…Mi avvicino alla cavalla. Appena le alzo la coda capisco che diavolo succede.
Quella boccia non è intestino ma sono invogli fetali: porca vacca, la Maria sta partorendo.
“Oh mi signur… oh mi signur… la Maria l’e ‘n camin ca fà… la Maria sta per partorire… oh Maria… Maria… oh mi signur…”
La moglie del signor Augusto a quel punto scoppia a piangere dalla commozione e va ancora più in palla.
Il primo puledro della cascina Malvestio sta per nascere e loro nemmeno sapevano che la Maria fosse gravida.
Il problema a quel punto è far nascere un puledro assolutamente fuori stagione in una struttura non attrezzata ad accogliere un cavallino in pieno inverno.
I cavalli mediamente nascono tra i primi di marzo e fine giugno al più tardi.
La stagione delle monte e dei calori migliori, più fecondi, avviene tra marzo e la mezza estate.
Visto che la gravidanza dura undici mesi circa il conto è bell’e che fatto. La Maria è stata sedotta, ingravidata e abbandonata a fine febbraio.
Un puledro può anche nascere a gennaio ma sarà accolto in una struttura attrezzata e pronta.
I cavalli da corsa nascono tra gennaio e febbraio ma tutto è programmato, lo aspettano e sono pronti e organizzati all’arrivo del nuovo cavallino.
Invece qui, adesso, fa un freddo siberiano e la Maria, cavalla Murgese enorme, vive in un grosso recinto, gelato, con una specie di casetta gelata fatta di blocchi di cemento gelato, due finestre assolutamente vuote e un ingresso bello largo perché lei possa entrare e uscire a suo piacimento, ovviamente senza uno straccio di porta.
Una casetta identica è a disposizione del Gregorio, razza di Tiro Pesante Rapido. Il buon Gregorio non ha problemi, ha un sottopelo spesso come un maglione norvegese. Anche lui del freddo becco se ne frega.
Adesso sta per nascere il piccolino, la famiglia veneta è nel marasma assoluto e ci sono dodici gradi sotto zero. Il balzo del cavallino dai trentotto gradi della pancia della mamma ai meno dodici del mondo infame fatto in pochi minuti deve essere un impatto pazzesco.
Faccio portare la cavalla nella casetta di blocchi di cemento gelati.
Sul pavimento c’è solo una manciata di paglia, ghiacciata e sporca.
L’acqua nel secchio ha in superficie un dito di ghiaccio. Comincio a organizzare i miei tre aiutanti.
Ci vuole una lettiera soffice e pulita.
Bisogna rapidamente alzare la temperatura di questa ghiacciaia altrimenti il puledro nasce e si congela come un merluzzetto dei mari del nord.
“Pietro! Porta qua almeno quattro balle di paglia… fai veloce… devi fare la lettiera per la Maria e il cavallino.”
Pietro è una bestia di uno e novanta, due mani grosse come i coperchi dei tombini e venticinque anni compiuti da poco. Ragazzo molto sveglio.
Parte al galoppo sbuffando vapore, col cappello di lana ben calcato in testa.
Se la cava bene nella corsa nonostante la sua stazza, quando è libero dal lavoro in azienda, fa il pilone sinistro in una squadra di rugby.
Pietro corre i cento metri in diciannove secondi e pesa centoquindici kg, ma quando ha raggiunto la sua velocità di crociera non lo fermi più… Non vorrei essere nel giocatore della squadra avversaria che lo deve placcare. Ti prendi una botta come se dovessi bloccare una betoniera lanciata a tutta velocità, in discesa.
“Signora porti qui delle stufe elettriche, tutto quello che avete in casa per scaldare l’ambiente e anche una coperta di lana bella grossa… e degli asciugamani grandi.”
La signora caracolla, piangendo, verso casa.
Sento ancora che invoca il cielo: “Oh, mi signur… mi signur… la Maria l’è ‘n camin ca fa… la Maria sta per partorire… oh mi signur…”
“Signor Augusto, c’è bisogno di chiudere le finestre e la porta, procuri del nylon… una sparapunti… del legno… lei sa cosa fare e faccia in fretta che questo sta per uscire, cazzarola.”
