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Cose nostre – Il ritorno

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Dopo un viaggio in Calabria, un periodo vissuto da barbone a Genova e un breve viaggio a Buenos Aires, Francesco torna a casa, in Toscana. In famiglia la situazione non è semplice, nonostante sia lui sia i suoi familiari cerchino di ricucire il rapporto come se nulla fosse successo e come se lui non si fosse mai assentato. Il rapporto con Silvia, nonostante il grande amore che li ha sempre legati, fatica a ingranare. Francesco è divorato dai rimorsi per averla abbandonata e scopre che lei sta provando a uscire con un altro, incerta di quello che prova per lui e per l’altro uomo, Giorgio. Giovanna invece è una giornalista. La sua storia e quella di Francesco si sono intrecciate prima in Calabria e poi a Buenos Aires. I due hanno scoperto di essere legati da un cordone invisibile che ha origini proprio in Calabria e che riguarda l’amore innocente di due ragazzini. Anche questo segreto, una volta venuto a galla, porterà a delle conseguenze nelle loro vite.

NOTA DELL’AUTORE

I personaggi citati e i fatti narrati sono interamente inventati. Così mi pare…

CAPITOLO UNO

L’aereo sorvolando la baia di San Paolo incontra una forte perturbazione. A tratti sobbalza, dando l’idea che stia per cadere da un momento all’altro. Il comandante attiva un paio di volte la comunicazione con i passeggeri. Cerca di tranquillizzarli e spiega i motivi di quei sussulti. La sua voce, pacata e persuasiva, in qualche modo riesce a riportare la calma. Qualcuno, forse per farsi coraggio o per stupidità, si lascia andare a qualche battuta fuori luogo che non fa sorridere nessuno. Tutti sono scossi per il temuto pericolo e preferiscono restare concentrati su quanto sta accadendo. Dalle labbra in piano movimento si può intuire che tanti pregano.

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Francesco, interamente perso nei suoi pensieri, non si accorge di nulla. L’hostess attraversando il corridoio nota quell’uomo assente e sofferma lo sguardo incuriosita da tanta apatia. Senza accorgersi di quell’attenzione, il passeggero continua a rimuginare riflessioni su riflessioni.

Quanto importante è quello che pensa, se non si accorge di quello che sta accadendo? riflette l’assistente diretta alla cabina di pilotaggio. La donna non sa che tutto è iniziato circa quattro anni prima, da un viaggio al suo paese d’origine in Calabria. Era stato costretto a farlo, con un ricatto, dal capo ’ndrangheta locale. Lo stesso che giunto in paese lo mette davanti a una rivelazione terribile, che Francesco, Ciccio, non vuole accettare. Quel segreto e tutto quel che ne è seguito lo hanno spinto in una lenta crisi esistenziale che si è conclusa con la fuga da casa. A Genova, dove ha vissuto da barbone, con l’aiuto di una prostituta dei caruggi, riprende a vivere. Da lì vola fino a Buenos Aires per trovare una risposta definitiva al suo dramma. Una serie di circostanze sfavorevoli, però, non l’aiutano e ora è di ritorno carico di nulla. Sull’aereo, riflette quanto possa essere pesante quel fardello fatto di niente.

