Come immaginava, l’altro prete, il confessore, che conosceva bene, era ancora lì.
Si sedette, si coprì il capo con il cappuccio e cercando di mascherare la voce disse:
“ Mi perdoni padre… per il grande peccato che ho commesso.”
Con gli occhi rigati dalle lacrime fece di nuovo il segno della croce, si alzò, uscì dal confessionale e attraversando la navata scappò dalla chiesa correndo nel buio. Quella notte se ne andò per sempre da St. Mountain.
CAPITOLO 1
25 Novembre 1999
Teresa Plummer e suo figlio Michael stavano tornando a casa dopo una gita al lago. Michael amava andare a vedere il lago ghiacciato durante i mesi freddi, gli sembrava un paesaggio incantato e puro. Teresa era concentrata nella guida e andava piano a causa della nebbia, che nel tardo pomeriggio era molto fitta.
Improvvisamente Michael portò avanti la testa dal seggiolino e sgranò gli occhi indicando un punto nel bosco che costeggiava la strada.
“Mamma guarda! C’è qualcuno che sta camminando in modo strano nel bosco!”
Teresa rallentò e si voltò a guardare nella direzione indicata dal figlio ma, non vide nulla.
“Ma no tesoro, non c’è nulla, ti sarai confuso vedendo qualcos’altro”.
Tornò a concentrarsi sulla guida quando ad un certo punto una sagoma comparve dal bosco e si accasciò pochi metri davanti alla macchina. Teresa fece appena in tempo a frenare per non investirla.
“Michael aspettami in macchina, vado a vedere.”
La donna accostò su un lato della strada e scese, fece qualche passo e lanciò un urlo.
In mezzo alla strada, svenuta, c’era una ragazza bionda con i vestiti e i capelli sporchi di sangue.
Quando Teresa allungò un braccio per scrollarla e vedere se era viva, la ragazza si girò di scatto e spalancò gli occhi.
Teresa Plummer svenne.
25 Novembre 2020
Due persone giacevano a terra vicine. Il sangue che fuoriusciva dai loro corpi riempiva il pavimento di parquet chiaro formando due grandi pozze. C’era una strana simmetria nelle loro ferite e nel modo in cui erano accasciati a terra, le loro mani sembravano quasi sfiorarsi. La verità giaceva con loro e per uno strano scherzo del destino avrebbe potuto non rialzarsi. Mai.
Poi, una mano si mosse.
CAPITOLO 2
18 Novembre 2020
Quando suonò la campanella, tutti gli studenti si alzarono dai banchi riversandosi nei corridoi. Laura raggiunse il suo gruppetto di amiche, e insieme si incamminarono verso l’uscita.
“Insomma Laura che hai deciso allora? Vieni al cinema stasera? Dai, John è così carino..”
“Non lo so Jenny, non penso di essere pronta. Ho rotto con Mike solo da un mese e lui continua a chiamarmi.. non credo sia la cosa giusta al momento.”
“Ok, come vuoi.” sbuffò Jennifer.
“Mi dispiace ragazze, ma oggi pomeriggio non posso venire con voi al centro commerciale, devo andare a trovare mia nonna in casa di riposo a Sunsetlake. Vado a comprare qualcosa per pranzo e parto. Ci vediamo domani.”
Laura salutò le amiche con un distratto bacio sulla guancia e si allontanò.
St.Mountain non era così lontana da Sunsetlake, ci volevano circa 20 minuti di macchina per arrivarci, ma voleva evitare di rientrare dopo il buio.
Si era svegliata con una sensazione strana quel giorno e, non sapeva perché, ma era particolarmente all’erta. Comprò un panino al chiosco nel cortile della scuola e si mise in viaggio.
Diverse ore dopo Laura uscì dall’ospedale e rientrò in macchina. Guardando l’ora si agitò: erano già le 17.40 ed era già sceso il buio, quindi non sarebbe stata a casa prima delle 18.30, anche se non avesse trovato traffico. Accese la macchina e collegò il telefono così da poter sentire la sua playlist preferita, poi iniziò a guidare.
