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Echi di passato

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Sono passati diversi mesi da quando Andrea e Simona si sono lasciati alle spalle la ricerca delle statue benefiche e malvagie: ormai conducono una vita tranquilla in Sardegna. La loro serenità, però, viene improvvisamente turbata da una vecchia conoscenza: Laura, in contatto con l’Organizzazione segreta, chiede loro di recarsi a Napoli, dove si sospetta che si trovi una statua maligna. La coppia, insieme al fidato amico Mauro, accetta l’incarico e parte, senza sospettare che un uomo senza scrupoli è sulle loro tracce.
Questa avventura non solo catapulta Andrea, Simona e Mauro in una nuova impresa, ma rivela anche l’origine delle statue misteriose, risalendo ai tempi del poeta Virgilio e a epoche ancora più remote.

Capitolo 1

Le onde si infrangevano sulle rocce della caletta racchiusa fra le basse alture, un lembo di sabbia che resisteva all’usura, il profumo di elicriso che si mischiava nella brezza del mar Mediterraneo. Un sentiero saliva, fra i lentischi, fino a giungere a una bella casa, cinta da un prato punteggiato da grandi e maestosi ulivi. Un portico in legno scuro si affacciava alla vista del mare, illuminato dalla luna che rifletteva la sua luce sull’acqua, lontano.

Lì sotto, un uomo sedeva su una vecchia poltrona. Erano diversi giorni che dormiva male. Chiamò Alex, il suo gatto, che balzò silenzioso sul cuscino, correndo dal soggiorno. Lo accarezzò, mentre faceva le fusa. Nelle notti come quella, riusciva a rilassarlo, ad aiutarlo a mettere ordine ai pensieri. Di solito si riaddormentava. Ma durante quelle ultime notti, puntualmente, si alzava e poi usciva fuori, ad aspettare l’alba.

Forse non si era ancora abituato alla pace, ai profumi e al vento, sempre presente. Forse gli mancava il puzzo della città, la vista rassicurante di un orizzonte più contenuto.

Sul tavolino di fronte a lui c’era un blocchetto di fogli. Ricordava la prima volta che aveva visto lei, a Torino, come se fosse successo un secondo prima. Prese la penna e scrisse di quando, quella prima volta, la vide, nel cuore della città, di come il suo profumo lo pervase, indelebilmente.

Dei passi leggeri lo distrassero, mentre guardava la luna così luminosa e bella, seduto sulla vecchia sedia di legno di quercia, sul portico di granito. Alex saltò giù dalle sue ginocchia, tornando pigramente dentro casa.

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«Non riesci a dormire, tesoro?» domandò Simona, cingendogli le spalle per dargli un bacio sul collo.

«Russi come un trattore.»

«Non è vero» rispose lei, accarezzandogli i capelli.

Andrea si girò e le diede un bacio.

«Ti ho svegliata?»

«Cosa scrivi? Sai, ho fatto un sogno. Eravamo in Islanda. Su una mongolfiera. Stavamo sorvolando un vulcano, poi con un boato ha eruttato una colonna di fumo che ci ha fatto salire in alto velocissimi. Sempre più in alto. Avevo i piedi gelati. Infatti, mi sono svegliata e tu non c’eri a scaldarmeli.»

«Ti piacerebbe tornarci?»

«Certo. Ho voglia di fare un viaggio. In qualsiasi posto. È tanto che non ce ne andiamo in giro.»

«Devo ancora finire quel progetto con tuo cugino. Ci vorrà una settimana, credo. Hai tutto il tempo di organizzare.»

«Non voglio organizzare nulla. Ho voglia di partire e basta. Fammi vedere cosa stai scrivendo.»

«Non è niente. Scrivevo di quando ti ho conosciuta.»

Lei sbirciò i fogli.

«È bellissimo. Ti amo, tesoro.» Lo baciò.

Andrea la guardava. Ogni giorno che stava con lei, pensava che diventasse sempre più bella. Ogni giorno scopriva qualcosa di nuovo di lei. Una sua mania, un suo gesto, una frase divertente. Era come sfogliare un libro senza fine. Certo, litigavano talvolta. Lei era sempre risoluta, lui cocciuto. Lui era solitario e lei faticava a esplorare questo suo lato. Ma Andrea sentiva che la sua presenza stava dolcemente invadendo anche il suo mondo interiore.

«Anche io ho fatto un sogno.»

«Era più bella di me?» chiese lei, mordendogli l’orecchio.

