Un leggero giubbotto di pelle, indossato sopra una
camicia nera e un paio di jeans scuri. Barba lunga ben curata e i capelli neri come il buio di una notte senza stelle, raccolti in piccolo codino dietro la testa; l’uomo avanzò fino al bancone e trovò posto su uno sgabello. Ordinò da bere, aranciata amara con molto ghiaccio. Per un momento il barman restò sorpreso: il portamento dell’uomo gli aveva evidentemente fatto immaginare che potesse ordinare qualcosa di molto forte e la semplice bibita frizzante lo aveva spiazzato.
I soliti stereotipi, si disse mentre guardava il barman che
gli porgeva il bicchiere con aria perplessa. Perché un ‘duro’ dovrebbe ordinare per forza un whiskey o qualcosa di simile?
L’uomo prese a sorseggiare la bevanda girandosi verso il palco, dal quale una passerella si allungava verso il centro del locale. Mancavano poco meno di quindici minuti alla mezzanotte e il locale si stava riempiendo; tra poco, pensò, qualcuno, fuori, ancora in fila sotto la pioggerella, sarebbe rimasto fregato. L’Open All Night non superava mai la sua capacità massima, un po’ per rispettare le regole, un po’ per riuscire a gestire situazioni spiacevoli che succedevano più spesso di quanto si potesse pensare. Molte volte erano presenti uomini frustrati, delusi dalla loro vita sentimentale; uomini che avevano perso tutto e cercavano uno sfogo. E spesso andavano oltre, ubriacandosi e allungando le mani.
Ma lui? Apparteneva ad una di queste categorie? Si sorprendeva spesso a chiedersi perché, a distanza di anni dalla prima volta, si ritrovava immancabilmente in quel locale ogni volta che tornava a Milano. Le sue intenzioni erano chiare, sarebbe rimasto fino alla chiusura e avrebbe rimorchiato una delle ragazze che si sarebbero esibite di lì a poco. Il suo aspetto fisico avrebbe fatto la prima mossa, poi il conto in banca avrebbe chiuso la partita.
Game, set, match.
Quella serata però, aveva un sapore diverso.
Il ritorno a Milano non coincideva con uno dei weekend che passava nel suo appartamento spesso disabitato, ma sempre curato e in ordine.
No, questa volta sarebbe rimasto. Ne aveva abbastanza della vita che aveva vissuto negli ultimi cinque anni.
Si era guardato allo specchio e aveva deciso che era ora di cambiare.
Le note di You Can Leave Your Hat On di Joe Cocker riportarono le sue attenzioni sul palco, che si era illuminato nello stesso momento in cui la canzone era cominciata.
Il pezzo era diventato un classico dello spogliarello, dopo il successo che aveva avuto come colonna sonora del film 9 settimane ½, uscito a febbraio.
Le luci del locale si fecero soffuse, cinque ragazze comparvero sul palco e cominciarono il loro spettacolo, muovendosi sensualmente, sedendosi e alzandosi di continuo da alcune sedie nere. Indossavano delle giacche bianche sopra ad un costume a due pezzi nero, calze a rete, scarpe nere con un tacco esagerato e un cilindro in testa. Ognuna portava anche una parrucca riccia di un colore diverso: gialla, verde, rossa, blu e bianca.
Una dopo l’altra, le cinque ragazze sfilarono lungo la passerella che si apriva verso il centro del locale, togliendosi via via gli indumenti che le vestivano. Alla fine restarono in topless con due minuscole stelle, dello stesso colore delle parrucche, a coprire i capezzoli. Così come Joe Cocker cantava, i cilindri restarono sulla testa delle ballerine che scesero dalla passarella e cominciarono il loro giro tra i tavoli sulle note di Relax dei Frankie Goes To Hollywood.
L’uomo seduto al bancone osservava attento la scena, sapendo che le ragazze non si sarebbero limitate ai tavoli, ma sarebbero passate anche da lui e da tutti quelli che, come lui, erano appollaiati sugli alti sgabelli del bancone. Tutte si avvicinarono ad ogni uomo, ammiccando e strusciandosi sensualmente alla ricerca dei soldi che spuntavano dalle loro tasche.
L’uomo aveva già fatto la sua scelta.
I tentativi della rossa, della blu, della gialla e della bianca furono inutili.
La ragazza dai riccioli verdi aveva vinto dal primo momento che l’aveva vista salire sul palco.
Quando gli si avvicinò, lui aveva già in mano cinque banconote da cento mila lire che le porse nel palmo della mano. Lei le accettò, alzò il cilindro, le ripose all’interno e se lo rimise sulla testa. Si baciò la punta dell’indice della mano sinistra, lo appoggiò sulla bocca dell’uomo e si allontanò verso la parte opposta del locale. Guardò riccioli verdi avvicinarsi ad un altro uomo e rifare le stesse mosse che aveva appena fatto davanti a lui. L’uomo però, invece di passarle dei soldi, allungo le mani toccandole i seni e cercando di attirarla a sé. Dal suo sgabello ebbe una reazione istintiva, posando l’aranciata sul bancone e facendo un passo nella direzione in cui stava avvenendo l’aggressione.
Non ci fu bisogno del suo intervento.
Un buttafuori sbucò dal nulla e si scagliò prontamente sull’uomo che teneva tra le mani riccioli verdi e, stando attento a non fare del male alla ragazza, lo bloccò e lo trascinò di peso fuori dal locale. Lo ‘spettacolo’ riprese come se nulla fosse successo, quel genere di cose erano all’ordine del giorno in posti come quello e nessuno se ne stupiva più di tanto.
Qualcuno ridacchiava.
