Smash, l’altro componente del trio, ex collega e anima di importanti indagini risolte, si è trasferito in Inghilterra per seguire alcune questioni legate alla famiglia del padre. Tennista di classe ma dai risultati sportivi inferiori alle sue capacità, è particolarmente orgoglioso di essere un omonimo, almeno per il cognome, del suo idolo giovanile, Jimmy Connors.
Avevamo provato a convincere con le buone il professor Marjanovic – padre serbo sparito nel nulla a cui doveva il cognome, madre napoletana a cui doveva il nome –a seguirci senza dover arrivare a usare la forza.
«Dai, ’Ciano, si tratta di una visita. È solo un dottore. Ci parli, lo metti tranquillo così smette di assillarti, lo saluti e te ne vai» gli avevo detto. «Ci conosciamo da tanti anni ormai, non pensare che ti voglia fregare, lo so che ti senti un prigioniero, ma io ho quest’ordine, non posso far finta di niente. Una visita, è solo una visita e poi te ne vai.»
Alle mie parole Luciano aveva smesso di fissare la punta delle proprie scarpe attraverso le spesse lenti incastonate nella montatura rotonda, pulite al centro dagli stanchi polpastrelli che togliendo la polvere avevano lasciato quella sottile patina oleosa che ne contraddistingueva ormai la fisionomia.
I suoi occhi si erano girati piano piano verso di me e la sua testa china ne aveva seguito il percorso per fermarsi solo quando le pupille avevano collimato con le mie. Le parole, si sa, sono armi, ma lo sguardo qualche volta dice cose mai scritte, comunica cose mai dette. Mi sentii nudo, dentro.
Gli occhi, che un tempo erano stati di un azzurro intenso ed erano ora inquinati da un sottile velo biancastro, fissandomi da sopra gli occhiali mi erano entrati nell’anima e ci erano restati, anche se avevo distolto lo sguardo al primo brivido, quasi subito.
Si può leggere il pensiero di una persona attraverso i suoi occhi? Sì, ne avevo la prova. Non lo so, ma ciò che lessi lì dentro non mi piacque.
Pensavo di essere furbo e lo avevo trattato dal malato di mente che credevo fosse.
Aveva chinato di nuovo la testa a fissare le scarpe e aveva preso un lungo respiro, poi con la voce roca che si confondeva con il rumore di fondo della strada e delle macchine e con le voci dei curiosi ma non ne veniva mai sopraffatta disse, ridendo sommessamente: «Vedi, Christian, gli occulti non si manifestano mai apertamente. Non ne senti la voce perché non si devono sentire, non li vedi perché non si devono vedere. Quello che vedrai sempre o sentirai sempre saranno i pedoni. I re rimangono nell’ombra, protetti. I re controllano e sacrificano i pedoni, poi le torri, i cavalli e così via. Tu cosa sei, Christian? Sei un pedone? O sei un cavallo? Di certo non sei un re!».
Rimasi in silenzio.
Ancora una conferma. L’uomo che avevo conosciuto ricco di conoscenza e sapienza era andato per sempre, il corpo si era piegato agli anni e anche la mente aveva ceduto ai fantasmi. La senilità è un vecchio amico che conosci da sempre. Non ci avevi mai parlato ma sapevi che sarebbe arrivato prima o poi, e per questo era di casa. Ma quell’amico di tutti alle volte si diverte a fottere qualcuno a caso entrandogli nella testa e trasformandosi poi in un terribile nemico.
«Su, Christian! Lo sai bene che sei solo un pedone. Ed è per questo che sei qui. L’occulto ha paura di quello che io so. E ho commesso l’errore di parlare. E il potere non si manifesta mai apertamente.»
«Che cosa sai?» gli chiesi, più per tenerlo tranquillo che per reale interesse.
