosiddetta “memoria dell’acqua”. Egli ha cercato di dimostrare, sottoponendo l’acqua a diversi stimoli sonori, che esiste una connessione, un legame tra le energie dell’acqua e quelle degli esseri umani.
Questa è la storia di cristalli d’acqua: cristalli eleganti, a volte informi. Piegati dalle violente voci della vita, plasmati dal canto del dolore, levigati dalla dolcezza dell’amore. Cristalli che parlano da due galassie lontane tra loro. Forse troppo lontane. O forse no.
È anche la storia di un amore che non sempre sa come raccontarsi, di un amore che scivola tra le dita lasciando traccia di sé; dita fredde, umide poi calde e tormentate dall’ossessione per Lui, per Lei…
Questa è la storia di un amore graffiato su pagine bianche. Pagine bianche e ferite, poi ricucite e strappate di nuovo.
Cristalli eleganti, a volte informi. Cristalli d’acqua.
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Prologo
Diversi campioni d’acqua possono sembrare identici,
ma se un campione viene esposto a vibrazioni negative,
finirà per formare cristalli rotti e deformati.
Masaru Emoto
Si sentiva indolenzita, dal collo al ventre. La schiena appiccicata alle lenzuola bianche come le pareti, le porte, la camicia di sua madre, il piccolo tavolo quadrato e le sue due sedie, come il mazzo di margherite intinte nell’acqua di un vaso, di fianco al suo comodino; un comodino bianco.
Si sentiva confusa e un’insolita tristezza era salpata dal suo cuore per farsi largo dentro di lei.
Voleva piangere. Avrebbe voluto farlo ma poi si era ricordata perché era lì.
Giovanna si era accostata al letto della figlia sprofondando nel materasso, le aveva accarezzato la fronte sudata. Le gote nivee e leggermente scavate. Le labbra imbiancate da grinze arse. Le aveva porto un bicchiere d’acqua, la ragazza aveva bevuto un paio di sorsi poi si era voltata. Il padre la guardava dall’alto trattenendole una mano. Lacrime dipinte sugli occhi, forse per la gioia o per il dolore ma, più probabilmente, per entrambe le cose. Un sorriso tracciato su labbra umide e salate.
Ricordava che nel letto di fianco al suo c’era stato qualcuno ma il giaciglio era in ordine: le lenzuola tese e ben ripiegate sotto il materasso. Il comodino era stato ripulito. Mancava persino il settimo libro della saga di Harry Potter, mentre l’appendiabiti vestiva solo dei suoi indumenti. Mancavano le ciabatte a pois gialli e le perline sul tavolino del pranzo suddivise per colore in bicchieri di plastica trasparenti. Mancavano la felpa di Stitch sulla sponda ai piedi del letto e i ritagli di giornale che catturavano immagini di paesaggi e di animali. Mancava anche il quaderno sul quale queste fotografie venivano incollate, mentre il pavimento grigio si tingeva di mille coriandoli colorati. Interi pomeriggi dedicati a questa attività. Le infermiere lo sapevano e non mancavano di portare da casa ogni rivista o giornalino di cui entravano in possesso.
giovanni mapelli (proprietario verificato)
molto bello! complimenti e auguri Valentina