Non c’era traffico, ma dovette rallentare comunque a causa della nebbia, che era particolarmente fitta. Ad un certo punto il telefono vibrò e si illuminò, segnalando l’arrivo di un messaggio. Sapeva già chi era ancora prima ancora di guardare il mittente: Mike non si dava per vinto, e da quando lei lo aveva lasciato un mese prima, aveva ininterrottamente continuato a cercarla con messaggi, chiamate. Le aveva persino mandato dei fiori, cosa che non aveva mai fatto quando stavano insieme. Un punto a favore del non tornarci, aveva pensato Laura.
Era stata insieme a Mike otto mesi, ed era stata la sua prima volta in tutto. Se ne era innamorata quasi subito e lui le diceva sempre che per lui era stato lo stesso: da quando l’aveva vista la prima volta, aveva capito che sarebbe stata la donna della sua vita. Poi però l’aveva tradita.
Lo aveva detto solo a poche persone, le sue amiche più strette: non amava raccontarlo perché dirlo a voce alta lo faceva sembrare ancora più vero. A volte le piaceva pensare che in realtà fosse stato solo un brutto sogno, che il mattino dopo si sarebbe svegliata realizzandolo, e ridendo avrebbe risposto ad un messaggio in cui lui le dava il buongiorno. Alcune notti lo sognava realmente, ma la mattina dopo, quando tornava alla realtà, rimaneva sempre delusa.
I pensieri furono interrotti nuovamente dalla vibrazione del telefono, questa volta insistente: non era un messaggio, qualcuno la stava chiamando. Guardò il display dove compariva la scritta CASA. Non rispose perché ormai era a pochi minuti di distanza. Non immaginava neanche lontanamente quante cose possano succedere in pochi minuti.
Il commissario Logan Maxwell stava per uscire dalla centrale. Stava valutando se passare al ristorante di sushi per prendere cibo da asporto, o farsi un piatto di pasta alla carbonara a casa, quando alle 20.30 squillò il telefono del commissariato. Decise di rispondere anche se ufficialmente non era più in servizio.
“Centrale di polizia, parla Logan Maxwell.”
Dall’altra parte una voce agitata.
“Commissario, per fortuna è lei. Mi dispiace disturbare, ma sono molto preoccupata. Mia figlia Laura doveva rientrare a casa due ore fa e non si è ancora vista. Era andata a trovare la nonna, che sta in una casa di riposo a Sunsetlake nel pomeriggio, ed è ripartita da lì abbastanza presto, quindi dovrebbe essere già qui da tempo.. inoltre il suo telefono è staccato! L’ho chiamata intorno alle 18.30 e squillava anche se non ha risposto, però in seguito ho provato altre volte e da allora ha sempre dato spento. Non vorrei agitarmi, però..”
Maxwell lasciò uscire quel fiume in piena di parole e rispose con gentilezza a quella mamma in apprensione.
“Stia tranquilla signora non è così strano. Se è partita da lì nel pomeriggio non è impossibile che con questa nebbia abbia dovuto rallentare considerevolmente e sia ancora alla guida; o magari ha incontrato qualche amico o amica per strada e si è fermata perdendo la cognizione del tempo. Per quanto riguarda il telefono potrebbe essersi dimenticata di caricarlo questa mattina e magari le si è spento, vedrà che è così. Se però posso farla stare più tranquilla mi informo subito se ci sono stati incidenti in quel tratto di strada. Mi lasci un numero, la richiamo tra qualche minuto.”
Maxwell attaccò e ordinò all’agente Philip di controllare se c’erano stati incidenti, o se ragazze che si chiamavano Laura Johnson erano per caso state ricoverate negli ospedali limitrofi nelle ultime ore.
Sapeva già che l’esito sarebbe stato negativo, quella ragazza era probabilmente a bere una birra o a mangiare qualcosa con un’amica o un ragazzo, sicuramente il telefono le si era spento e si era dimenticata di avvisare casa. Ma se poteva essere d’aiuto a rassicurare una madre preoccupata lo faceva volentieri.
Philip tornò con la risposta dopo pochi minuti: come immaginava nessun incidente, e nessuna Laura Johnson in ospedale.
Prima di chiamare la famiglia Maxwell aspettò qualche minuto, magari la ragazza sarebbe tornata proprio in quel momento e la madre avrebbe richiamato la centrale per ringraziare e dire che era tutto ok.
Ma Logan Maxwell aveva una strana sensazione. Non sapeva come mai, ma sentiva che quella giornata di lavoro sarebbe stata ancora lunga, così smise di pensare alla su cena e compose il numero di casa Johnson.
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