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Ester – Il sole dentro

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Se ti trovi a Reggio Calabria, ti sembra di poter allungare una mano e toccare le luci della Sicilia. Lorenzo la ricorda bene quella sensazione e, dopo dieci anni di lontananza, sta per provarla di nuovo. Dopo aver vissuto dentro un corpo che non ha mai sentito suo, ora ha una nuova forma e un nuovo nome: Ester. Un cuore che trema di paura e una richiesta di perdono: questi i suoi bagagli. Una gara di scultura e la bellezza impressa secoli prima nel bronzo: questi i pretesti per tornare a casa. La sua famiglia, spezzata e sfibrata, sarà pronta a vederla come lei si è sempre vista allo specchio?

CAPITOLO UNO

«Hai mai fatto del male a qualcuno?»

Il treno pieno, l’estate all’inizio, il sudore in corsia preferen-ziale. La gente stravaccata sui sedili, con le cuffie nelle orecchie, il volume alto e il giornale in mano, cerca di uccidere il tempo che è costretta a trascorrere seduta dentro una scatola che si muove velocemente, per alcuni di loro anche troppo velocemente. Sono tutti in attesa di respirare finalmente il sole.

«In che senso?»

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Ester con il viso in direzione opposta al treno, appoggiata al vetro del finestrino, guarda il mondo procedere a ritroso. Enormi distese di erba dorata bruciata dal sole, che già a giugno dimostra di aver vinto su tutto, si muovono mentre il treno si muove, quasi per accogliere qualsiasi turista abbia voglia di trascorrere del tempo in quel paradiso terrestre chiamato Sud Italia. Quella distesa dorata le sembra dire sì, hai fatto la scelta giusta! Vittorio, dall’altro lato, tiene gli occhi puntati sulle sue labbra, semichiuse, come se l’amica avesse veramente voglia di ottenere quella risposta.
«Hai mai fatto del male a qualcuno?» ripete, con insistenza. «Hai fatto qualcosa, pur sapendo che questo avrebbe fatto male a qualcuno?» Continua a parlare tenendo gli occhi puntati fuori dal finestrino, come se ci fosse qualcosa che assolutamente non può perdere di vista. Il mondo fuori scorre e scorre senza tenere conto di nessuno, in tutta la sua bellezza autosufficiente e orgogliosa. «Be’?» Ester distoglie lo sguardo dal mondo esterno e lo rivolge verso l’amico.
Galleria. Vittorio, a tratti arancione a tratti scuro, sorride. Le sue labbra sottili danzano con lo stesso ritmo di quelle luci, disegnando un’espressione divertita sul suo volto. Indossa una t-shirt grigia, tutta sudata in corrispondenza delle ascelle. È un bel ragazzo. I capelli neri e ricciolini, lo sguardo scuro e misterioso, le spalle larghe. Se non fosse per quelle profonde occhiaie che tradiscono la bellezza del suo volto, avrebbe fatto stragi di cuori persino dentro quel vagone.«Non hai voglia di rispondere?» Ester punta lo sguardo diritto negli occhi dell’amico. Sembra un’imperatrice quando lo guarda così, e ha il potere di un’imperatrice non appena l’amico risponde allo sguardo.Vittorio abbassa gli occhi. Osserva le sue dita scarnite, ci gioca. «Non credo di essere una persona cattiva.» Sposta l’attenzione sulle sue ginocchia e scosta una briciola di brioches che era rimasta attaccata ai jeans. La briciola cade in mezzo alle scarpe. Cerca di sorridere, mentre segue con gli occhi quella briciola, un po’ imbarazzato e un po’ stranito per la domanda dell’amica. «Non si deve essere per forza cattivi per fare del male…» L’amica osserva i suoi movimenti, un po’ delusa dalla risposta che ha ricevuto. Respira lentamente, quasi a voler prendere l’ossigeno che in quel momento sembra mancare. Abbassa lo sguardo, le si inumidiscono gli occhi: è l’espressione tipica di quando cerca di contenere la sua malinconia. Vittorio è sempre stato attratto da quella malinconia, così simile alla sua, così attaccata al volto, così presente nella testa, così dura ad andare via.Il mondo continua a scorrere, fiero di se stesso. Ester sfila delicatamente dal suo zainetto a pois fucsia un libro sulla vita di Vincent van Gogh, lo apre dove aveva lasciato il segno e si abbandona alla lettura. Vittorio si accuccia contro il finestrino e chiude gli occhi. Le parole della gente in lontananza, la puzza di sudore, le rotaie, i fischi, i sogni.
“ANNUNCIO RITARDO: IL TRENO INTERCITY 324567 ARRIVERÀ A REGGIO CALABRIA CENTRALE CON UN RITARDO DI 38 MINUTI. CI SCUSIAMO PER IL DISAGIO.”
Ester sorride, sorride per l’attesa, per la bellezza, per il modo in cui si sente, per l’estate. Ha nascosto la malinconia dello sguardo dietro l’emozione di reimmergersi in sensazioni passate, quel tipo di sensazioni che non importa per quanto tempo non le hai provate, appena le risenti sai esattamente quanto ti sono mancate, quanto fossero vitali per te, quanto ne avevi disperatamente bisogno. Non riesce a distogliere lo sguardo dal mondo che corre oltre il vetro. Il mare. Il suo blu. Il suo scintillio continuo, presuntuoso, invitante. Milano ha tutto, eppure le manca il mare e senza il mare si era giocata la possibilità di essere casa per lei che, nativa del sud, il mare lo ha inalato con il primo respiro. L’erba gialla regala paesaggi dorati in pieno contrasto con l’azzurro intenso del cielo. Nessuna nuvola. Blu. Limpido, puro. Nessun elemento in scala di grigi. Colore pieno. Vittorio si sveglia, disturbato dalla voce dell’altoparlante, che ha fatto il suo annuncio con un tono piuttosto elevato per i suoi gusti. Strizza gli occhi, poi si stiracchia.«Io davvero non capisco come mai nel 2019 tu abbia scelto il treno per affrontare un viaggio così lungo, era scontatissimo il ritardo! Non bastavano nove ore. Perché torturarsi così?» comincia a lamentarsi, contorcendo il corpo contro il sedile, in cerca di una posizione più comoda. «Per la sua magia.»«Frottole. Dici sempre un sacco di frottole…» Vittorio borbotta e richiude gli occhi. Braccia contro il finestrino, gambe accavallate. Sbuffa e si riaddormenta.Ester continua a osservare il mondo. Vede nell’insieme alberi, case, staccionate, nuvole, macchine correre nella direzione opposta alla sua. Si alternano e insieme danzano, come se avessero voglia di rincorrere l’infinito, il sole, il verde, e poi ancora il blu del mare, in un’atmosfera così naturale e idilliaca da sembrare di vivere fuori dal tempo.
È un viaggio di sospensione, il suo. Ester non guarda in realtà nulla di ciò che le scorre davanti, perché è se stessa che contempla, in quel debole riflesso che la luce interna le consente di avere: si specchia nei suoi stessi occhi, anch’essi color del mare, e pensa all’impatto che avrà rivedere i suoi cari, nella veste di chi finalmente si sente a posto, di chi è pronta a stare bene. Non riesce a non tremare, sente il corpo in fibrillazione, il sangue scorrere velocemente in ogni singola vena, lo sente pulsare, in preda all’eccitazione. Chiede a se stessa, guardandosi, se sarà capace di dichiararsi ai suoi genitori, di chiedere scusa, di ricevere perdono e di perdonarsi per tutto il dolore che il suo egoismo ha causato alle persone che le volevano bene. Si chiede se saranno in grado di volerle bene lo stesso, se abbiano in qualche modo smesso, se non abbiano, invece, mai smesso di farlo. Pensa a casa sua e agli innumerevoli ricordi e significati che quella parola evoca per lei. Il pane caldo del panificio di zio Gianni sul tavolo, a pranzo, ogni giorno. La panchina sulla quale aveva scambiato le sue più segrete paure. Il cagnolino del vicino che abbaiava tutte le volte che sbatteva troppo forte il portone di casa. L’albero di limoni di casa di nonna, testimone di giornate intere di gioco. Il profumo di quell’albero di limoni. Le luci che mettevano nella piazza del quartiere a Natale. Il ristorante in fondo alla strada. I proverbi del nonno, sempre azzeccati. L’edicola che vendeva le figurine dei calciatori e dei personaggi dei telefilm. I cornetti del bar più famoso del territorio, senza uguali. Il calcetto. Il lungomare e il suo ineguagliabile tramonto. E, più di ogni altra cosa, il silenzio che sentiva quando andava a dormire. Quanto le mancava, quel silenzio. «Forse l’unico a cui ho mai fatto seriamente del male sono io stesso» risponde Vittorio in dormiveglia. L’amica sospira.