Ormai avevo fatto decine e decine di trasporti verso il reparto psichiatrico e conoscevo, pensavo, il modo per tenerli quieti. Lavorare nella polizia cittadina mi aveva permesso di conoscere le mille sfaccettature della vita sociale, immerso nel territorio. Il trasporto per il Trattamento Sanitario Obbligatorio è una delle nostre tante incombenze. Riuscivo spesso a entrare in empatia con i malati da scortare. Li ascoltavo, assecondando i loro deliri mentre li accompagnavo, li consegnavo alla struttura e chi si è visto si è visto. Andiamo a berci un caffè.
Qualche volta avevo rischiato, e di brutto. In fondo, la mente è perversa e se sei anche matto può diventare diabolica. E una coltellata da un malato di mente fa doppiamente male: fisicamente, perché restarci è un attimo, e moralmente, perché è incapace di intendere e volere e non risponderà mai di quanto commesso. Siamo lì proprio per quello. Rischi del mestiere.
Simona Fregni
La storia, ambientata sul Lago di Garda, inizia con la morte del professor Marjanovic, un tragico incidente ripreso dai tanti curiosi con smartphone che lo trasformano in un caso di grandissima risonanza mediatica visto il coinvolgimento di due agenti di polizia.
Qui conosciamo Christian Lombardi (scherzosamente Bau) e Alberto “Mig” Massari, che si trovano coinvolti in questa indagine insieme all’affascinante Emma Pagani, pubblico ministero, temuta per essere puntigliosa e prepotente ma anche estremamente brillante.
Mentre la squadra indaga su un caso che sembra uno sfortunato incidente, emergono nuovi indizi che portano alla scoperta di una situazione molto più oscura e complessa, un temibile rompicapo che non trova risoluzione.
Il romanzo d’esordio di Bobicchio è scritto meravigliosamente, con attenzione particolare all’utilizzo della lingua e alla scelta delle parole.
Le pagine scorrono veloci e, a tratti, mi sono ritrovata quasi in apnea. La tensione va e viene come l’acqua del lago che incornicia la scena.
Non manca un pizzico di romance, discreto ma inevitabilmente stuzzicante per il lettore.
Mi piace molto la caratterizzazione dei personaggi, che sembrano prendere vita e occupare la realtà quotidiana di ognuno di noi, ognuno con le proprie debolezze e la propria umanità.
Appena ho finito il libro, ho contattato immediatamente l’autore per sapere quando arriverà il seguito. Fortunatamente Walter ha avuto pietà di me e mi ha risposto che non dovremo aspettare troppo per sapere il futuro della nostra P.M. preferita, Emma Pagani!
Serena Ciaghi (proprietario verificato)
Un libro avvincente, dai risvolti psicologici sorprendenti, un continuo sali e scendi di emozioni, un finale mozzafiato…un mix vincente tra situazioni e personaggi mai banali…in attesa del secondo imperdibile sequel…
mardeimichei
Un viaggio emozionante nel buio dell’anima umana e nei meandri esoterici di una setta. Svelati dalla Procuratrice Emma Pagani, bella e innamorata. 400n pagine di puro thriller con un finale esplosivo e inaspettato.
Elsa Deimichei (proprietario verificato)
Un libro avvincente. La prosa è accattivante, ben scritta, dal ritmo incalzante. L’autore sa dosare correttamente gli elementi della narrativa che danno suspence, non è mai scontato. Sicuramente vale la pena di comprare il libro e leggerlo, rimango in attesa del libro editato e auguro a Walter Bobicchio di avere il successo che si merita in quanto ha saputo trasporre la propria esperienza personale e vena creativa in un’opera adatta anche ai lettori più esigenti.
Monica Rosà (proprietario verificato)
Stupendo. Mai scontato, avvincente e imprevedibile. Letto tutto d’un fiato. Aspetto il sequel. Consiglio a tutti.
ag.alevitale (proprietario verificato)
Proprio quello che cercavo in un libro, entusiasmante e avvincente, l’ho letto tutto d’un fiato, non vedo l’ora che esca il secondo. Complimenti all’autore.