Mi chiamo Roberto, ho trentadue anni e sono un fisioterapista.
Amo la mia vita, amo il mio lavoro e, soprattutto, adoro praticare sport.
Come tutti, ovviamente anch’io ho i miei problemi.
Ma nonostante ciò, mi ritengo una persona estremamente fortunata. Mi alzo al mattino con la voglia di fare del bene, di provare nel mio piccolo ad aiutare gli altri, soprattutto grazie alla mia bellissima professione.
Quando ho del tempo libero mi piace dedicarlo a qualche svago; su tutti, ultimamente, svetta prepotentemente il ciclismo. Mi fa stare bene pedalare come se non ci fosse un domani, godendomi il momento e flirtando in continuazione con la fatica e con il piacere di provare ad avvicinarsi ai propri limiti.
Questa è la mia vita. O almeno, questa era la mia vita fino al giorno in cui ho pescato un evento avverso e indesiderato dalle tessere “imprevisti e probabilità” del Monopoly, ed è spuntato fuori l’incidente.
Giorno 0
Prologo – il mio angelo custode
Domenica 28/02/2021
Puglia, fine febbraio.
Sveglia all’alba e mi rendo subito conto che sarà una giornata super soleggiata, quasi a voler manifestare in modo netto ma dolce una fantastica primavera in anticipo.
Non esiste miglior modo per me di combinare una domenica con un clima simile a una bella passeggiata in bici; o meglio, a un bell’allenamento in bici, da corsa o da strada che dir si voglia. È vero che interpreto l’uscita in bici come una piacevole passeggiata, ma è anche vero che da un paio di mesi a questa parte mi sto allenando bene, almeno tre volte a settimana, mi sento in forma smagliante e ho programmato la partecipazione a una gara che si terrà il 25 aprile. In realtà non è una vera e propria gara, in gergo ciclistico si chiama randonnée e indica un evento in cui non contano i tempi o l’ordine d’arrivo, l’importante è concludere l’intero percorso. Anche perché nel mio caso specifico, trattandosi di una Gran Fondo, già completare il percorso previsto di 170 chilometri con oltre 3200 metri di dislivello, per chi come me si allena regolarmente in bici da pochi mesi, sarebbe un risultato trionfale, come vincere una Classica Monumento o il Campionato del mondo.
Ho affrontato parecchie salite ultimamente, quindi avendo già messo del fieno in cascina, decido di godermi un giro in modalità solitaria andando verso il mare. Percorso previsto: 106 chilometri, partenza alle otto in punto da Francavilla Fontana dopo una ricca colazione, sosta dopo quasi 60 chilometri nella bellissima Porto Cesareo e rientro verso casa. Non faccio in tempo a cominciare a far girare le gambe con il rapportone, né a godermi i paesaggi che costeggiano il mare e un leggero e graditissimo vento a favore, che già mi ritrovo all’ingresso di Porto Cesareo, dopo poco più di un’ora e mezza di strada; mi rendo conto di essere molto vicino al punto previsto per la sosta quando osservo davanti a me le panchine con vista mare, mio primo traguardo di giornata.
Mancano ancora pochi incroci lungo questa strada.
Un solo incrocio.
Bum.
Un botto tremendo contro un’automobile che stava attraversando, proveniente da destra. Ricordo di aver provato a frenare e a evitarla e poi, un nanosecondo prima dell’impatto, di aver chiuso gli occhi.
Dopo un attimo di smarrimento mi ritrovo in piedi che appoggio la bici, apparentemente integra, a un palo all’angolo della strada e sto tamponando il sanguinamento copioso dal sopracciglio.
L’autista coinvolto nell’incidente, per fortuna illeso, si affretta a procurarmi del ghiaccio e dei fazzoletti. Altri passanti, molto gentili e premurosi, si preoccupano delle mie condizioni, lasciandomi dell’acqua e altri fazzoletti; io li ringrazio ma al tempo stesso li liquido rassicurandoli di star bene, preoccupandomi invece di aver notato i miei occhiali da sole con lenti graduate ormai distrutti, riversi sull’asfalto.
Attraverso la strada per raccoglierli, torno all’angolo dove avevo poggiato la bici e inizio a fare la conta dei danni: dito indice della mano destra profondamente sbucciato, ferita sanguinante sul sopracciglio ma che pian piano sembra ridurre le gocce di sangue che comunque avevano già inondato parte del marciapiedi, spalla leggermente indolenzita.
Ma sì, in effetti la botta l’ho presa, è normale che la spalla faccia un po’ di capricci.
