Il piccolo sentiero si trovava piuttosto vicino al villaggio e, poco dopo mangiato, Mpemba era già sul posto. Per quanto degradato apparisse ciò che rimaneva dell’antica abitazione, essa doveva esser stata assai resistente, altrimenti a distanza di duecento anni non ne sarebbe sopravvissuta nemmeno una traccia.
Mpemba si addentrò lentamente tra i detriti. Aveva certamente il timore di ferirsi, ma ciò che più lo frenava era il ricordo di quella maledetta “profezia”, e il continuo riferimento al “fuoco” che sembrava quasi perseguitarlo. Il tetto, così come il piano superiore, era completamente collassato nello spazio tra i muri perimetrali, e dovette faticare parecchio per rimuovere anche solo una minima parte delle macerie. Neppure lui era sicuro di cosa stesse cercando esattamente; d’altronde, cosa mai poteva esservi dopo tutto quel tempo alla mercé di pioggia, vento e neve?
Proprio quando stava per cedere all’evidenza e abbandonare definitivamente quel sito solitario, scorse un oggetto metallico di forma circolare parzialmente coperto dai resti marci di una grossa trave. Si liberò dei rifiuti con facilità, fino a scoprire totalmente un piccolo ma massiccio anello di ferro; esso poggiava su una specie di asse di legno rinforzata con piastre e borchie metalliche, quasi del tutto ricoperta da erba e sterpaglie.
Una botola? Aver indugiato nel casale abbandonato si stava rivelando una mossa incredibilmente vincente.
Sbloccare fino in fondo quel meccanismo in modo da riuscire ad aprirlo fu decisamente complicato; Mpemba non disponeva degli strumenti adeguati, ma al tempo stesso si sarebbe ben guardato dal coinvolgere la gente nei dintorni. Forzare la botola con il maldestro ausilio di qualche ramo particolarmente robusto e di mattoni usati a mo’ di martello gli richiese l’intero pomeriggio, ma alla fine il peso degli anni sul ferro arrugginito e la tenacia dell’Ambasciatore ebbero la meglio, e il coperchio si sollevò.
Al di sotto vi era una cavità di forma rettangolare, le cui pareti di mattoni erano talmente corrose da far pensare che avrebbero ceduto da un momento all’altro. Lo spazio era abbastanza grande da accogliere tre, forse quattro persone, ma subito realizzò che il suo scopo era ben diverso. Ammassati sul fondo e quasi interamente distrutti dall’acqua che negli anni era penetrata attraverso la botola non perfettamente sigillata, vi erano numerosi libri, qualcosa che non avrebbe mai immaginato di rinvenire in un luogo simile.
Non aveva un fisico molto atletico, e calarsi in quel buco gli risultò alquanto scomodo.
Con il sole che iniziava ad abbassarsi all’orizzonte, cercare di identificare i fragili tomi diventava ancor più difficile. Questi si trovavano in condizioni veramente precarie, al punto che Mpemba si chiese se sarebbe riuscito a portarne via qualcuno senza rovinarlo irreparabilmente.
Prese a sfogliarli delicatamente uno ad uno, ma quasi nulla era stato risparmiato dal tempo e dalle intemperie. Da quel poco che risultava ancora leggibile, intuì che i testi trattassero gli argomenti più disparati, dalle tecniche di costruzione alla botanica, dalla medicina all’agricoltura. Doveva essere quello il segreto dello “straniero”: la sua sterminata conoscenza derivava probabilmente proprio dalla lettura di quei volumi. Ciò che lo sorprendeva maggiormente, però, era che un uomo apparentemente senza legami coi vertici di qualche villaggio avesse potuto accedere ad una simile quantità di informazioni; per non parlare poi del solo fatto che fosse in grado di leggere.
In ogni caso, qualcosa nel linguaggio di quegli scritti non lo convinceva; sembrava in qualche modo più elaborato rispetto a quello a lui più familiare, pur essendo evidentemente ben distante dall’idioma degli Antichi. Conosceva una sola persona capace di aiutarlo a gettar luce su quel mistero: Yago, una volta il suo abile apprendista, divenuto da tempo Scriba del Rigu. Nessuno in tutto il Rigu dominava la lingua scritta meglio di lui, e per questo decise di sottoporgli gli strani volumi.
