Momenti insignificanti, di vita quotidiana, eppure
così pregni e così vivi da fissarsi da qualche parte dentro di me.
Attimi non degni di un racconto, così completi nella
loro immediatezza visiva da non lasciare
spazi alla vacuità di una prolissa riflessione. Li voglio
lasciare alla carta perché non tornino più ad affacciarsi
la notte, quando sono disteso, o di giorno, all’improvviso,
interrompendo l’abituale fluire del pensiero. Li voglio
lasciare liberi di andarsene, continuando nel loro
cammino a trasmettere mai esausti strati di significati,
o fiammanti flash d’immediata intuizione.
Non si tratta di mirabilia, né di fatti importanti.
Sono solo cose che ho visto.
Ho visto un padre che baciava la sua piccola figlia,
con gli occhi luminosi d’amore. Ho visto un bimbo di
tre anni scambiarsi cenni con un altro, per denaro,
come ne avesse cinquanta, e un uomo di cinquanta
che giocava con una palla ridendo, come se avesse tre
anni. Bambini sorridenti che mi toccavano le mani,
scherzando divertiti, e bambini tristi e sporchi che mi
toccavano le gambe, chiedendo soldi. Ho visto persone come
scheletri, che morivano di fame, e altre che
fingevano di aver fame, senza sembrare scheletri;
capannelli di persone sedere sulla strada, come ipnotizzate,
davanti a una piccola televisione in bianco
e nero, e un vecchio seduto a gambe incrociate nella
polvere, che si insaponava petto e schiena davanti a
un minuscolo rubinetto.
Ho visto l’inferno lungo la strada: una enorme
piazza in cui la polvere di sassi e marmo si alzava fitta
e densa. Una nube bianca che si vedeva per chilometri,
una spessa nebbia che ammorbava l’aria. Ho visto
uomini lavorare seminudi, piegati dalla fatica, in
quella foschia malsana, e le loro donne, interamente
ricoperte di polvere grigia e bianca, star sedute lungo
un muro a guardarli, mentre i bambini giocavano,
o dormivano, con i capelli grigi come vecchi. Ho visto
le loro bianche polverose case, in quell’abisso inumano:
un metro di legni intrecciati coperti da sacchi di
nylon. Li ho visti cucinare e mangiare in quel girone
dantesco, muovendosi lenti con mani e occhi bian-
chi. Li ho visti sedere sfiniti, appoggiati a una lastra
di sasso, le magre gambe distese e bianche. E ho visto la
gente che passava stipata a bordo degli autobus,
anche i più poveri e miseri, coprirsi la bocca e il naso
con fazzoletti per non respirare la polvere immonda.
Qualcuno si copriva anche gli occhi, forse solo per
non vedere.
Ma io ho visto.
Così come ho visto sari tanto colorate da farti
credere che Dio esista e donne bellissime indossarle con
portamento eretto e regale, mentre un uomo seduto
all’ombra di un grande albero, intento a intrecciare
dei cesti, le guardava passare. E ho visto un elefante
pitturato d’arancio in onore di Śiva camminare potente,
mentre un sādhu mi malediva per non avergli dato
l’elemosina. Ho visto un cammello orinare per strada,
mentre un sādhu mi benediva, augurandomi ogni felicità.
Ho visto neri cobra, docili nella mano dei loro incantatori,
muoversi flessuosi mentre li toccavo, e cani
lottare per una carcassa e azzuffarsi per il territorio,
sempre magrissimi e col muso affilato. Ho visto uomini
deformi camminare come cani a quattro zampe,
le gambe corte e dritte come le braccia. Un altro con
una piaga sulla testa, rossa e aperta fino all’osso. E
ancora uno che portava in giro i suoi enormi testicoli
con una carriola. Ma ho visto anche bimbi scintillanti
nel loro grembiule di scuola sorridere felici e orgogliosi,
il bianco dei denti abbagliante sotto i capelli
talmente neri da sembrare blu, pettinati con la riga,
e una bimba che sapeva appena camminare portare
una capra all’ovile tirandola per un orecchio. Ho visto
un vecchio col turbante arancio comprare un biglietto
della lotteria con sguardo speranzoso e le sponde di
un fiume far impallidire l’arcobaleno mentre le donne
scendevano vestite nell’acqua.
Ho visto due vitellini, uno marrone e l’altro grigio,
seduti nel mezzo di una stretta strada trafficata, che
non volevano saperne di alzarsi, incuranti del traffico
impazzito e delle spinte e promesse di uomini e carri.
E ho visto piramidi di colori in polvere, disposte su
piatti, coprire ogni frequenza percepibile all’occhio.
Ho visto gente dormire distesa al centro della
strada tra autobus e camion che passavano strombazzando
e una misera via di paese dove tutti, proprio
tutti, camminavano sorridendo.
Ho visto un uomo pregare volgendo gli occhi al
cielo, un altro inchinarsi con lo sguardo verso terra,
un terzo meditare tenendo gli occhi chiusi. Ho visto
gli occhi di un neonato truccati di nero, e tatuaggi
fioriti coprire le mani di sua madre. Piedi dipinti di
rosso, capelli dipinti di rosso, unghie dipinte di rosso,
fronti segnate con un punto rosso. E da linee bianche,
da strisce gialle, da segni d’oro. Turbanti azzurri
e viola e di nuovo rossi. Ho visto polvere di cemento
esposta come fosse cibo e cibo cotto con la merda di
vacca, tra la spazzatura.
Ho visto il proprietario di un negozio spazzare
con foga l’immondizia, spostandola davanti al negozio
vicino. Ho visto il proprietario del negozio accanto
fare la stessa cosa, ammassandola davanti al negozio
più avanti. E così via, lungo la strada, finché alla
fine qualcuno l’ha spostata di fronte e il giro è ripreso
all’inverso, dall’altra parte. La stessa immondizia che
girava sempre in cerchio, senza trovare una via di
fuga, perfetta immagine del saṃsāra.
E infine ho visto una vecchia, china, con una scopetta di
saggina in mano. La passava sulla strada sterrata,
alzando una nuvola di polvere che lenta tornava a
posarsi per terra. Non c’era nulla da spazzare, solo la polvere
che continuava a ricadere al suo posto.
Un compito immane, un compito inutile.
Come la vita di ognuno.
Eppure a vederla era meravigliosa.
lacova77 (proprietario verificato)
ho visto la copertina del libro di marco, con il signore stile “compagnia delle indie” che tiene in mano lo specchio. anche se non mi dispiace, nonostante l’anacronismo dell’immagine – l’india non è immobile e atemporale come molti continuano a sostenere – il fatto di aver tolto l’elefante toglie attualità. non si potrebbe cercare di far coesistere le tre immagini? inoltre perchè lo sfondo ricorda solo l’india mughal? l’india è sfacettata; o si cerca di mostrarne i molteplici volti o è meglio non sottolinearne nessuno. oltrettutto il libro di marco, se ben ricordo, non fa risaltare alcun particolare passato.
Anna Rivolta (proprietario verificato)
India magica, mistica, misteriosa, dove ho trascorso 40 giorni, rivissuta nelle immagini realistiche, filtrate dagli occhi di Marco con il linguaggio del cuore…