«Wow» esclamò Stella, con alle sue spalle il resto del gruppo, che si era appena materializzata in una piccola radura fra gli alberi. Era rimasta a bocca aperta dopo aver visto quello spettacolo che li stava attendendo, sopra la loro testa.
«Shhh, non dobbiamo fare rumore>> la rimproverò Leo sottovoce.
«Sono belle vero?» le sussurrò sfiorandole la mano, quasi non osando toccarla. Non sapeva dire se quello fosse o meno il momento opportuno per farlo, se gli fosse concesso di cercare un suo contatto, vista l’imminenza della loro missione.
<<Sai, nella mia testa, ho pensato e ripensato mille volte a questo momento. A quando ti avrei portata sotto questo cielo stellato, ma, devo dire, che non me lo ero per niente immaginato così…>>. La voce di Leonardo si incrinò.
Stella gli si avvicinò lenta, in punta di piedi per non far alcun rumore, non potevano rischiare di essere scoperti. Afferrò la sua mano, la strinse con forza e lo baciò teneramente sulle labbra.
<> sussurrò al suo orecchio.
Leo non poté non notare quanto l’ottimismo della ragazza fosse davvero quello di cui lui e il gruppo avessero bisogno in quel momento.
<> Miche non avrebbe voluto interrompere l’intimità dei suoi due amici, anzi anche lui avrebbe voluto approfittare di quell’atmosfera unica, magica, e avere modo di viverla a pieno, ma non gli era permesso. Non era ancora il momento giusto.
Avevano una missione da portare a termine e non c’era spazio per dare libero sfogo alla sua voglia di vivere e al loro bisogno di sentirsi giovani, vivi, spensierati, avventati.
Vivi. Appunto, vivi, pensò.
Non era certo che l’essere vivi sarebbe stata una condizione che sarebbe durata ancora a lungo, se non si fossero dati una mossa il prima possibile.
Miche percepì la paura di non farcela nei suoi compagni, la loro agitazione, il desiderio di sopravvivere a quella notte, il dolore al solo pensiero di poter perdere le persone a loro più care.
Riconosceva e condivideva, tuttavia, ognuna di quelle emozioni. E non solo perché era un empatico, ma perché era esattamente quello che stava provando anche lui. Avrebbe voluto rincuorarli, rassicurarli e incoraggiarli con parole cariche di energie e motivazioni, facendo uno di quei discorsi che solo gli eroi sapevano fare, giusto un attimo prima di salvare il mondo, ma nulla affiorò sulle sue labbra. Sapeva di non essere uno di quegli eroi, e si limitò a guardarli ad uno ad uno e a sorridergli con gli occhi.
A un suo cenno, il gruppo lo seguì in silenzio, cercando di fare meno rumore possibile. Sapevano di essere protetti dall’illusione lanciata prima della loro smaterializzazione, ma le precauzioni non erano mai troppe.
Erano consapevoli che quella notte sarebbe stata decisiva, che l’esito di quella battaglia avrebbe determinato le sorti del loro futuro, e nulla poteva essere lasciato al caso.
Quella, era la sera in cui gli umani di solito stavano sdraiati su una coperta, a testa in su, a guardare le stelle cadenti.
Una delle notti più romantiche dell’anno, pensò Miche.
Avrebbe preferito stare anche lui sdraiato su di una coperta, in silenzio, immobile. Avrebbe rinunciato a tutto pur di poter vivere un momento romantico come quello. Gli sarebbe piaciuto essere lì, sdraiato sotto quel cielo così pieno di stelle da sembrar disegnato, senza pensieri, proprio come sarebbe dovuto essere per un ragazzo della sua età.
Ma sono mai stato un ragazzo della mia età? Si domandò.
Quello, per tutti gli altri, era tempo di desideri però, e non di domande.
Andare a caccia di stelle che cadono, che scendono dal cielo per regalare agli esseri viventi una speranza offrendo un cielo magnifico, quasi epico.
Lo spettacolo era in quel momento sopra di loro, e d’istinto, Michelangelo, alzò lo sguardo al cielo per cercare un po’ di speranza anche lui. Ne aveva bisogno.
Vedrai che andrà bene, io credo in te, la sua voce gli risuonò nella testa.
Ah, la tua voce, al pensiero di non poterla più risentire, il suo cuore saltò un battito.
Decise di non pensarci e di concentrarsi solamente sull’esito dello scontro. Ogam doveva essere sconfitto e solamente pochi minuti lo separavano dalla sua fine.
Hai i minuti contati, quel pensiero lo fece sentire sicuro.
Come le stelle cadenti, che in realtà non cadono, ma sono meteore che, ad una elevata velocità, discendono sulla terra incendiandosi come tizzoni ardenti dissolvendosi in cenere, così anche del suo alter ego sarebbero rimasti solo i suoi resti. Niente di più.
Ogam non avrebbe avuto modo nemmeno di accorgersi del loro arrivo. Avrebbero agito veloci come meteore, colpendolo in un batter d’occhio. Ogam si sarebbe dissolto come una grande stella cadente, che avrebbe lasciato solo una scia da ammirare, esaudendo, così, la speranza di tutte le creature magiche di vivere in un mondo migliore, senza la presenza di quell’essere malvagio.
Il gruppo uscì dal sentiero celato dall’oscurità e dal fitto degli alberi, raggiungendo la punta della roccia dalla quale poter vedere tutto il campo, nel quale si sarebbe svolta la battaglia.
Nove sagome si stagliavano sullo sfondo di un cielo stellato, i loro vestiti erano sferzati dalla fresca brezza di quella notte estiva e i loro respiri si muovevano all’unisono.
Siamo pronti.
Lo sguardo di Miche incrociò quello di Ogam, che si trovava centinaia di metri lontano da lui, accompagnato dal suo esercito di fedeli Traditori del proprio sangue.
Ogni pezzo si trovava esattamente dove doveva essere sulla scacchiera dello scontro finale. La battaglia più importante.
Ti stavamo aspettando, fratellino, la voce dell’Incappucciato risuonò sprezzante nella testa di Michelangelo e in quella dei suoi compagni. D’istinto i pugni del ragazzo si strinsero con forza.
Nel cielo, apparvero scie luminose che iniziarono a tagliare il manto stellato come tagli su una tela, e un potente tuono riempì tutto il campo di battaglia.
Miche afferrò la mano che era a fianco a lui, stringendola forte, avendo paura di lasciarla andare, di poterla perdere.
Fai attenzione, ti prego. Questa battaglia è per regalarti, anzi, regalarci un mondo migliore.
Una sonora esplosione fece tremare la terra sotto i loro piedi e una devastante onda d’urto, accompagnata da una luce accecante, travolse tutti i presenti costringendoli a ripararsi gli occhi e facendogli perdere l’equilibrio.
Quello era l’inizio della fine.
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