Elenco dei fuggitivi racconta storie il cui finale è lasciato alla libera interpretazione.
Le cause della fuga? Dall’allergia a rapporti stabili all’incapacità di gestire l’emancipazione femminile, dall’ansia di prestazione all’idea di fare del sesso con chi il sesso, al pari di un uomo, lo vive come un gioco (la cui partita termina raggiunta la casella “orgasmo singolo”) ai comportamenti reiterati di chi scambia il sentimento con il possesso pieno ed insano.
Pagine di una tonalità differente guardano al mondo che si agita prepotente oltre le punte dei nostri nasi.
“E non saprebbe dire quando la sua divenne una ossessionante dipendenza dal contatto con quella pelle che pareva diversa dalle altre, come se le mancasse un pezzo della sua di pelle in qualche punto del corpo e, da quel legame tendenzialmente tossico, tutto in lei si ricucisse, senza schiacciarla con un dolore lancinante, ma curandola da un male che con quella persona c’entrava ben poco”
Perché ho scritto questo libro?
Elenco dei fuggitivi è un libro che non è stato scritto in un arco temporale circoscritto. È un testo nato dalla necessità di mettere su carta fatti vissuti, ascoltati o immaginati. Elenco dei fuggitivi prende forma quando si nota che, quasi per caso, ogni componimento trova un perfetto incastro con i restanti. Mi ritrovo in alcune delle dinamiche descritte e sono quasi certa ogni lettore possa individuare all’interno un po’ di sé e stimolare un confronto sulla complessità dei rapporti.
ANTEPRIMA NON EDITATA
F
Fu l’amore più genuino che provò in vita, quello in cui ci si spoglia di ogni fronzolo che si indossa e in cui alla nudità dei corpi si accompagna quelle delle anime. Lei conobbe la parte peggiore di lui, quella che si schiaccia verso gli abissi e che non si lascia mai galleggiare in superficie per il timore che chi sta di fianco possa alternare la paura al ribrezzo, e per lui fu lo stesso. E su quel mare si annusarono per anni ferendosi a vicenda, mostrando senza vergogna ogni pensiero ignobile e ogni desiderio poco ortodosso. Lui le insegnò l’arte della difesa e la condanna alla chiusura e lei gli insegnò che al mondo le anime complementari girovagano e delle volte si incrociano
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M
Era una scena inverosimile o perlomeno lo sarebbe stata se in quel momento si fosse messa a riflettere sul fatto che erano trascorsi ben tre anni e forse più da quando era fuggito da lei o forse dal verme che lei avevo dentro o forse chissà lo aveva ingoiato lui. Eppure faceva un caldo così piacevole quel pomeriggio e lei era tanto ispirata da quell’agenda verde e da quella penna a inchiostro intenso, nero, e i pensieri riempirono così frettolosamente le pagine bianche, bianche completamente, e lo avvertiva che la guardava con l’approvazione di chi pensa tu stia facendo qualcosa di tanto bello quanto poetico. D’altronde doveva avercela pur vista, un tempo, in lui, qualche sintonia che si crea tra cuori frantumati dallo stesso colpo di martello. E pensare a quando quello sguardo sulla pelle le avrebbe indotto sudore e pensare che in quel momento provò solo una interminabile distesa di ciottoli di indifferenza e pensare che quando prese per la prima volta in mano una penna per dare forma ad un pensiero fu perché fu lui, lui solo, ad alimentarla, uno dei tasselli delle cose che non seppe, mai
B
E non saprebbe dire quando la sua divenne una ossessionante dipendenza dal contatto con quella pelle che pareva diversa dalle altre, come se le mancasse un pezzo della sua di pelle in qualche punto del corpo e, da quel legame tendenzialmente tossico, tutto in lei si ricucisse, senza schiacciarla con un dolore lancinante, ma curandola da un male che con quella persona c’entrava ben poco
T
E aveva percepito fino a non molto tempo prima il suo corpo come un involucro imperfetto ma attrattivo. Come uno strumento da concedere senza esserne gelosa perché, si narra, la condivisione sia alla base del rapporto umano. Qualcosa di cui prendersi cura affinché l’immagine che se ne ha nella testa coincida con quella affissa allo specchio. Ma poi furono dette da lui parole, delle volte a caso e delle altre appositamente, che devastarono la forza di quel corpo, libero, in precedenza. A quel punto lei lo imprigionò nell’intimo richiesto, negli abiti apprezzati e in una pelle continuamente esposta sotto una lente tesa a leggerne l’elasticità. Una gabbia, forse la più bella gabbia che l’avesse mai circondata, era stata eretta e le sbarre si ripetevano identiche, equidistanti, in circolo, senza lasciare spazio per un uscio. Di una via d’uscita non vi era traccia
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