Il primo essere umano a mettere piede sul continente di Elinor fu proprio Kristoff, seguito dagli uomini del suo equipaggio. Davanti a loro vedevano solo un’infinita distesa di sabbia, così risalirono sulle navi e iniziarono a circumnavigare la zona nella speranza di trovare qualcosa di interessante o meglio: di prezioso. Dopo alcune ore di navigazione, gli uomini videro davanti a loro un enorme fiume con una foce a delta, dove sorgeva una grande città; per precauzione indossarono le armature, impugnarono le armi e andarono a esplorare. La città era molto strana per i loro standard: le case erano simili a degli iglù in pietra calcarea con delle inusuali finestre tonde, alcune abitazioni erano scavate all’interno di enormi rocce, c’erano singolari piante, palme e sabbia ovunque, faceva caldissimo e soprattutto si mostrava all’apparenza disabitata; ma agli esploratori sembrava insolito perché anche se in giro non c’era nessuno, nei cortili delle case c’erano dei panni stesi e nei recinti c’erano animali d’allevamento mai visti prima. Quindi, senza fare rumore, alcuni uomini entrarono in una delle tante abitazioni e, una volta all’interno, videro una famiglia di strane creature dalla carnagione blu notte, i capelli bianchi e le orecchie a punta, che dormivano: erano elfi oscuri.
Uno degli esploratori, sconvolto nel vedere tali esseri, gridò dallo spavento, svegliando la famiglia che, impaurita, iniziò a urlare in una lingua agli uomini sconosciuta; il padre elfo oscuro prese subito sua moglie e i suoi due figli per proteggerli, mettendoli dietro di sé; gli esploratori cercarono invano di calmarli, ormai era troppo tardi: tutti i vicini si erano svegliati a causa del trambusto e pochi minuti dopo, infatti, arrivarono delle guardie elfiche oscure che con la magia crearono una grande nuvola nera dalle loro mani che avvolse gli stranieri nelle tenebre. Non potendo vedere nulla, gli esploratori non sapevano cosa fare e pochi istanti dopo vennero bloccati dalle guardie, le quali gli legarono i polsi e li portarono al cospetto del re, in un enorme palazzo dalla forma ottagonale con degli altissimi obelischi su ogni angolo e una gigantesca mezza luna sull’apice della cupola che si ergeva sopra l’edificio.
Non parlando la loro lingua, il sovrano si fece portare un foglio di papiro e indicò a Kristoff di disegnare da dove erano venuti e cosa volevano, così l’essere umano raffigurò le sue terre, i velieri con i quali aveva navigato, l’oceano e il deserto degli elfi oscuri su cui era sbarcato, facendogli anche capire che non avevano cattive intenzioni. Il re degli elfi oscuri fece scortare Kristoff dalle sue guardie reali alle navi perché gliele mostrasse; quindi l’esploratore portò quegli elfi nel luogo in cui aveva attraccato e loro presero tutte le armi che si trovavano all’interno delle imbarcazioni, dopodiché tolsero le armature agli uomini e li lasciarono liberi di tornare a casa, facendogli capire di non tornare di nuovo, altrimenti non sarebbero stati così clementi. Kristoff e i suoi marinai li ringraziarono per averli risparmiati e salparono per lasciare quella strana e unica terra.
Tornati a Ulmion, gli uomini dell’equipaggio raccontarono al loro re, Roland Amestus III, di quella landa misteriosa abitata da inusuali creature con poteri magici e il suo consigliere di corte, uno gnomo di nome Bilbis Nurk, non poteva credere alle sue orecchie dopo aver udito tale storia. Chiese subito il permesso al re di partecipare alla spedizione successiva per studiare quella terra “misteriosa e magica” di cui parlavano gli esploratori e re Roland acconsentì, dando inizio, da quell’esatto momento, all’èra dello studio del continente di Elinor, della magia e delle cinque specie elfiche che lo abitavano.
