È passato un anno da quando Giuseppe Mantegna ha abbandonato tutto: la ricchezza che aveva accumulato, gli agi e i vizi di cui aveva goduto e il tempo perso per inseguirli e conquistarli. È un anno che, insieme al cane Geremia, attraversa l’Italia in lungo e in largo alla ricerca di fiere e sagre di paese in cui leggere i tarocchi e guadagnarsi quel tanto che gli basta per vivere. Eppure – anche in questa apparente libertà – paure, incertezze, ricordi del passato tornano a fargli visita nella notte: sono sogni a puntate, così li chiama, e proprio in questi sogni a puntate conosce lo stravagante Joseph e la banca del DivinDinero.
I – UN ARCO ARGENTEO
«Fermi tutti, questa è una rapina!»
La voce di Joseph era rauca, tesa e semisoffocata dal passamontagna di lana che si era ficcato in testa per non farsi riconoscere.
Nessuno gli fece caso.
Nella banca c’erano poche persone, e solo due casse aperte. Ma ormai aveva deciso, e tornò a gridare con più vigore, agitando la pistola: «Fermi tutti, questa è una rapina!».
La donna davanti a lui stava compilando un modulo; era giovane, vestita con un tailleur giallo chiaro, e non fece alcun segno di averlo udito. Joseph, esasperato, abbassò il passamontagna – il sudore gli colava a rivoletti – e agitò la pistola. Finalmente il cassiere, un uomo alto di mezza età, vestito con semplice eleganza, lo notò.
«Avete capito? Non è uno scherzo questo.»
La voce di Joseph adesso, non più bloccata dal passamontagna, si udiva chiaramente, e lui respirò di sollievo: almeno, ora, lo avrebbero ascoltato!
La ragazza restò con la penna alzata e si girò lievemente verso di lui, che squittì furibondo: «Non mi guardi! Si volti! Tutti giù per terra!».
Il cassiere elegante abbassò gli occhiali sul naso, per poterlo guardare al di sopra delle lenti – occhi chiari, un po’ stupiti: «Oh, signor Mantegna! Non la aspettavamo così presto. Prego, mi dica che cifra le occorre».
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Joseph si sentì collassare, e strinse freneticamente la pistola. Come diavolo faceva quell’uomo a conoscerlo? E poi, diceva che lo stavano aspettando! Nessuno si stava scomponendo per la sua irruzione. Per una frazione di secondo, si vide dal di fuori: un giubbotto di pelle nera screpolata dai molti anni d’uso; jeans aderenti e stivaletti di pelle nera alla cowboy… e soprattutto quel ridicolo passamontagna! Se lo tolse di testa stancamente, si lisciò i bruni capelli sudati, e si avvicinò alla cassa – la giovane giallovestita se n’era andata nel frattempo, salutandolo con un leggero cenno del capo – e lui neppure aveva tentato di fermarla… forse ormai era andata ad avvisare la polizia.
Il cassiere gli porgeva un modulo, con quella gentilezza che lo aveva tramortito fin dal primo momento: «Ecco qua, compili per piacere: numero di conto, importo…».
Joseph balbettò: «Ma io, veramente, mica ce l’ho, un conto, qui…».
Il cassiere sorrise apertamente, aprendo le braccia in un gesto accogliente: «Evvia, signor Mantegna! Certo che ce l’ha!». Consultò rapidamente il registro. «Quattordici-dieci-quattordici, eccolo qua.»
Joseph scrisse nervosamente il numero, mentre nella sua testa ancora accaldata vorticavano mille pensieri. Ho un sosia. Di certo. Un sosia stravagante che si può permettere di arrivare in banca e fingere una rapina. Allora è un miliardario dai gusti strani, e la banca gli lascia fare tutto quello che vuole. Ecco. Però… il cognome è il mio.
Il cervello si arrestò – si sentiva in un cortocircuito mentale. La testa vuota, l’occhio vitreo, Joseph velocemente scrisse l’importo che aveva pensato gli avrebbe fruttato la rapina – detrasse rapidamente alcune spese ora non più necessarie – e porse con un gesto stupito la cedola al cassiere. Il quale non si scompose, e gli chiese: «Bene; li vuole in biglietti da duecento o cinquecento?».
Joseph annaspò, ingurgitò l’aria, sorrise al cielo e finalmente balbettò: «Oh, non ha importanza, faccia lei».
Il cassiere andò alla cassaforte – quante volte aveva immaginato questo gesto, il nostro Joseph! E tornò con le mazzette di banconote. Gliele porse. «Firmi qui, per ricevuta, grazie.»
E Joseph firmò, con tutta la nobiltà di cui fu capace. Infilò le mazzette sotto il giubbotto di pelle, che gli faceva un caldo boia.
«Arrivederla, signor Mantegna. A presto.»
Joseph uscì, con passo da sonnambulo. Teneva tutte le mazzette strette al petto, venti milioni di lire in biglietti fragranti; in mezzo al petto il cuore gli batteva come un tamburo selvaggio.
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