2021-01-20

Evento

Radio Eco Sud Intervista ad Antonella Ferraro che parlerà di Ester e della campagna di crowdfunding nella trasmissione “Punto e a capo” su Radio Eco Sud, con Bernadette Giovinazzo e Michele Carpentieri. Ascoltatela in streaming sul sito www.radioecosud.it o dall’app di Radio Eco Sud
2020-12-14

Aggiornamento

- Estratto del romanzo realizzato da Sweet short story tellers. Ascolta un estratto del primo capitolo del romanzo. Ester è pronta a tornare a casa. Voi siete pronti a leggere la sua storia? Sulla pagina Instagram @Ester_ilsoledentro il video-racconto completo (https://www.instagram.com/ester_ilsoledentro/)

Commenti

  1. (proprietario verificato)

    Una storia che entra nel cuore, profumi e colori di una Calabria eterna, paesaggi e sentimenti che si intrecciano in un racconto delicato, atmosfere che fanno sognare. Una storia d’amore, che esalta la bellezza e riempie l’anima.

  2. (proprietario verificato)

    Strepitoso

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Antonella Ferraro
classe 1993, è nata e cresciuta a San Giorgio Morgeto, un piccolo borgo medievale in provincia di Reggio Calabria. Nel 2011 pubblica il suo romanzo d’esordio dal titolo Non mi voglio perdere niente. Seguono E poi ci sei tu (2012) e On Air (2016). Dopo la laurea in Filosofia, frequenta il Master in Arti del racconto presso l’Università IULM di Milano. Nel 2021 consegue la laurea in Lettere. Insegna, scrive e conduce Spazio Libero su Radio Eco Sud.
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