Gli umani e gli gnomi scoprirono che tutte e cinque le specie erano di indole pacifica, che la magia si poteva estrarre dal terreno del continente e che in ogni terra aveva effetti e colori diversi: nei deserti di Emotri Ashvar (che gli umani chiamarono Mordunea), patria degli elfi oscuri, era di colore nero, veniva chiamata “magia d’ombra” o “nera” e permetteva ai nativi di lanciare incantesimi di energia necrotica o di morte, evocare nuvole di tenebre, risvegliare i cadaveri e controllarli, evocare un clone di energia d’ombra, “parlare” con i defunti e usare la visione notturna.
Nelle foreste di Sachakuna (che gli umani chiamarono Alberia), patria degli elfi dei boschi, era di colore marrone, veniva chiamata “magia di natura” e permetteva ai nativi di riuscire a vedere le cose nel minimo dettaglio anche a chilometri di distanza, guardare attraverso le pareti, usare la visone termica e far muovere a loro piacimento le radici delle piante.
Nelle paludi di Shabugmàla (che gli umani chiamarono Palusviridis), patria dei goblin, era di colore verde, veniva chiamata “magia di furtività” e permetteva ai nativi di diventare invisibili, aumentare i loro riflessi che gli permettevano di schivare con estrema facilità, emanare energia che poteva farli muovere molto più rapidamente del normale e sputare veleno.
Sulle montagne di Volðugurfjøl (che gli umani chiamarono Roccarubra), patria degli orchi, era di colore rosso, veniva chiamata “magia di forza” e permetteva ai nativi di aumentare la loro potenza grazie all’energia che riuscivano a emanare con il loro corpo, far tremare il terreno davanti a loro, compiere balzi di circa due metri di altezza e alzare la soglia del dolore a tal punto da diventare insensibili a esso.
Mentre sulle pianure della penisola di Valtum Hæluin (che gli umani chiamarono Porto Aureo), patria degli elfi alti, era di colore giallo, veniva chiamata “magia di luce” o “bianca” e permetteva ai nativi di guarire gli altri e se stessi, lanciare ondate di luce abbagliante, consacrare il terreno attorno a loro in modo da curare loro stessi o chiunque si trovasse nell’area, lanciare incantesimi di energia sacra ed evocare un clone di energia di luce.
Inoltre gli esploratori scoprirono che in alcune zone del continente si poteva estrarre della rara magia pura, dal colore bianco. In tutte le terre di Elinor si poteva estrarre la magia elementale, dal colore blu e soltanto in aree limitate, quasi del tutto inaccessibili, si poteva estrarre dell’ancora più rara magia ancestrale, molto densa e completamente incolore. Quindi raccolsero dei campioni di tutti i tipi di magia e la portarono a Ulmion per analizzarla.
Gli gnomi cominciarono a studiarla fino ad arrivare a condurre degli esperimenti anche su soggetti umani, e scoprirono che iniettando la magia pura nel sangue di un essere umano c’era il cinquanta percento di probabilità che egli morisse o che sviluppasse poteri magici, mentre per gli gnomi la probabilità di sviluppare poteri magici era pari a zero, dato che come specie non erano dotati di quello che chiamarono il “gene magico”. Però dalla magia pura si potevano ricavare pozioni e altri tipi di magia e loro, oltre a creare centinaia di pozioni magiche diverse, crearono un nuovo tipo di magia dal colore arancione, in grado di far funzionare macchinari come robot, esplosivi o armi da fuoco sui quali il popolo gnomesco lavorava da anni. Chiamarono quella nuova creazione “magia di ingegneria” e divenne da subito la magia ufficiale del regno di Triantanesia (patria degli gnomi).
Quando re Roland venne a sapere dagli gnomi che gli esseri umani potevano sviluppare poteri magici, volle subito della magia pura per averne anche lui; gli scienziati di Triantanesia lo avvertirono più e più volte che c’era il cinquanta percento di probabilità che egli morisse, ma a lui non interessava. Disse che, se fosse morto, il suo prezioso figlio Fergus, di soli dieci anni, aveva già la stoffa di un re e avrebbe potuto ereditare il trono.