È, quindi, concentrato sulla sua esistenza. Per cui, pericoli come quello sono stati una circostanza ricorrente nella sua vita. O almeno questo è quello di cui è convinto. Tutto a seguito di un passato che ha invaso il quotidiano e condizionato fortemente il futuro. È una partita vitale quella che si appresta a giocare una volta atterrato e mentalmente si esercita cercando di immaginare le possibili evoluzioni. Crede che probabilmente tutto dipenda da semplici sfumature, ma, comunque, capaci di rigettarlo nell’inferno in cui viveva prima del viaggio a Buenos Aires. Non è vero che non abbia fatto caso all’eccitazione degli altri passeggeri e alle comunicazioni del comandante. Almeno in un paio di momenti, ma solo per brevi attimi, ha avuto la sensazione che stesse succedendo qualcosa di strano, però non è riuscito ad associare il pericolo al suo interesse. Con la testa è lontano e quindi li ha vissuti dissociandoli dal contesto. Solo durante l’ultima comunicazione ha percepito una scossa. Qualcosa che lo ha afferrato strattonandolo. Si concentra incuriosito sulla voce tranquillizzante che giunge dall’altoparlante, ma la prima parte del messaggio ormai l’ha persa. Pensa di aver vissuto in completo isolamento e guarda l’orologio per rendersi conto del tempo trascorso. Gli viene in mente quando ragazzo, a mare, teneva la testa sotto il pelo dell’acqua per coprire i rumori del treno che passava lì vicino, lungo la tratta ionica. Quelle estati sono un lontano ricordo che ogni tanto emergono dalla memoria per poi riscomparire senza lasciare traccia. Stavolta vuole trattenerle, ma pur sforzandosi non riesce a ricordare altro oltre i tuffi dalla spiaggia con gli amici d’infanzia, la pesca dei ricci di mare e la cattura di polpi a mani nude. Non è soddisfatto. Qualcosa non gli torna. C’è una specie di nebbia che, come un velo, copre quello che sta dentro quei ricordi. Non riesce a riportare a galla cosa si nasconde. Si sforza di pensare, senza alcun risultato. Dopo un po’ decide di lasciar perdere, in fondo non gliene importa nulla. Peggio di com’è messo sarebbe difficile essere. Non è facile, però, comandare la memoria e men che meno quando si vuole non pensare al passato. Chiude gli occhi con l’idea di poter scacciare quei lontani riverberi. È inutile. Il mostro nero che si aggira in testa è ben nascosto e si lascia percepire appena, come impalpabile esistenza. Avverte dentro un senso di insofferenza che gli porta momenti di forte riflessione alternati ad altrettanti di rabbia. L’inconscia e momentanea distrazione causata dall’altoparlante ha l’effetto di squarciare quel velo. Improvviso e inaspettato, proprio quando sta per dichiarare la sconfitta, vede il sorriso enigmatico di una ragazzina dalle lunghe trecce che lo guarda. Riconosce lo stesso sguardo inseguito per un’intera estate. Arrossisce come gli succedeva un tempo, quando incrociava i suoi occhioni azzurri. Un lividore che dà al volto gli aspetti di una scottatura solare. Non ha mai avuto il coraggio di avvicinarla. Lo sforzo massimo che era riuscito a fare è stato di consegnarle un bigliettino: un cuore trapassato da una freccia e una poesia scritta da lui. Cerca di ricordare i versi. Non gli viene. Fa uno sforzo. Ripete alcune parole. Poi arriva alla mente la prima strofa. Prova a ripassarla nella speranza di ricordarla tutta e lo fa schiudendo leggermente le labbra e recitando a bassa voce.

«Nella buia notte / la mia mano innaspa l’aria /già sogno. Mi sei vicina /ma nella realtà del dì / sei già lontana…»

Si blocca. Per quanto si sforzi non ricorda altro e ha anche il dubbio che le parole appena dette siano veramente quelle. Gli sembra di sì, ma non è sicuro. Non ricorda bene la circostanza del recapito: il bigliettino l’aveva consegnato lui o mandato con un’amica? Boh! Chissà! Senza impegno ci riflette ancora un momento sforzandosi di ricordare. Presto, però, si rende conto che non ha alcuna importanza dopo cinquant’anni o poco più e ci ride sopra.

Continua a riportare a galla vecchi ricordi, più con l’idea di far passare il tempo che per la necessità di farlo.

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Pasquale Sgrò
calabrese di origine, abita a Lucca. Laureato in Chimica, si occupa di sicurezza sul lavoro e ha creato i personaggi dell’ispettore Felicino (pubblicando in quattro volumi centocinquanta brevi storie a fumetti) e dell’ Ispettore Mimmo Dodaro (dieci gialli in cui si affrontano i problemi della sicurezza sul lavoro e della disabilità). Cose nostre. Il ritorno è il terzo di una trilogia.
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