C’è un uomo, tale Olav Bleiki, che ogni sera ripone gli stivali verdi a 55 centimetri dalla porta d’ingresso della sua casa bianca. Spostarli anche solo di un’inezia potrebbe avere gravi conseguenze. E lui sta molto attento ad evitarlo. Non lontano c’è un pesce, tale Esemplare Uno, che da qualche tempo prova una strana sensazione. Un bisogno irrefrenabile, cui non può più opporsi. Andarsene, prendere la via delle acque infinite, senza la certezza del ritorno. Nel mezzo ci sono una donna alta e rossa dalle improbabili doti di madre. Un giovane che ogni giorno si apposta sul fiume, ben nascosto, per osservare l’uomo che vede da lontano. Una pesciolina che dalla vita ha imparato due lezioni indimenticabili. Tanti perditempo ansiosi di trovare ragioni per criticare il prossimo. E poi un filo lungo e trasparente, che lega tutti, annodandosi infine al capo di una canna da pesca. Siamo evidentemente a Nord, dove le relazioni umane prendono la forma dell’essenzialità. Ma siamo anche in un mondo nel quale, da un’esca lanciata in acqua, si possono raccogliere immense lezioni di vita.
Allineare gli stivali verdi con precisione millimetrica a cinquantacinque centimetri dalla porta d’ingresso posteriore, dove il pavimento era segnato da una profonda ferita, era il rito di ogni sera. Olav Bleiki rispettava l’impegno con devozione, sempre allo stesso modo, sempre alla stessa ora. A buio ormai fatto, dopo l’ennesimo tentativo fallito, ogni giorno d’estate si chiudeva così. Con quel gesto a metà tra autismo e scaramanzia, talmente inutile da non essere mai valso né un ricovero psichiatrico né una botta di fortuna.
Eppure Olav Bleiki ci credeva. Di più, era sinceramente convinto che nessuna giornata, dal primo giugno al trentuno agosto di ogni maledetto anno di grazia del Signore, potesse concludersi diversamente da così. Pena, forse, un’altra massiccia dose di sfortuna. Certamente, il dolore di vedersi allontanare ancor più il sogno che da sempre lo teneva vivo.
Era per quel sogno che Olav Bleiki si trascinava ogni giorno sino all’ora del tramonto. Averlo tra le mani, ucciderlo con un colpo secco e goduto sul guscio del cranio. Guardarlo riversare sangue dalla bocca e osservarlo contorcersi. Sino al sussulto finale.
Ecco quel che Olav Bleiki voleva.
***
Era ora.
Esemplare Uno, che la mamma aveva lasciato a se stesso al primo segno d’indipendenza senza neppure dotarlo di nome e cognome, sentiva che era arrivato il momento. Non lo sapeva, nessuno glielo aveva spiegato, ma lo sentiva.
Aveva due anni e mezzo ora. Quando era nato misurava 19 millimetri, ed era niente. Una goccia inconsistente, rispetto alla forza del fiume che lo ospitava, milioni di metri cubi d’acqua solo all’apparenza innocui. Adesso Esemplare Uno aveva raggiunto i venti centimetri e pesava poco meno di un etto. Non male per un salmone che aveva dovuto vedersela con una vita di lotte quotidiane, tra la paura dei predatori e la voglia di mettere in pancia qualcosa.
In realtà Esemplare Uno non era esattamente un salmone come gli altri. Gli umani lo avrebbero classificato come atlantico, e non vi avrebbero notato nulla di strano. Eppure lui qualcosa di diverso dentro di sé l’aveva. Una specie di istinto, o roba del genere. La sensazione, come dire, di capire quel che gli stava accadendo. E di sapere, suggerito da un cuore che batteva più forte che mai, che era arrivato il momento.
Il momento di andare via da casa.
Provava una strana voglia. Il desiderio irrefrenabile di abbandonare le acque che lo avevano visto crescere e nelle quali aveva vissuto mille avventure, tra i pesci di sempre, le rocce di casa e le correnti nelle quali si era nascosto così tante volte. Ci ripensava adesso. E il ricordo di tutti quei giorni gli metteva un po’ di nostalgia, ma non poteva farci nulla. La sua strada stava per allontanarsi da lì. Era tempo di prendere la rotta del mare. Esemplare Uno avrebbe presto iniziato il primo vero viaggio della propria esistenza. Sarebbe stato solo ancora una volta. O meglio: nascosto tra i compagni bisognosi di fuga come lui. Per una volta riuniti in formazioni di difesa. La vita di un salmone, in effetti, non conosce mai il concetto di compagnia. Lo fa solo per esigenze biologiche. Succede quando proprio non se ne può fare a meno. Ed è solo in quel caso che ciò che per gli umani è essenziale assume una vaga importanza.
