Guida alla lettura
Il volume si compone di tre parti. Nella sezione iniziale sono riportate le opere della pittrice Maria Pia Biagini intorno alle quali ruotano le riflessioni di Antonella Ciocia e Anna Valeri.
Accanto e L’alveo si riferiscono a Donne nel grano.
Oltre le catene e Linea mobile sono ispirati da Donna di spalle.
Piume e Piuma variabile richiamano Prisma I e Prisma II.
Colori in festa e Il tappeto rimandano a Luce e fiori.
Attesa e La forza del fiore si rifanno a Maternità.
Trasparenze e Mistero sono legati a Luce e ombra.
Infine, Sguardo e La torre si legano a Maddalena.
Un’opera per due pensieri, un’opera per mille pensieri: è questo il messaggio che il volume intende dare. Guardare non significa vedere. Vedere significa farsi attraversare dai messaggi veicolati dall’immagine e rielaborati con la propria sensibilità e cultura.
Continua a leggereTra luce e ombra
Dare corpo alla luce significa svelare tutto lo scindibile.
Scomporre l’assoluto nello spettro cromatico visibile e dare forma ai pensieri per rendere tangibile e fissare ciò che è più inafferrabile: la nostra coscienza di esistere.
Noi siamo corpi fisici, ma esistiamo attraverso la coscienza che ci spinge a formulare pensieri e a esprimere emozioni.
Tutto si svela nel confine fra luce e ombra, tra ordine e disordine.
In questa terra siamo alla continua ricerca dell’essenza della vita che solleva più interrogativi che risposte, contraddistinti da un’incessante ricerca dell’essenza del nostro essere uno tra molti.
Tutto ciò che esiste nasce e vive, difendendosi dall’entropia, sfidando il buio e le ombre che genera, per allontanarsi dal dover essere e divenire l’essere.
Per questo, l’uomo è sempre alla ricerca di linguaggi che sappiano parlare alla sua anima, ma essere anche dono per gli altri: è il linguaggio dell’arte.
Non serve capire un testo per amare una canzone, non serve parlare la stessa lingua per provare emozioni davanti a un dipinto o godere dell’intensità di un tramonto e dell’immensità del creato. Non serve praticare la medesima religione per percepire dalla Pietà di Michelangelo l’amore immenso di una madre verso l’umanità. I linguaggi dell’arte si pongono al di sopra di qualsiasi altro, capaci di abbattere ogni barriera.
All’inizio ci fu un’esplosione di colori, geometrie, ombre e luci, ma anche suoni. Era il creato che, con i suoi diversi linguaggi, dava vita al mondo. All’improvviso, tutto si interruppe, come fu con la Torre di Babele. Questa volta, però, in molti raccolsero quell’invito armonioso all’uso di linguaggi universali. In trasparenza c’era una mano che ancora oggi anelo e ricerco in quel richiamo e che sperimento attraverso il viaggio dell’arte. È un viaggio incessante che mi porta a interrogarmi, ma forse a interrogarci, sul senso ultimo della vita. Chiedo continuamente, ma sembra che nessuno mi dia risposte, invece sono là, nella bellezza minuta rappresentata al momento della nascita dell’universo. È quel fragore che si manifesta ogni volta che una pagliuca, un fiore, un uccello, un bambino o un arcobaleno nascono.
È con quelle nascite che quel linguaggio si rinnova e ci lega con tanti fili invisibili, facendo vibrare le nostre anime in una moltitudine di idiomi diversi. Ciascuno, nella sua unicità, riesce a godere come il pifferaio magico, nutrendosi di quel linguaggio universale che ci annoda nella ricerca di un destino comune.
L’arte è patrimonio delle comunità.
Troppo spesso l’abbiamo rinchiusa nei musei.
Troppo poco i nostri occhi sono esposti alla bellezza.
Ma l’arte ci rivela che noi possiamo andare oltre l’orrore che ci sbatte in faccia ripetutamente. L’orrore delle notizie di morte ingurgitate con indifferenza e in silenzio insieme, come se fossero ingredienti dei nostri pasti.
L’arte evade dai musei, rifugge da ogni valutazione e va incontro all’essere umano nella sua semplicità e totalità. È l’occhio del non esperto che rende viva l’arte, poiché rimbalza nella mente e rinasce ogni volta che prova emozioni e sensazioni, aggiungendo attraverso la sua interpretazione un pezzetto percepito ma non presente.