Il gemello del principe Fergus, il principe Magnus, dopo aver ascoltato le parole di suo padre, non poté che covare ancora più invidia nei confronti di suo fratello, poiché Fergus era sempre stato il favorito del re. Roland incolpava Magnus per la prematura scomparsa della loro madre, morta di parto pochi istanti dopo averlo dato alla luce, e da sempre riteneva il principe Fergus un sovrano nato e suo unico e solo erede.
Il re, dunque, si fece iniettare nel sangue la magia pura e non morì. Ciò significava che aveva sviluppato poteri magici e che quindi si era evoluto in un mago. I poteri che sviluppavano gli esseri umani che si evolvevano in maghi erano quelli elementali: potevano generare fuoco, ghiaccio, fulmini e vento con le loro stesse mani. Il re rimase stupefatto da ciò che poteva fare e ordinò di iniettare la magia anche ai suoi due figli e di addestrarli per farli diventare i maghi più potenti del mondo. Gli gnomi obbedirono e anche i bambini, proprio come il padre, acquisirono questi poteri magici; quindi i guerrieri più forti dell’esercito reale, dopo essersi anche loro evoluti in maghi, cominciarono ad addestrarli.
Venti anni dopo, re Roland fu ritrovato morto nella sua stanza, brutalmente ucciso con la gola tagliata, mentre Magnus quella notte scomparve; tutti iniziarono a sospettare che fosse stato proprio lui ad aver ucciso il suo ormai anziano padre per gelosia, e il popolo era molto preoccupato per il principe Fergus: temeva che un giorno suo fratello sarebbe potuto tornare per uccidere anche lui e usurpare il trono.
Circa un mese dopo dalla morte di re Roland, il principe Fergus, all’età di trent’anni, venne incoronato re, proprio come avrebbe voluto suo padre, ma una volta divenuto sovrano cambiò: dal ragazzo gentile e buono che era, si rivelò un tiranno. La gente sosteneva che avesse perso la testa dopo la morte di suo padre e che fosse diventato paranoico, vivendo nella paura che suo fratello sarebbe potuto tornare per ucciderlo e usurpare il suo trono. Già dopo pochi giorni che era al potere, ordinò al suo esercito di far iniettare con la forza a tutto il popolo la magia pura, sostenendo che solo i maghi dovevano vivere nel suo regno e non voleva sporchi essere umani attorno a lui. Alcuni gruppi di cittadini umani, spinti dalla paura, iniziarono a migrare verso nord, nelle disabitate lande di ghiaccio; lì crearono una vera e propria comunità e scoprirono che quelle terre erano ricche di un metallo quasi indistruttibile che chiamarono “stelyox”. Così, per difendersi dai maghi, cominciarono a forgiare armature e scudi con quel pregiato metallo, ma non solo, scoprirono che fondendo lo stelyox con la magia pura si poteva ottenere un tipo di magia di colore grigio che rendeva gli oggetti quasi del tutto indistruttibili e completamente immuni a qualsiasi attacco magico, quindi, grazie a quella magia che chiamarono “magia di difesa”, i loro scudi e le loro armature potevano diventare impenetrabili. Sfortunatamente non avevano una grande scorta di magia pura, però misero da parte tutta quella che erano riusciti a procurarsi per creare più magia di difesa possibile e iniziarono a costruire una muraglia lunga tutto il confine con il regno dei maghi (che Fergus chiamò Gora) e la resero indistruttibile grazie ai loro poteri; in quel modo, quella comunità di esseri umani era al sicuro e cominciò a isolarsi dal resto del mondo, ripudiando qualsiasi tipo di guerra.
Liliana Pantanella
Letto tutto d’un fiato immaginando di vedere ogni scena e personaggio per quanto minuziosamente descritto nei minimi particolari, veramente coinvolgente, un viaggio nel tempo entusiasmante e seppur con scene di scontri forti riesce a trasmettere sempre sensazioni di dolcezza, lealtà e speranza, lo consiglio.