L’enorme quantità di adrenalina ancora in circolo decide al posto della mia mente: «Bene, sembra sia tutto ok, ora monto nuovamente in sella, vado finalmente a sedermi dieci minuti di fronte al tanto desiderato mare – così nel frattempo la ferita all’occhio smette anche di sanguinare – e poi riparto verso casa! Anzi, prima di tutto rimuovo le macchie di sangue dal telaio celeste brillante della mia Bianchi Sprint, sia perché alla mia bici ci tengo molto più che alla mia macchina, sia perché vorrei evitare di raccontare ai miei dell’incidente, meglio schivare questa incazzatura gratuita!».
Nel momento esatto in cui afferro la bici per risalirci, quindi mente e corpo hanno obbedito alla presa di potere del partito insurrezionalista dell’adrenalina, ecco spuntare alla mia destra la figura inaspettata e magnanima del mio angelo custode. Un uomo sulla sessantina portati molto bene, educato ma deciso, garbato nei modi e nel presentarsi, mi invita ad accomodarmi all’interno del centro estetico della moglie, proprio situato in quel benedetto incrocio, per prestarmi le adeguate cure. Gli mancavano solo ali e aureola, ma ripensandoci bene a mente lucida, credo che le avesse davvero.
Io rimango basito e ringrazio di cuore, ma c’è sempre in atto un colpo di Stato militare gestito dal Generale Adrenalina: voglio tornare a casa pedalando e voglio farlo quanto prima. Non so come, ma il signor Azelio riesce a convincermi, si carica la bici in spalla, prende il mio casco che solo in quel momento si mostra ai miei occhi danneggiato da quattro graffianti strisce di asfalto, e mi fa accomodare nella sala d’attesa.
Una volta seduto inizio a rilassarmi e dentro di me torna pian piano la democrazia, tramite pillole di lucidità e presa di coscienza della reale situazione. Arrivano moglie e figlia di Azelio, e tutti e tre iniziano a medicare le mie ferite rassicurandomi. Il mio angelo custode inizialmente propone di accompagnarmi in macchina al pronto soccorso del mio paese, successivamente passa all’imposizione. In effetti inizio a rendermi conto di poter avere una clavicola fratturata, dai movimenti dolorosi accompagnati da un sonoro e perfido clic.
Mi faccio accompagnare fino a quindici chilometri da casa, dove avviene il cambio di consegne con il secondo tassista, il mio amico Antonio, precedentemente avvisato dell’accaduto.
Non smetto di ringraziare Azelio e la sua famiglia per le enormi attenzioni e cure avute nei miei confronti, che subito inizio a fare lo stesso con Antonio per essersi prestato a completare l’opera. Il resto è un’intera sofferente giornata al pronto soccorso: in sintesi, il bollettino medico riporta otto punti di sutura tra palpebra e sopracciglio, una profonda ferita al dito indice della mano destra, una clavicola fratturata, ahimè esattamente come temevo.
A volte è preferibile una beata ignoranza anziché trovarsi coinvolti nelle stesse situazioni che riguardano esattamente ciò che si pratica ogni giorno come professione.
Dunque una giornata che era iniziata con un’alba speranzosa e piena di voglia di pedalare al sole e al mare si conclude al freddo di un tramonto di febbraio, con un vento gelido di tramontana che accompagna il mio mesto rientro a casa. Come canta Ermal Meta in Dall’alba al tramonto, “dicono che il mondo gira solo in senso opposto”, e nel mio caso oggi è girato davvero in senso opposto a come l’avevo immaginato; tuttavia, lo stesso brano continua con: “dicono che prima o poi ritrova il verso giusto”, e non mi resta che alimentare questa speranza.
Matilde Sardiello
Complimenti Roberto.
Un racconto originale, inedito, mutuato dai vari colori della vita. Lo leggerò con piacere per imparare ad ascoltare e a capire l’anima di chi vuole raccontare.
Concetta Aprile (proprietario verificato)
L’empatia profonda (con “le due ruote”, con la natura e con le persone che il suo lavoro gli permette di incontrare), che si può “respirare” dall’anteprima del DIARIO DI UN (IN)FORTUNATO FISIOTERAPISTA, mi ha fatto venir voglia fin da subito di leggere il sequel di questa “cronaca di un incidente annunciato” per scoprire cosa si celi dietro quel fatidico incrocio…
Tiziana Tondi
Che bello scoprire che adesso sei anche uno scrittore, Roberto. Non vedo l’ora di leggere il tuo libro, che prenoto immediatamente. Ti auguro il successo che meriti. Orgogliosa di essere stata una tua docente 😘
Maria Immacolata Lacorte (proprietario verificato)
….che dire…..chi ottimizza il proprio tempo, soprattutto quando “questo tempo” può sembrare non in favore, ha in sé la voglia di godere appieno della vita e di guardare sempre oltre …scoprendo x gioco i propri Talenti e ,se pensiamo chei siamo nati proprio per questo!!…intanto non vedo l’ora di scoprire i prossimi capitoli … GRAZIE x questo tuo dono Roberto….sono in intrepida attesa 😉