Finalmente aprii la porta e le mie membra indugiarono sullo sfavillante spettacolo che brillava sotto i lori occhi… il mio sudicio appartamento. Lo sciattume che di solito mi provocava fu in quell’occasione mascherato dalla mia incontrollabile felicità. Ce l’hai fatta… pensai mentre scaraventavo con foga le scarpe in giro senza badare minimamente che caddero in bilico su una sedia in cucinai. La mia attenzione si prestava a ben altro di più importante… guardavo morbosamente quello che è stato per tutta la giornata il mio oggetto del desiderio, il divano! Devo ammettere che ho un lieve ricordo di una schiumosa bavetta lungo il bordo delle labbra. Indugiai anche di fronte a lui, forse per ammirare le sue sinuose curve rosse o i suoi provocanti cuscini che mi chiamavano e adulava come un branco di sirene in una notte funesta.
L’attimo seguente mi sdrai rumorosamente su di lui senza pensarci troppo.
Fu bello, veramente. Sentirsi liberi di sprofondare tra le braccia di Morfeo nell’unico luogo che veramente sentivi tuo. Lo acquistai ormai anni fa ma ogni volta che mi sdraio sembra la prima anche se, ormai, sprofondo talmente facilmente da creare un grosso solco che riprende a grandi linee la mia consueta posizione da combattimento (su un fianco e con il braccio sotto al cuscinone). Un lieve frescolino mi accarezzò le guance arrossate insinuando il sospetto che forse lasciai la finestra della cucina aperta quanto basta per sentire una leggerissima brezza fresca nella stanza cullandomi prima del riposo tanto desiderato, e per tanto decisi di non adirarmi con me stesso cosa che solitamente mi provoca un fastidio lancinante tanto da farmi grattare irrimediabilmente la nuca.
Raggi di luce calda riempivano la stanza di volume e di colore rossiccio regalando l’atmosfera tipica di un tardo pomeriggio primaverile, in controluce si vedevano stormi di polvere leggera danzare tra le pareti e posarsi delicatamente sul pavimento.
La mente stanca e vuota di una persona che ha lavorato duramente tutta la settimana e ha aspettato a lungo questo momento non aiuta nel vano tentativo di rimanere sveglio ancora qualche minuto… Le palpebre calarono improvvisamente e, piano piano, ogni gravoso pensiero abbandonò la mente rifugiandosi nei cassetti della memoria. Ottenni la calma dei sensi, è inebriante tanto che pensai di potermici abituare. Chissà se qualcuno ci sia mai riuscito mi domandai nell’ultimo istante di malsana consapevolezza…
BRIN BRIN
Il fastidioso suono del dannato campanello echeggiò nella stanza e capii immediatamente che quell’ attimo di tranquillità che regnava sovrana nell’appartamento, soprattutto in soggiorno, si spezzò amaramente, forse per sempre.
Ma chi è che rompe i coglioni adesso?! Mi alzai con la solita velocità da tartaruga zoppa che mi ha contraddistinto e per la quale guadagnai affascinanti soprannomi, che non starò a elencare, e mi avvicinai a grossi passi all’entrata. Di fronte alla porta respirai l’ultimo boccone di aria densa di quell’attimo che mi sta sfuggendo da sotto il naso e delicatamente aprii la porta facendo attenzione a non farla grattare sul pavimento. Il solito sassolino sotto la porta non indugiò ad accompagnarla neanche questa volta irritandomi ancor più di quanto non fossi. Dinanzi a me un uomo tutto d’un pezzo si imponeva. Chissà chi è…? Lo guardai dal basso all’alto molto lentamente cercando disperatamente di collegare il suo volto a qualcuno che conoscevo prima di fare una grande figura di merda… ma niente.
Tentai un ultimo disperato tentativo prima di terminare il silenzio imbarazzante che si stava creando, gli feci un rapido ma accurato scan del look: indossava delle scarpe eleganti, mocassini in pelle sintetica grigio scure molto ben curate, prive di alcuna imperfezione ( se non che i lacci erano leggermente usurati, ma possiamo chiudere un occhio); il pantalone nero arrivava poco sopra le scarpe coprendo leggermente la linguetta, ovviamente ben stirato e pulito; indossava una giacca nera e voluminosa abbottonata diligentemente; si intravedeva sotto di essa una luminosa camicia bianca adornata da una cravatta verde scuro che arricchiva e decorava tutto l’abbigliamento dello sconosciuto ( ovviamente il bianco improvviso mi accecò costringendomi a fissare un altro punto esitante). Inoltre, la testa era cinta da una bombetta nera lucida che donava all’individuo un non so che in più, però mi sembrò uno apposto.
ANCHE SE ANCORA NON SAPEVO CHI CAZZO FOSSE
Mentre ero intento ad osservare scrupolosamente come l’uomo fosse agghindato, una domanda si intrufolò precipitosamente nella mia testa, scatenando una tempesta: Ma chi diavolo è costui che interrompe il mio relax nel mezzo della sera?
Ma poi… cosa vuole da me? e infine… Perché non ne vuole sapere di cacciare fuori un salve o una qualsiasi parola che possa indurmi a comprendere i reali motivi di questa intrusione?
Mentre le domande riempivano a fiumi le mie tempie, quella stonata di mia sorella apparve da dietro l’intruso incuriosendomi ancor di più… Cinse il suo braccio all’uomo e mosse i primi passi.