Altri fischiavano all’indirizzo del buttafuori guadagnandosi le occhiate torve dello stesso che, se avesse potuto, ne avrebbe cacciati altri quattro o cinque.
L’uomo al bancone si chiedeva invece come si sentisse quella ragazza dopo quanto avvenuto e rimase sorpreso di se stesso.
Non gli era mai capitato di avere quei pensieri, di solito le ragazze stesse non badavano troppo a questo genere di ‘incidenti’. E invece, in questo caso, riccioli verdi sembrava essere rimasta sorpresa e scossa, anche se ora la vedeva continuare il suo tour tra i tavoli.
Quando le cinque ragazze tornarono sul palco e sparirono dietro le quinte, l’uomo si girò verso il barman chiedendogli informazioni su riccioli verdi.
“Amico, io qui verso da bere. Non conosco i nomi di quei ben di dio…!”
Ridacchiando, il barman asciugò con lo straccio che aveva tra le mani il piano del bancone e si spostò dalla parte opposta per versare del whiskey ad un altro cliente. Poi tornò verso l’uomo con la barba e disse: “Comunque… con tutti i soldi che le hai dato, se ho un po’ di esperienza, tornerà da te.”
“Questo lo so anch’io… idiota” gli avrebbe voluto rispondere, ma si limitò a fissarlo con uno sguardo che il barman resse solo per pochi istanti.
Passarono venti minuti, durante i quali altre ragazze si alternarono sul palco, gli spogliarelli si facevano via via più spinti, ma non ci fu più traccia di riccioli verdi, fino a quando il barman, ripreso un po’ di coraggio, tornò ad avvicinarsi all’uomo con la barba: “Ehi… la tua riccioli verdi sta arrivando. Scommettiamo che si siede da parte a te?”
L’uomo si voltò e osservò la ragazza, tornata abbigliata come prima di iniziare lo spettacolo, dirigersi a passo deciso verso il bancone. Gli passò davanti senza fermarsi, il barman sorrise divertito dall’espressione delusa dell’uomo. Riccioli verdi trovò uno sgabello libero, lo prese, tornò sui suoi passi e lo piazzò alla destra dell’uomo che non aveva smesso un secondo di osservarla.
“Non posso accettarli” gli disse, ridandogli le cinque banconote che quaranta minuti prima aveva riposto nel cilindro.
“Perché?”
“Perché mai nessuno da quando lavoro qui mi ha dato tanti soldi in una volta.”
“Be’… c’è sempre una prima volta.”
“Che intenzioni hai?”
“In che senso?”
“Dai hai capito benissimo. In questo momento hai gli sguardi di almeno due buttafuori grandi come armadi puntati su di te, quindi evita di ripetere scene già viste questa sera.”
“Ti avrei aspettato alla fine della serata e ti avrei chiesto come ti chiami, ma visto che sei arrivata prima… te lo chiedo ora: qual è il tuo nome?”
Riccioli verdi sospirò spazientita, si alzò e fece per andarsene.
“Ehi aspetta…!”
La ragazza si voltò e lo fissò.
“Davvero… non avevo nessun’altra intenzione” mentì l’uomo.
“Noemi.”
“Jack.”
“E’ il tuo vero nome?” chiese Noemi.
“Perché? Il tuo lo è?”
“Tutte qui abbiamo dei nomi d’arte… se così si può definire…”
“E’ da molto che lavori qui? Non ti ho mai vista, ma manco da un po’.”
“No, ho cominciato tre mesi fa.”
“Ma sei sempre così ermetica? Oppure a volta riesci anche a fare una conversazione più ampia? Sai, di quelle che due persone fanno raccontandosi un po’ le loro vite.”
“Jack… io non sono venuta qui per fare conversazione, sono venuta qui per ridarti le tue cinquecento mila lire.”
“Tienine almeno cento…”
“Ti ho già detto che non voglio i tuoi soldi!”
“Ma i soldi degli altri li hai tenuti, non ti ho vista girare i tavoli per restituire quanto hai… guadagnato…”
Noemi scrollò la testa, sbuffò e se ne andò.
“Erano troppi amico…”
Jack si girò verso il barman.
“Scusa…?”
“Erano troppi. Le ragazze hanno delle regole: se qualcuno offre loro delle cifre del genere, vuol dire che hanno un solo scopo: portarsele a letto alla fine della serata.”
“Ma tu non hai detto che qui dentro versi solo da bere alla gente?”
Il barman tornò a concentrarsi sullo straccio che aveva in mano e continuò ad asciugare i bicchieri.
La fine della serata era ancora lontana, ma Jack sapeva che non avrebbe trovato quello che cercava.
Guardò con un mezzo sorriso Noemi che spariva nuovamente dietro al palco e quando tornò a spostare lo sguardo sulla sala, incrociò gli occhi di un buttafuori che lo stavano fissando. Finì la sua aranciata e se ne andò. Forse era la prima volta da quando frequentava l’Open All Night che se ne andava così presto.
E senza nemmeno portare a termine la sua ‘missione’. Il suo ritorno a Milano se lo era immaginato diverso, ma così era andata.
Si ritrovò a pensare che andando a letto presto sarebbe stato più lucido il giorno dopo. Quello che doveva affrontare lo spaventava più di un buttafuori incazzato nero.
Avrebbe preso la macchina e avrebbe guidato per una cinquantina di chilometri in direzione della bassa padana.
Sarebbe andato a trovare a suo fratello e gli avrebbe comunicato era tornato.
Sapeva che sarebbe stato fortunato anche solo se lui si fosse limitato a chiudergli la porta in faccia.
Ma questa volta si sentiva diverso. Questa volta aveva deciso e non sarebbe tornato indietro.
Giacomo Mantoli era tornato.
Per restare.
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