Si affrettò a selezionare i tomi che apparivano meglio conservati; del resto, senza più la copertura della botola, sarebbe andato tutto irrimediabilmente perduto con la prima pioggia.
Nel risalire le pareti di quell’anfratto portando con sé i preziosi libri, si accorse di un particolare che inizialmente gli era sfuggito. Ogni scritto recava inciso sulla copertina uno strano simbolo geometrico, costituito da tre triangoli privi di base affiancati l’uno all’altro. Quasi certo di non averlo mai visto prima, decise di consultare l’Archivio di Migarzo.
Richiusa l’apertura con quanto restava del pesante coperchio e ricoperto il tutto con terra e mattoni, se ne andò.
“Scommetto che questa visita non è motivata dal desiderio di raccontarmi le tue ultime avventure!” Gli disse scherzosamente Yago, che Mpemba aveva raggiunto nel corridoio dopo la riunione del Consiglio.
“Ma no, ogni tanto una chiacchierata fa bene anche a me!” Gli rispose per le rime l’Ambasciatore.
Poi, abbassando leggermente la voce, aggiunse:
“C’è qualcosa che voglio mostrarti; però è meglio se ci incontriamo in un momento di maggior calma”.
“Diciamo stasera dopo cena?” Domandò Yago, il quale aveva capito immediatamente che doveva trattarsi di una questione delicata.
Mpemba annuì con un cenno del capo, e i due si accordarono per trovarsi a casa dell’Ambasciatore quella sera stessa.
Aveva appena finito di mangiare, quando udì bussare alla porta. Era ancora molto presto: il suo ex-apprendista doveva essere proprio impaziente.
“Allora, a cosa devo tutto questo mistero?” Lo incalzò Yago, facendo del proprio meglio per celare un’insaziabile curiosità.
Estratti i tomi da una sacca di pelle, Mpemba li posò delicatamente sul tavolo. Lo Scriba vi si avventò letteralmente sopra, stando comunque ben attento a non danneggiarli.
“Dove li hai trovati?” Chiese serio dopo averli esaminati in lungo e in largo.
L’Ambasciatore gli raccontò la storia dello “straniero” e della sua esplorazione del rudere tra Migarzo e Karobi. Il giovane Scriba lo ascoltò con grande attenzione e, quando ebbe finito di parlare, si portò la mano sinistra sul mento, prendendo a massaggiarselo nervosamente.
“In effetti la lingua è molto strana”, si espresse infine, “è indubbiamente più forbita di quella corrente, quasi come se risentisse della maggior vicinanza temporale con quella degli Antichi; però sono certo che non si tratti di quell’idioma perduto…”
“Non ho mai trovato niente di simile in Archivio”, ribatté Mpemba. “Se non sbaglio, gli Annali più antichi risalgono al -127 AUC”.
“Già”, gli rispose l’altro pensieroso, piombando nuovamente in silenzio.
L’Ambasciatore capì che quella discussione non li avrebbe portati molto lontano, così decise di mostrare a Yago lo strano segno in copertina, che questi, dalla smania di sfogliare le pagine, non aveva notato.
“Curioso!” Esclamò lo Scriba, “lo riconosco: è l’antico simbolo di Kastri, in disuso dai tempi dell’Unificazione. Ma perché riportarlo su un libro del genere?”
Mpemba, pur non avendo una risposta a quella domanda, aveva finalmente una pista da seguire. “Storia antica” era la sezione dell’Archivio in cui aveva trascorso più tempo negli anni dell’adolescenza, quella in cui si muoveva meglio; trovare informazioni di quel tipo sarebbe stato un gioco da ragazzi per lui.
Dopo aver pregato l’Ambasciatore di tenerlo aggiornato su qualsiasi sviluppo, Yago si congedò, e Mpemba si ritrovò solo a scorrere tra le mani le invisibili testimonianze di una passato quasi completamente dimenticato.