Entrarono entrambi nel mio appartamento accomodandosi sul divano, che tra l’altro aveva ancora sopra fresca fresca la mia impronta. Non riuscii neanche a adirarmi, mi girai verso la cucina e raccattai alla bene e meglio la prima sedia che incontrai. Mentre lo sconosciuto osservava il mio appartamento come se si trovasse all’interno di una sala museale ricca di opere, io tentavo di comprendere qualcosa della situazione lanciando occhiatacce minatorie e provocanti a mia sorella, la quale mi rispondeva con un sorrisino ebete stampato sul viso con le gambe incrociate e le dita che si muovevano agitate su una di esse.
Siccome nessuno dei due aveva l’intenzione di degnarmi di una spiegazione decisi di rompere il ghiaccio io stesso, anche perché la situazione stava iniziando a stancarmi parecchio e la curiosità di scoprire l’assurda ragione per la quale mi fecero alzare dal mio comodissimo divano stava crescendo sempre di più:
”Come posso esservi utile, sorellina?”
“Ho bisogno di un piccolissimo favore… però prima non essere maleducato, offri un bicchiere d’acqua al nostro amico.”
“Ma certo…”
Nostro amico? Ma chi è questo qua? Che è venuto a fare?
Ovviamente andai verso il lavandino a prendere questo maledetto bicchiere d’acqua e non mi vergognai nel girarmi a dare un’occhiataccia al mio cosiddetto “amico” durante il tragitto.
Dopo aver offerto il bicchiere allo sconosciuto mi risedetti sulla sedia riformulando la domanda alla quale non ricevetti una risposta:
“Adriana, mia cara, come posso aiutarvi?”
“Mi servirebbe che facessi compagnia mezzoretta al nostro amico? Ho un’importantissima cosa da fare e non so a chi lasciarlo…”
Ma perché io? E poi… non può stare solo questo qua? Ha bisogno del babysitter?
Il mio volto si contrasse e prima di esplodere come un vulcano mi rivolsi nuovamente a quella che per mia sfortuna chiamavo ancora sorella.
“Posso parlarti in privato cortesemente… Adriana?”
Ci appartammo in cucina e sottovoce (sì, proprio come in TV) chiesi:
“Ma perché devo fare da babysitter a questo qui? E poi chi è? Un tuo nuovo fidanzato?”
“Ma va! Si tratta solo di un amico… non fare domande, aiutami. Non so dove metterlo mentre sono via.” Mi rispose col solito sorriso stampato sulle labbra.
“Ma guarda che è una persona, mica un gatto! Non sa stare da solo?” dissi io stizzito.
“Eh… non proprio, non farà nulla davvero. Non sporca niente, sta lì tranquillo tranquillo, promesso.”
“Tu non sei mica normale eh, che cos’è un cane?!”
Comportamento stravagante… trattare le persone come animali… non è decisamente quello che ci ha insegnato mamma!
Il suo sguardo fuorviante non mi diede scelta: “Va bene, va bene. Non guardarmi così, ti aiuto”. Indugiai un attimo, feci un vaporoso respiro e mi rivolsi a lei nuovamente: “Ma sparisci prima che possa cambiare idea!”
“Va bene va bene, grazie fratellone sei un tesoro”.
Neanche il tempo di finire la frase (che tra l’altro non è nient’altro che una gran leccata di culo) che “Puf!” sparita nel nulla.
Ed ecco che rimasi solo con lo sconosciuto, in casa mia con una persona della quale non sapevo neanche il nome. Non mi parlava, troppo interessato a tutto quello che avveniva fuori dalla finestra, ma allora perché è qui?! Non può uscire e lasciarmi riposare in santa pace?!
Aveva due occhi vispi e danzanti che si muovevano al più sordo dei rumori, anche di fronte il sibilo del vento.
In tanto io indagavo su di lui, ero incuriosito da quest’uomo, in grado di entrare nella casa di uno sconosciuto senza presentarsi e degnarsi del minimo sguardo, ma che razza di persona mi aveva portato quella disgraziata di mia sorella?! I secondi passavano molto rapidamente e raggiungevano precipitosamente i minuti segnati dal mio vecchio orologio appeso sulla parete della cucina che scorgevo dalla lontana sedia posta al centro del soggiorno, perché ovviamente il divano era occupato da quell’essere sconosciuto. Non pensai minimamente di sedermi al suo fianco, sembrava a posto ma un po’ mi inquietava…
Mentre mi rassegnavo allo scorrere del tempo inesorabile e quindi alla fine definitiva del mio relax, mi girai di colpo domandando al mio “(s)gradito” ospite:” Come si chiama? Mi racconti qualcosa di lei, ha figli? Lavora?”
Quello che rispose rimarrà per sempre impresso nella mia mente, ho estrema difficoltà nel raccontarlo, ha dell’insolito … assolutamente imprevedibile.
Mi guardò profondamente per qualche istante (che per me sembrò un’eternità), batté le palpebre rumorosamente un paio di volte per poi spalancare la bocca affermando con convinzione: “Maaaaooooooooooo”.
“Mi scusi non ho ben capito, potrebbe ripetere cortesemente?” Dissi a dir poco sconcertato.
“Maoooooooooo Maooooooooo”
Ah no! Avevo capito bene, ha detto proprio mao.
Perché? Che significa? Sarà mica impazzito? Lo guardai un po’ stranito con la testa leggermente piegata, quasi ciondolante.
Miagola, proprio come un gatto, perché? Vuole forse prendersi gioco di me?
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