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Confessioni Vol. I – Le Cronache della Solitudine

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Questo è il racconto di una verità, intima, dolorosa, schietta. Il protagonista narra la propria vita segnata da traumi, dipendenze e relazioni travagliate: lo vediamo crescere nella solitudine di una casa azzurra, dove l’amicizia con Thomas e Laura illumina la sua infanzia spezzata. Ma i legami si incrinano, e la tragedia si abbatte su di lui, lasciando un vuoto incolmabile e spingendolo in una spirale di autodistruzione. Abitato da un incessante dialogo interiore e perseguitato dai suoi demoni, l’Io narrante si rifugia nel Quartier Generale, un luogo di confidenze e dissolutezza condiviso con altri giovani perduti. Tra droghe, ricordi e allucinazioni, la sua esistenza si consuma in un’altalena tra speranza e disperazione. Fino all’incontro con Aria, la donna che sembra riaccendere in lui il desiderio di una vita serena. Ma il passato non si cancella, e i mostri tornano sempre. Un’intensa narrazione che intreccia solitudine, introspezione e disagio esistenziale, in un mix di struggente sincerità e cupo lirismo. Com’è scandagliare gli abissi della mente umana?

Principio

I

Questa è la storia di un uomo.

Un uomo nato in un luogo sconosciuto e in un tempo imprecisato, vecchio e bambino, autore e protagonista di una miserabile storia. Stanco già dalla nascita e per sempre destinato a portare sulle spalle il peso di un’esistenza complessa, composta da incertezze e dubbi, atrocità e tragedie, timori e sussulti. Un uomo mai intero, mai singolo, né compatto, ma continuamente accompagnato da numerose voci distinte nella sua mente sin dall’infanzia. Eppure sempre e irrimediabilmente solo.

II

Il seme della Solitudine s’incarna nel corpo umano e nella personalità si manifesta, racchiude al suo interno un frutto amaro e in molti saranno destinati a portarne lo spiacevole retrogusto per sempre sul fondo della lingua, come un morso sbagliato dato con convinzione a una mela marcia piena di vermi nascosti. Io sono uno tra i poveri maledetti e questa storia, per quanto vorrei fosse mia, non m’appartiene, quindi, ricomincio.

Questa è la storia della Solitudine che in me s’incarna per un breve tragitto nel corso del suo infinito percorso e tenterò di raccontarla donandole dignità. D’altronde mi sono sempre vantato di essere un uomo dignitoso, anche in momenti ben lontani da qualunque forma di tale atteggiamento alla vita. Vecchia Solitudine, mia fedele compagna, sempre presente con i suoi strascichi, non mi lascia andare mai, sta avvinghiata al mio destino, incapace di stare da sola, mi insegue, s’attacca e non mi molla. A me che potrei ben vivere anche senza di lei o, forse, ne morirei, solo senza Solitudine, sarebbe una tragica fine, un implacabile paradosso eppure non riesco a farne a meno: lei esiste solo grazie a me, come un fungo su un albero, si nutre di me per vivere e mi consuma e fa di me ciò che vuole. La Solitudine mi è stata vicina per tutta la durata della mia ignobile vita.

III

La vita è la seconda protagonista di questo miserabile racconto. Ne sentirete parlare parecchio, dell’esistenza, di ciò che significa vivere esistendo nel mondo, in qualunque mondo e in qualunque tempo. La vita che esiste e l’esistenza che vive, il breve o lungo percorso che ciascuno di noi sperimenta tra la nascita e la morte, in balia del destino e di questo vento forte.

I rimanenti attori sono poco più che semplici comparse occasionali e poco rilevanti, in quanto io sono rimasto solo tutta la vita senza eccezioni o almeno fino a oggi, nel momento in cui scrivo questa ridicola confessione. Ma partiamo dall’inizio, poiché per dare dignità a una storia occorre raccontarla fin dal principio e giungere fino alla fine senza tralasciare dettagli significativi di ciò che accade nel mezzo, o almeno, così mi hanno insegnato gli adulti quando io non ero ancora uno di loro. Cominciamo con la prima scena: il momento della mia nascita.

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IV

Me ne stavo placido a galleggiare senza un pensiero al mondo, tranquillo e sereno, nel buio e nella pace, là dove ero rimasto per mesi interi, pensando che quella fosse casa, convinto che il destino si fermasse lì; non mi aspettavo che sarebbe cambiato tutto, non pensavo ci potesse essere altro. Esistevo in un bellissimo inganno, nella certezza che si trattasse di vita vera quel galleggio fine a se stesso, eppure qualcosa dentro di me già sapeva che prima o poi tutto sarebbe cambiato, ero già convinto fin da prima di nascere che si trattasse d’altro: la vita, non poteva fermarsi lì, sarebbe stato troppo bello e la vita non è bella.

Fu così che, d’improvviso, qualcosa esplose e il mio riposo s’interruppe mentre qualcos’altro stava per cominciare; io ero confuso e preso alla sprovvista e allora mi sono agitato e tutto d’un tratto ero scomodo là dove ero sempre stato così bene e dove mi sentivo al sicuro e capii che dovevo uscire di lì in qualche modo. Non volevo però abbandonare quel nido accogliente, non sapendo cosa m’aspettasse dall’altra parte: avevo paura. Poi la situazione è divenuta tragica e mi sono sentito senza una scelta, qualcosa mi spingeva via, lontano e, affogando in un disastro naturale lottavo contro le contrazioni indeciso fin da subito su contro cosa combattere: la vita o la morte, restare e morire o andarmene e vivere. Percepivo un grande dolore non mio e mi faceva paura. Ricordo la coscienza del vuoto, il liquido sapore del buio pesto. Un istante di stasi e poi quei suoni forti del mondo esterno, nessun urlo, nessuna luce: ancora buio però pieno, silenzio dentro e rumore fuori, lontano, separato ed ero una persona nel mondo, ma non ero ancora vivo, ancora c’era indecisione in me e così non ho immediatamente respirato, trattenuto resistevo, in quel tentativo, in ultimo fallimentare, di rifiutare la vita: qualcosa in me non era pronto.

Una parte di me avrebbe voluto finire lì, non iniziare mai:

morire nascendo appariva dignitoso.

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Chiara Ceria
Chiara Ceria, nata a Torino nel 1998, vive a Biella ed è laureata in Filosofia all’Università di Bologna. “Confessioni Vol. I - Le Cronache della Solitudine” è il suo primo romanzo, nato dalla volontà di condividere l’esperienza del suo mondo interiore attraverso una storia ispirata alla realtà.
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