Un amore intenso e appassionato, un legame che sembra indistruttibile. Si immergono l’uno nell’altra, condividendo sogni, segreti e momenti indimenticabili. Tuttavia, con il passare del tempo, le loro vite iniziano a divergere. Le incomprensioni si accumulano, le differenze emergono, e ciò che una volta li univa ora sembra separarli. A un certo punto, il loro amore finisce, lasciandoli con il cuore spezzato ma anche con la consapevolezza che, nonostante il dolore, quella storia li ha segnati profondamente, insegnando loro cosa significa amare e lasciar andare. Quattro racconti in cui un uomo e una donna riversano i loro demoni interiori, combattendo una battaglia ad armi pari contro l’altro e contro loro stessi.
Dell’amore
si nutrono anche
gli animi incattiviti
Ti aspetto sulla terra di mezzo,
in un bosco fatato pullulante di vegetazione,
sulla terra di mezzo,
un’ondeggiante striscia di terra incontaminata
in un bosco fatato pullulante di vegetazione,
bagnata dal mare,
bagnata dalle onde,
bagnata alla riva.
Sul versante nord-ovest
l’aria è fredda,
quel freddo sottile che ti batte dritto sulle ossa
e non è molta la quantità di ossigeno
e gli alberi sono altissimi,
che il sole non riesci a guardarlo
e non c’è mai silenzio
perché la natura fa rumore.
E io ci ho già incontrato uno gnomo,
spirito della terra e del sottosuolo,
alto poco più di dodici pollici e mezzo,
un cappello a cono blu cobalto
e una casacca sgualcita e bottoni d’oro,
e qui l’oro e lo stagno hanno ugual valore
e il gusto delle more e dei ribes
e del mirtillo rosso
non tradiscono il palato
e non piovono bombe
ma aghi di pino e foglie secche.
E vive in una casetta,
alta poco più di diciotto pollici e mezzo,
in legno di ciliegio.
La porta è robusta e tondeggiante
e sul fronte è intagliato il suo nome.
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Il suo vicino di casa è un gigante,
ha un solo occhio,
capelli radi e triplo mento.
Anche il gigante indossa una casacca sgualcita,
l’equivalente di settecentodue casacche sgualcite dello gnomo.
La barba è incolta e ha riflessi rossi
ma lo gnomo non lo fa notare al gigante,
che il suo grosso viso e il suo unico occhio
spaventano il bosco,
perché trattasi di un gigante buono,
che quando è buio alla sera
e le lucciole stan vagando in altra zona,
il gigante prende lo gnomo in spalla
e lo avvicina al barlume della luna,
che da lassù si possono distinguere
le punte degli alberi
e la lunghezza dei ruscelli
e la consistenza spugnosa di una nuvola
e i colori della terra coltivata
e i colori della terra selvatica.
E che dire della principessa,
vive all’estremità del bosco,
un fossato circonda il castello,
coccodrilli vi nuotano attorno
e ha i capelli nero corvino,
la fronte alta e il sopracciglio folto
e non bacia il principe imbronciato,
che dichiara di amarla alla fauna del bosco
dopo lo scambiarsi di un unico sguardo,
ma un fornaio che ha qualche anno in meno
e una panetteria fra alberi di ciliegio
e la principessa profuma di quel frutto
e di pane fresco
e di burro caldo
e di farina buona
e di lievito madre
e ha messo su qualche chilo
e ha messo su scarpe comode,
per raggiungere a piedi il bosco
dall’alto del castello
e quando si guardano,
seduti su un vecchio tronco a orari improponibili,
quando il pane può aspettare,
un vecchio drago
li osserva e resta in disparte
e sputa fuoco da un’altra parte,
perché dell’amore si nutrono anche
gli animi incattiviti.
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