«Direi proprio di no. Ho sognato la statua nera. Era tutto confuso. Non riesco mai a ricordare bene il posto.»

«Hai fatto lo stesso sogno altre volte?»

«Credo di sì. È difficile dirlo, perché non ricordo mai bene. Ma mi rimane sempre questa sensazione. La statua nera e un luogo indistinto.»

Si sedette anche lei, di fronte a lui, e gli poggiò i piedi sulle ginocchia.

«Quella cosa non esiste più» sentenziò, cercando di dissolvere i brutti ricordi.

«Lo so. Sono solo sogni. Forse, come dici tu, la mia testa ci sta dicendo che dobbiamo fare un bel viaggio avventuroso.»

«Esatto. Ma questa volta ce lo godiamo.»

Le colline, ricoperte di macchia mediterranea, si illuminarono della luce del sole, piano piano. Il prato davanti alla casa era imperlato di rugiada. Il profumo intenso della terra umida risaliva e una leggera brezza lo trasportava verso il mare azzurro, poco lontano.

Simona tornò a dormire un altro po’, mentre Andrea attese che il sole diventasse alto. Poi camminò attorno alla casa, dando una sistemata qua e là agli arbusti. Quando sentì odore di caffè, rientrò. Simona era ai fornelli che spadellava.

L’ampio ambiente dava una sensazione rassicurante, i muri in pietra come si facevano un tempo, il pavimento di tavole di quercia consumate dagli anni, l’arredamento moderno che si integrava con lo stile antico.

«Hai fame, tesoro? Io sì. Sto facendo le frittelle.»

Mentre facevano colazione insieme, Simona domandò: «Vuoi che chieda a mamma se ha qualche rimedio per dormire? Mi ricordo che, da piccola, faceva una specie di infuso per papà».

«Sicura che non mi avvelena?»

«Che scemo. Lei ti vuole bene, lo sai» rispose ridendo.

Squillò un telefono.

«Sì, pronto?» rispose Simona. «Ciaooo! Quanto tempo… Noi bene… Immagino, sì… Lavoro, più che altro… Sì, infatti… Davvero? Non ci credo! Ma certo! Non vedo l’ora! Ok… perfetto.»

Andrea la guardò incuriosita.

«Sai chi era? Non ci crederai mai. Da quanto non la sentivo! Che bello… E sta venendo qui! Ha chiesto se poteva stare da noi e le ho detto di sì, ovviamente.»

«Chi?» chiese Andrea, sospettoso.

«Laura! Domani arriva.»

«Davvero?!»

Anche l’umore di Andrea cambiò subito. Era da quell’incredibile viaggio che non la vedevano, già un anno prima. Tutto si era adeguato in una normale quotidianità, anche se per Andrea era stato un cambio di vita importante. E ora, la sua chiamata li riportava indietro, risvegliava in loro l’emozione nutriente dell’avventura.

«I tuoi sogni! Erano un segno.»

«Non vedo l’ora di vederla» disse lui.

«Anche io. Dici che ci sarà anche Manuela? Non mi ha detto nulla.»

«Quando hai detto che arriva?»

«Domani sera. Mi ha chiesto se possiamo andare a prenderla a Elmas.»

«Io penso di liberarmi a fine mattina. Dopo pranzo, tuo cugino deve fare il giro dei cantieri.»

«Non vorrà portarti con lui?»

«Sicuramente, ma tanto non ci faccio nulla. Vuole solo compagnia. Se la caverà da solo.»

Il resto della giornata fu emozionante.

2024-10-22

Aggiornamento

Vorrei ringraziare tutti quelli che mi hanno sostenuto in questa nuova avventura. Spero che le mie storie vi piacciono e possano allietare un po' del vostro tempo con un pizzico di magia. Grazie grazie grazie! Non vedo l'ora che echi di passato possa essere sfogliato da tutti gli amanti di bella narrazione

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Nicola Mannai
Nasce a Marostica nel 1972 e a otto anni rimpatria in Sardegna con la famiglia. Spinto dalla passione per la tecnologia e il gioco, negli anni Duemila, con il suo amico storico, avvia un’attività di informatica che sfocia anche nell’intrattenimento. Appassionato da sempre di lettura e dotato di una fervida fantasia, nel tempo ha scritto brevi racconti fino alla stesura di “La statua nera” (bookabook, 2023), il suo romanzo d’esordio, di cui “Echi di passato” è il sequel.
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