Esemplare Uno si preparò. La bellezza del suo abito, simile a quello delle trote, avrebbe assunto una nuova forma. Se il destino, come sperava, gli avesse donato la fortuna di tornare un giorno a nuotare in quelle acque, sarebbe tornato diverso.
Pronto.
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***
Olav Bleiki era il ritratto della sfortuna. Se qualcosa avesse potuto funzionare nei suoi giorni, certamente la sorte avrebbe fatto in modo che non andasse così. Era una logica che valeva per tutto, il lavoro, l’amore, la pesca. Dimenticata con l’aiuto dell’alcol la triste cronaca del posto da boscaiolo perso per l’unica crisi che si fosse presentata da decenni, Olav Bleiki aveva annegato ancor più nel nulla il ricordo della ragazza che per anni si era illuso fosse la giusta compagna della sua vita.
Alla fine era rimasto con una sola cosa tra le mani: la pesca. Inquinata però anch’essa dalla iella. Una subdola iella che inspiegabilmente lo aveva preso di mira, al punto da non fargli catturare nulla ormai da anni. Un fatto tanto incredibile da essere ormai noto a tutti i pescatori della zona e sul quale ridevano di nascosto, un po’ per metterlo in ridicolo, un po’ per il sadico gusto che provavano nel contare su un avversario in meno.
In passato Olav Bleiki era stato perfino una canna mediocre. Nulla di che, ma qualche soddisfazione aveva saputo togliersela, districandosi come aveva potuto tra pesca a fondo e pesca a mosca.
Una cosa, però, gli era sempre rimasta lì, incastrata tra il pomo d’Adamo e la tonsilla destra. Quel salmone. Un sogno che cullava da sempre e che neppure nei tempi meno opachi era stato capace di realizzare. Portare a casa quella bestia, finalmente, era il suo unico desiderio.
Averlo tra le mani, ucciderlo con un colpo secco e goduto sul guscio del cranio.
Olav Bleiki non era un uomo cattivo. Era forse un tipo semplice, ma certo non malvagio. Eppure, quando immaginava il suo sogno se lo figurava proprio così. Un po’ cruento, vagamente crudele, terribilmente emozionante. Sarebbe stato il suo riscatto. Lui che in vita non aveva fatto altro che subire grandezze altrui inghiottendo la propria debolezza, avrebbe custodito tra le mani la vita di un altro essere vivente.
Era pensando a questo che ogni sera, puntuale, ripeteva il rito psicotico degli stivali. Perché potesse realizzarsi.
Sì, sarebbe stato così.
Prima di morire, si era ripromesso Olav Bleiki, sarebbe stato così.
***
Esemplare Uno era giunto al mare dopo un lungo viaggio. Una prova estenuante, che lo aveva stancato come mai niente prima di allora. Neppure le folli scorribande serali a caccia dell’insetto più gustoso del circondario né le lunghe ore passate a pinneggiare con furore da una roccia all’altra, giocando a nascondersi nella solita grandiosa sfida con se stesso.
No, ora Esemplare Uno era stanco davvero. Quaranta chilometri di fiume in corrente, tra cascate e rapide, cercando la giusta direzione nella schiuma e concedendosi qualche attimo di riposo solo nelle piccole pozze più placide, lo avevano piegato. Ridotto all’essenziale.
La vita nelle acque infinite si era fatta fin da subito difficile. Non si trattava più di scegliere l’ora in cui mangiare, assecondando una fame capricciosa, né di questionare sul cibo che il piatto offriva. Qui si trattava di sopravvivere. Sembrava che i pericoli e le difficoltà si fossero moltiplicati insieme alla quantità d’acqua che lo circondava. Non c’era più tempo per giocare, né per nascondersi tra le rocce. I minuti, i giorni passavano ossessionati dal pensiero di sfuggire ai predatori, di riuscire a procacciarsi cibo e di crescere senza farsi uccidere. Non era facile. Esemplare Uno fu l’unico, tra i simili con i quali aveva raggiunto il mare in formazione da difesa, ad accorgersi che la vita laggiù non era un complimento.
Un giorno, uno dei tanti, mentre le acque scorrevano tranquille, le bocche fameliche erano state saziate e il cielo sembrava annunciare bellezza, Esemplare Uno si avvicinò al pelo dell’acqua desideroso di freschezza e vide ciò che non avrebbe mai voluto vedere. Ciò che ancora non conosceva.