L’artista vive attraverso quello sguardo, tramite quei pensieri che fanno vivere la sua arte. Ogni sguardo è un ingrediente di crescita. Ogni sguardo ri-indirizza l’artista, che evolve comunicando qualcosa di sé, il tentativo mai sopito di cogliere l’assoluto e l’infinito.
Nella mia opera cerco indulgenza per l’umanità intera, poiché siamo esseri meravigliosi, ma anche fallaci. Siamo esseri perfetti, ma la bellezza sta nell’imperfezione e nel cogliere la diversità. È la diversità che colora il mondo.
Ogni mia creazione è frutto di osservazione e rielaborazione, il vissuto è studio.
Al centro delle mie opere vi è, quasi sempre, la donna. È il suo corpo che mi riporta al cambiamento, alla vita, alla rinascita che assume colori diversi per esprimersi.
Il mio modus operandi procede con gentilezza, si esprime con una forza che rifugge lo scontro cercando invece il confronto, possedendo in sé una grande forza conscia. Non urlo le mie verità con violenza, la mia arte penetra e permea l’animo dello spettatore con delicatezza e tenacia svelando la sua bellezza nel tempo. Pongo la mia morale artistica in antitesi con una morale, in cui tutto va consumato velocemente per passare ad altro, fagocitare la nuova esperienza e continuare a correre in un’estenuante gara infinita che non ci permette di andare in profondità, tenendoci a galla sul mare della nostra esistenza.
Così io mi fermo a riflettere e a elaborare il progetto, butto giù chili di schizzi andando sempre più in profondità, arrivando al buio assoluto dove la luce non riesce più a penetrare.
Là mi fermo. Ascolto i miei pensieri, rielaboro il vissuto, collego eventi, rifletto, rielaboro e riemergo. Il tempo è un mio alleato, perché ne ho bisogno per assorbire, elaborare e creare. Creare un’opera da amare e possedere, da me come dagli altri. Vorrei entrare nell’animo di chi si appresta a guardare, ma con lentezza.
La cosa più importante è creare un legame tra me, l’arte e chi ne gode.
È l’arte che lega me agli altri, è l’arte che disvela di me un nuovo segreto.
L’arte è il dono che ho avuto e per questo voglio restituirlo.
È la mia, la nostra, compagna di vita.
Ognuno ha diritto a trovare il bello in ciò che lo circonda.
Maria Pia Biagini
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Mattia Giordano
“Osservare” non è una cosa affatto semplice, ed è forse proprio per questa ragione che la maggior parte delle persone si limita invece solamente a “guardare”.
Un “guardare” che si rivela tuttavia per sua stessa natura insufficiente a cogliere “le umane cose” e che finisce irrimediabilmente per articolarsi come un “osservare a metà”: come uno sguardo superficiale e disinteressato alla realtà che ci circonda.
Il libro “Dare corpo alla luce”, che si pone sulla stessa scia del precedente “La realtà dentro uno sguardo” , nasce da una scommessa: cosa accadrebbe se due persone -in questo caso due donne- scegliessero non solo di “osservare” piuttosto che “guardare”, ma decidessero anche di riportare su carta ciò che la realtà comunica loro?
Ne nascerebbe un gioco di luci, ombre, forme e colori in cui le due autrici, attraverso narrazioni speculari e complementari nate da una stessa immagine, sono pronte a prenderci per mano e a guidarci in un viaggio alla scoperta anche di noi stessi e di una figura, come quella femminile, che abbraccia e congiunge i tasselli ultimi.
Tiziana Protopapa (proprietario verificato)
Complimenti perché il libro è bello e nello stesso tempo è veramente singolare: pittura e narrazione si fondono con trasparenza. Le parole ‘disegnano’ le storie e le immagini, raccontano. Storie che non sono una semplice interpretazione di un’opera pittorica. Sono vita.
La cosa più interessante è, però, dal mio punto di vista, l’invito alla creatività (almeno per me è stato così): mentre si leggono piacevolmente le pagine e si guarda un dipinto viene, infatti, voglia di raccontare una propria storia. Quella che si cela dietro i tratti, le sinuosità, i chiaroscuri e che appartiene al vissuto di ognuno di noi.
Luca Pianelli
Bellissime le opere, bellissimi i commenti alle opere…si legge tutto d’un fiato!!! Complimenti