’altronde la signora Rampinelli, malgrado i suoi cromosomi sessuali omologhi, era riuscita a scalzare la marea di uomini che avrebbero potuto benissimo occupare il suo ruolo, di certo non per merito: finalmente sedeva al posto più alto della piramide dell’editoria da quasi un decennio e ora poteva firmare i meriti che per anni erano stati attribuiti ad altri. Stimavo immensamente quella donna, capace di stringere la mano come solo una persona fiera e decisa sa fare, mantenendo sempre il contatto visivo con il proprio interlocutore.
Con un semplice cenno del capo, mi aveva invitato a prendere posto sulla poltrona davanti a sé, così, mentre terminava una telefonata di lavoro, mi ero diretto verso di lei. Ero rimasto inebriato dal profumo ambrato di cui l’aria era satura, procedevo come se fossi stato stregato. Aveva catturato decisamente tutti i miei sensi.
Erano trascorsi anni dall’ultima volta che l’avevo vista di persona ma, malgrado tutto, all’apparenza era ancora lei, la donna tutta d’un pezzo fissa nei miei ricordi.
Dopo le presentazioni iniziali, si era seduta cautamente sulla sua poltrona, aggiustandosi bene la gonna; le avevo poi allungato il manoscritto: gongolavo e allo stesso tempo morivo dentro. Avevo evitato di rimembrare il passato, non ero certo che avesse giocato a mio favore, quindi mi ero limitato a rispondere alle sue domande.
Era riuscita a mettermi subito a mio agio, offrendomi una bella tazza di caffè bollente: ero convinto di piacerle e di poter ricevere da lei solo consensi. Non sapevo esattamente cosa fosse a trasmettermi questa certezza: percepivo una complicità tangibile crescere fra noi, qualcosa dentro di me era attratto da quel magnate dell’editoria.
Giovanna aveva iniziato a sfogliare le pagine del mio ultimo romanzo, soffermandosi a leggerne qualche stralcio qua e là: s’interrompeva solo per rivolgermi domande all’apparenza sconnesse, senza mai staccare lo sguardo dal manoscritto. Agitava la penna fra le mani con pollice e indice, dando ogni tanto dei colpetti decisi con il mignolo destro; talvolta faceva schioccare fra di loro, sotto la scrivania, le lunghe unghie laccate di rosso: sembrava irrequieta. La punta del suo naso ospitava dei leggeri occhiali dalla montatura quasi invisibile e, di tanto in tanto, s’arricciava per sollevarli verso l’alto. Giovanna commentava le mie risposte a voce alta con un tono fermo e deciso, ora sempre più distaccato, volgendo spesso lo sguardo oltre la grande finestra alla sua sinistra.
Poi il silenzio era diventato protagonista indiscusso di qualche eterno minuto, si sentiva solo il rumore della lancetta dell’orologio alle mie spalle e, di tanto in tanto, lo squillo di un telefono in una stanza accanto.
Quella sensazione piacevole d’accoglienza era piano piano scemata in me; per evitare un attacco di panico gratuito, mi ero focalizzato solo sul leggere e rileggere l’innumerevole elenco di nomi degli autori che, grazie al consenso della donna con cui stavo condividendo l’aria, avevano conquistato tutte le librerie del mondo. Per me non c’era nient’altro nella stanza se non quegli scaffali: avevo la necessità di concentrarmi su un unico piccolo dettaglio per evitare di sporcarmi i pantaloni.
I miei occhi avevano scandagliato attentamente le coste di quei volumi: erano transitati tutti sotto l’occhio vigile e attento di Giovanna e lei li aveva trasformati da anonimi fogli di carta straccia a carta di fibre di puro cotone. Ora quella stessa persona stava leggendo il mio manoscritto: non mi sembrava ancora possibile di essere così fortunato, forse era un sogno da cui non avrei mai desiderato svegliarmi. Ero sempre più agitato.
Cercavo di rimanere ottimista, sebbene avessi perso la mia sicurezza iniziale.
All’improvviso Giovanna aveva iniziato a leggere, con tono partecipato, l’incipit del mio manoscritto; aveva una voce calda e profonda.
«E vissero tutti felici e contenti. Ci sono storie che iniziano dal finale, proprio come questa. Sono storie anonime, sospese come gli episodi di una serie di cui conosci solo le prime stagioni, ma che non avendoti tanto entusiasmato, hai lasciato in pausa su un sito qualunque. Ti eri fatto ingannare dal ritmo troppo pacato e le avevi scartate a priori, senza dare al loro finale la giusta chance, invece l’avrebbe meritata tutta e, forse, perfino qualcosa di più di quella tua iniziale noncuranza.
«Mi spiace, signor Finale, per la sua entrata troppo in sordina e fin troppo tardiva, ma deve giustificarci. Noi le storie le concepiamo solo così: inizio, sviluppo e poi finale, sempre e solo per ultimo. Non perché sia meno importante, non perché sia meno essenziale, però a qualcuno la chiusura deve andare.
«Per la nostra così unica storia posso assicurarLe che faremo uno strappo alla regola: partiremo dalla fine, perché è giunta l’ora di metterLa davanti a tutto!
«Quindi questa storia inizierà proprio così.
«Vissero felici e contenti…»
Quella era la mia parte preferita: aveva permesso a tutta la storia di essere così diversa dalle altre perché sarebbe stata scritta al contrario. L’avevo messa nero su bianco in meno di quarantotto ore e in altrettante, grazie alla mia fama nascente, ero riuscito a ottenere la possibilità di sedermi di fronte al re Mida della carta stampata. La sua opinione valeva la fatica di tenere aperti gli occhi anche di fronte alla luce così accecante. Avevo alle spalle più di una notte insonne e volevo solo riposare in pace per qualche ora, ma questa era un’altra storia e non mi sarei fatto fuggire quell’occasione per nulla al mondo.
Chiara Argelli
“Come in un film” è un libro che ti prende e ti incuriosisce fin dalle prime righe.
Le vite e i pensieri dei protagonisti sono così autentici e reali che risulta facile immedesimarsi e simpatizzare con loro, senza mai cadere nello scontato.
Un inaspettato colpo di scena crea la cornice perfetta per questa storia.
Decisamente consigliato!
Edel Goth (proprietario verificato)
Come in un film è un romanzo da leggere, soprattutto per chi ama le storie di rinascita del protagonista ed eventuali colpi di scena.
Grizela Taka
Bellissimo libro.Da leggere tutto d’un fiato