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Fare il veterinario da cavalli è sempre meglio che lavorare (quasi sempre)

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Mentre studia Medicina veterinaria, Annibale inizia anche a lavorare. È fortunato, perché nella bacheca della sua università spicca un annuncio: un veterinario è alla ricerca di un apprendista. Annibale non si lascia sfuggire l’occasione. Così, inizia la sua vita lavorativa: la sveglia all’alba, i lunghi viaggi in auto, le prime visite a un cavallo, i primi puledri che nascono, un mentore gentile e disponibile. Sembra andare tutto per il verso giusto, ma la situazione non ci mette molto a capovolgersi, proiettandolo nelle difficoltà di questo mestiere, tra colleghi truffaldini e allevatori improvvisati. Per fortuna, Annibale ha una buona alleata: una brillante e pungente ironia.

DI CAVALLI E FINE SCRITTURA

Dal 2008 lavoro alla radio costruendo programmi in cui racconto storie, dapprima storie parzialmente vere e poi esclusivamente vere, scritte e raccontate in prima persona.

Nel 2011 decido di fare il grande salto: chiedere agli ascoltatori di inviarmi loro delle storie. È una richiesta molto rischiosa. Tutti i direttori con cui ho lavorato mi hanno sempre detto: “Non puoi chiedere troppo agli ascoltatori, la radio è un ascolto di sottofondo nella giornata delle persone, non puoi pretendere troppa attenzione e tantomeno troppa partecipazione, qualche messaggio, commenti sui social, tuttalpiù un’e-mail, ma poco altro”.

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La sfida, quindi, è piuttosto importante: chiedere agli ascoltatori di un programma radiofonico del pomeriggio di sedersi al computer, aprire un foglio di scrittura, recuperare nella memoria un episodio della propria vita, scriverlo e inviarmelo. Sono almeno cinque passaggi che potrebbero interrompersi in ogni momento. “Riuscirai a farci un programma quotidiano che dura undici mesi?” mi chiedevano in radio. “Sono 235 puntate a stagione, il che significa che devi ricevere almeno 235 storie buone, interessanti da raccontare.” Io rispondevo di sì, ma ero pieno di dubbi. Ero convinto che se un racconto fosse stato una storia allora avrebbe avuto senso raccontarla.

Le prime e-mail che sono arrivate purtroppo sembravano smentire quella mia convinzione, dal momento che le storie vere e proprie erano davvero poche.

Lentamente, dando le giuste indicazioni e iniziando a raccontare storie in onda, gli ascoltatori hanno allenato l’orecchio prima e la penna poi e le storie hanno iniziato ad arrivare. “Un racconto che vi racconti” chiedevamo in onda.

Poi un giorno è arrivato un racconto dal titolo La Francheo. Quel racconto però verrà sempre ricordato con un altro titolo: Scagnolari. Un po’ come succede ai grandi capolavori che rimangono nella testa o nella pancia delle persone, non per il titolo scelto dall’autore ma per una frase, una parola al loro interno: “Volare” per citarne uno che in pochi ricordano come Nel blu dipinto di blu.

Per la mia storia radiofonica, ma anche per gli ascoltatori assidui di quel programma, c’è un prima e un dopo Scagnolari.

L’autore della storia è torinese, si chiama Massimo ma si firma come Polpo.

Di lui la redazione scopre che è un veterinario da cavalli, con la passione per le moto. In rete c’è una storia che racconta del suo attraversamento degli Stati Uniti con una Honda XR650 L, in solitaria, percorrendo pressoché solo fuoristrada da una costa all’altra.

Come sempre ogni componente della redazione legge da solo le storie degli ascoltatori e poi ci si confronta durante la riunione di redazione (accade ancora oggi a undici anni di distanza).

Ricordo il giorno in cui arriviamo in redazione e tutti ci guardiamo come a dire: “L’hai letto anche tu, vero?”.

Finalmente abbiamo la sensazione che l’idea iniziale di quel programma nato a tavolino abbia davvero un senso. C’è qualcuno che nemmeno conosciamo, che nella vita si occupa d’altro, che ci ha scritto un racconto che è straordinario.

La storia è semplice: uno scherzo ai danni di un compagno, finito male, ai tempi della scuola. Ma lo stile, il ritmo e soprattutto il linguaggio sono fenomenali. A noi interessa sempre di più la storia rispetto alla scrittura, non possiamo chiedere agli ascoltatori di essere scrittori, chiediamo loro di essere solo dei biografi di se stessi, al resto ci pensiamo noi. In Scagnolari, invece, c’è una penna felice, c’è senso della parola e soprattutto senso dell’umorismo.

La puntata ha un successo incredibile, riceviamo decine di messaggi in merito, tutti raccontano un loro episodio accaduto a scuola, ricordano un loro “Scagnolari” o raccontano di essere stati loro stessi degli “Scagnolari”.

A fine stagione raccontiamo dieci tra i migliori racconti ricevuti e invitiamo sul palco gli autori. Quando sul palco sale Massimo Neriotti, il Polpo, è un’ovazione.

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Massimo
Nasce il 3 ottobre del 1962, mercoledì, ore 7,30. Si iscrive all’università dove si laurea in Medicina Veterinaria. Decide poi di trasferirsi negli Stati Uniti per otto mesi per approfondire la medicina del cavallo. Ha una passione smisurata per le moto da quando ha dodici anni, ma a quarant’anni scopre il fuoristrada e da quel momento non capisce più nulla. Vorrebbe vivere trecento anni, il mondo ha troppe cose belle da offrire. “Fare il veterinario da cavalli è sempre meglio che lavorare (quasi sempre)” è il suo terzo libro.
Massimo Massimo
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