I giorni seguenti furono assai densi di lavoro per l’Ambasciatore Generale, che aveva deciso di portarsi avanti coi compiti in sospeso per potersi ritagliare tutto il tempo necessario alla sua ricerca in Archivio.
Quest’ultima si rivelò più ardua del previsto. I riferimenti al vecchio stemma di Kastri certamente non mancavano, ma non era in alcun modo menzionata l’esistenza di testi scritti legati a quel villaggio in particolare.
La svolta giunse quando, spulciando a lume di candela uno degli Annali più antichi catalogato semplicemente come “-88 AUC”, si trovò di fronte a queste righe:
“Dell’incendio alla Biblioteca di Kastri.
Durante la notte, fiamme dall’origine sconosciuta sono divampate nell’antico Archivio a Kastri. Secondo le notizie ricevute, l’edificio e tutti i tomi in esso conservati sono andati perduti.
Gli Anziani di Migarzo varano diverse misure per incrementare la sicurezza della Biblioteca del villaggio, ad oggi la sola esistente”.
Mpemba si interruppe in quel punto; seguiva solamente una lunga serie di disposizioni per salvaguardare lo stesso luogo in cui ora stava leggendo.
Come poteva non averlo scoperto prima? Era incredibile che ad un evento di tale portata fosse stata dedicata appena qualche parola in un oscuro resoconto di leggi e prescrizioni emesse da un’amministrazione locale.
Il ragazzo era sempre cresciuto nella convinzione che l’unica raccolta di testimonianze scritte all’interno del Rigu si trovasse a Migarzo. Ora, invece, veniva addirittura a sapere non solo che era esistito un altro Archivio, ma che questo aveva ospitato testi persino antecedenti ai più vecchi a lui noti.
Molti dubbi cominciarono a sorgere dentro di lui, ma di una cosa adesso era certo: lo “straniero” trasferitosi a Karobi aveva recuperato quei libri nella Biblioteca di Kastri prima della sua distruzione. Forse egli stesso era originario di quel villaggio, e ciò spiegava perché gli Anziani di Karobi si fossero convinti che venisse da est.
Ad ogni modo, il pensiero che un simile tesoro fosse andato perduto causava la nausea al giovane Mpemba, il quale sentì più che mai la necessità di fuggire da quello spazio ristretto per prendere una boccata d’aria.
No, non poteva essere una semplice coincidenza; la scomparsa dell’Archivio a Kastri era stata fatta passare volutamente in sordina, e non si poteva nemmeno escludere che lo stesso incendio fosse stato appiccato di proposito. La distruzione della Biblioteca, tutta quella diffidenza verso lo “straniero” e la sua conoscenza…cosa c’era davvero dietro? Sembrava quasi che la gente di due secoli prima intendesse rigettare a tutti i costi la saggezza degli Antichi, come se essa fosse stata qualcosa da temere.
Continuare a rimuginarci sopra non gli avrebbe portato alcun beneficio, e così si risolse di fare ritorno a casa. Il giorno dopo si sarebbe recato a Kastri, nella speranza di riuscire a raccogliere qualche ulteriore indizio che lo aiutasse a capire.
Giovanni Eruzzi
Siamo arrivati all’obiettivo di 200 copie pre-ordinate con 50 giorni di anticipo: “Dove si getta il fiume” diventerà quindi un libro a tutti gli effetti.
Ringrazio tantissimo tutti coloro che hanno reso possibile raggiungere questo traguardo! Continuiamo così!!!
Avete tutti dato il vostro contributo alla salvezza del Rigu, e per questo vi sarò sempre grato!
Giovanni
Fabienne Festagallo
Immergersi nel fiume di Giovanni Eruzzi significa lasciarsi trasportare dalla corrente della Storia dell’umanità. Tra passato e presente c’è sempre uno sguardo nel futuro, ma se non si coglie il presente il futuro sarà una chimera. Mario Murru
Fabienne Festagallo
Titolo meraviglioso, che stimola la lettura dell’anteprima. Leggendo l’anteprima si desidera leggere il resto della storia, non per scoprire come andrà a finire, ma per lasciarsi catturare da cosa succederà pagina dopo pagina. Un romanzo che merita essere letto e divulga.