La dolce femmina che era giunta dal fiume con lui e molti altri, grazioso esempio di perfette proporzioni e tenera docilità, galleggiava verso il cielo senz’anima né calore. Era lì. Piccola, indifesa, sola. Bella come lui l’aveva sempre vista, splendida nel suo colore lucente, ma morta. Finita. Vittima del morso assassino di un predatore, mosso più dal capriccio che dalla fame. Tanto che, invece di onorarne l’esistenza facendone pasto e nuova energia, aveva preferito profanare il suo corpo. E poi lasciarla lì, esanime, a galleggiare nel nulla di un mare immenso, preda della prima bocca di passaggio.
Se solo Esemplare Uno avesse conosciuto il concetto, avrebbe pianto. In ogni caso, deglutire il dolore non fu cosa semplice. Nessun altro salmone parve preoccuparsene. Passarono tutti di lì, ma nessuno notò la sofferenza che galleggiava in quella porzione d’acqua.
Lui, invece, capì.
Contrasse le pinne caudali tentando di reprimere la tristezza, cacciò indietro qualcosa che sembrava sgorgargli dagli occhi, poi la guardò. Bella. Bellissima. Avrebbe voluto avvicinarsi a lei, il giorno in cui fosse tornato a casa. Sapeva che l’avrebbe ritrovata, anche lei figlia delle sue stesse acque e delle sue stesse rocce.
Sarebbe stata una buona femmina con cui immaginare qualche piccoletto, bella com’era. Ma ora niente esisteva più.
Di lei, mai nulla sarebbe esistito più.
***
Quella sera Olav Bleiki si ubriacò. Dalle sue parti non era inusuale tramutare le difficoltà della vita in gradi alcolici per farne leggerezza.
Voleva festeggiare, ma ben presto si era reso conto che nella sua vita restava molto poco di cui andare fieri. E così, quella sera, aveva finito per invitare a cena uno dei pescatori del paese, cacciatore di salmoni di lustro indiscusso, per raccontargli del suo sogno.
Non aveva avuto il coraggio di dire tutto: della fidanzata traditrice, del lavoro sfuggito, e di quel salmone rimasto a vegliare solitario sulla sua vita. Unico sogno sopravvissuto a una mitragliata di schifosa realtà. Si guardò bene anche dallo svelare il segreto del suo rito serale, certo com’era di essere incompreso, pur nella consapevolezza di essere nel giusto.
Gli spiegò soltanto che quell’estate pretendeva di portare a casa un salmone. Uno di quelli come si deve. Non uno piccolo, o di poca sostanza. Un salmone vero. Grande, forte, potente. Incazzato. Uno col quale ingaggiare una lotta senza pietà, sino a stremare il suo ultimo alito di vita.
L’amico capì. E con lo stesso tono cinico con cui aveva abbellito la conversazione della cena, suggerì: «Spero che userai uno streamer».
E non aggiunse altro.
Olav Bleiki le aveva già provate un po’ tutte. E a ben pensarci, anche gli streamer avevano finito per fare la loro parte, qualche volta. Li considerava in realtà l’ultima spiaggia, una specie di brace nella quale gettarsi quando la pentola aveva finito di cuocere a dovere.
Olav Bleiki preferiva infilare le mani sporche nella scatola dei vermi. Sentirne sotto i polpastrelli la consistenza gommosa. E poi provare quello stesso calore gioioso quando pungeva con l’amo arpionato la testa del povero invertebrato, facendo scorrere lungo tutto il suo corpo informe il sottile stelo d’acciaio.
Ora, però, l’amico diceva streamer. Mosche, piume artificiali. Roba pulita, da non lasciare traccia né puzza sulle mani. Olav Bleiki era ubriaco d’acquavite e fece per polemizzare. Voleva a tutti i costi far capire a quel buono a nulla che i suoi consigli non servivano a niente. Un bel vermone pieno di fango, questo avrebbe usato per il pesce della sua vita. Nient’altro. Erik si fece una grassa risata, per qualche minuto buono. Poi guardò l’amico con compassione.
Olav Bleiki sapeva di essersi giocato il proprio buon nome con quella sparata. E nonostante i quaranta gradi che pompavano nel cervello, sapeva anche che le cose si erano fatte molto chiare.
Se mai l’avesse preso, sarebbe stato con uno streamer.
Alvise Oltrona Visconti (proprietario verificato)
Ho letto l’incipit, non ho potuto fare a meno di ordinare il libro…
Se quello che segue è al livello del’incipit avrò buona compagnia, grazie Veronica.
Aurora Redville (proprietario verificato)
Anche io sono sensibile al black Friday e dopo aver letto l’anteprima… catalizzata da queste nuove pubblicazioni! preso!
archg.spinelli
Finalmente qualcuno che sa scrivere ed esprimere, lungo un inatteso filo conduttore, sentimenti che scoprono emozioni nuove. Giuliano
Dario Santonico
Comprato, sono in attesa che arrivi! 🙂