Mentre i tre Malvestio sono in giro per la cascina che cercano tutto l’occorrente, mi dedico alla Maria.
È agitata poveraccia, suda moltissimo, sta letteralmente gocciolando, compie dei giri in cerchio, si lamenta ogni tanto.
Il signor Malvestio mi procura una fascia per le gambe.
Va bene anche per fasciare la coda della Maria, in modo che i crini della coda non diano fastidio al puledro che sta nascendo.
Poco dopo arriva Pietro con le quattro balle di paglia tenute in mano per i cordini, due per parte. Pietro è una vera bestia.
Gliele faccio disfare fuori dalla porta e un po’ per volta, in fretta ma con calma, spargiamo la paglia dentro alla casetta della Maria. Lei non se ne cura, ha altro a cui pensare.
Aiuto Pietro con la paglia fino a quando la lettiera è a posto.
Appena finito di sistemare la lettiera la cavalla si sdraia e prende a spingere.
Si sono rotte le acque mentre chiedevo le stufe elettriche alla signora Malvestio.
Acqua dalla Maria e acqua dagli occhi della signora Anita.
Il puledro per fortuna è messo bene, presentazione frontale.
C’è un piccolo muso baffuto tra le zampe anteriori.
Lascio che la cavalla faccia per conto suo. Mi accuccio in un angolo e spengo il telefono.
Rabbrividisco, fa un freddo terribile.
La Maria e io soffiamo vapore come due vaporiere. Mi calo il berretto di lana sulla testa.
Rimango in ginocchio e guardo. Guardo in silenzio questo bellissimo miracolo che sta per accadere.
La nascita di un puledrino è sempre un’emozione forte.
Capita poche volte di vederli nascere in diretta.
Normalmente le cavalle partoriscono di notte, quando tutto è calmo. Si arrangiano da sole.
Le lasci alla sera con la loro panciona e le poppe dure e il mattino dopo sono in due e uno dei due ciuccia le poppe dell’altra.
Intanto la Maria si è alzata due volte, visibilmente inquieta. Mentre la tengo calma, Pietro sistema meglio la paglia. Adesso la lettiera è alta cinquanta centimetri, bella gialla, invitante.
Mando Pietro a cercare altre coperte e qualche altra cosa che produca calore. Il puledrino almeno nascerà sul soffice.
Intanto arrivano insieme i coniugi Malvestio.
La signora con un paio di stufette elettriche sottobraccio e le prolunghe, nel marasma generale si è dimenticata le coperte, le dico che le porterà suo figlio Pietro.
Il signor Augusto armeggia fuori dalla casetta col nylon, legni e sparapunti per costruire i telai per le finestre e la porta della improvvisata nursery.
La Maria è di nuovo sdraiata. Faccio segno di fare silenzio e chiedo che non si agitino.
Tutto procede bene. La Maria spinge, sono spinte energiche, quelle che manderanno fuori il piccolino. Rimaniamo in silenzio.
Lei spinge e non non c’è nulla che noi possiamo fare. Poco alla volta il piccolo viene verso il mondo esterno.
Mi volto verso la signora Anita, non ha ancora smesso di piangere. Ha il viso rilassato e dagli occhi corrono due ruscelletti di lacrime come se fossero mandate da una pompetta.
Intanto la Maria spinge e mentre lo fa trattiene il fiato, irrigidisce la gambe e un po’ si lamenta.
Mi sorprendo anche io a spingere e trattenere il fiato.
La Maria spinge ancora, ha fretta di finire, sotto sforzo emette un suono di gola, ha male ma tiene botta. I minuti scorrono lenti, in silenzio.
Il puledro è molto grosso, probabilmente anche il padre doveva essere di stazza notevole.
A ogni premito il puledro guadagna spazio verso il mondo esterno che non deve essere un richiamo irresistibile ma è l’unico disponibile.
I minuti successivi sono un alternarsi di premiti, silenzio, la Maria che tira il fiato e ci riprova. Sta andando tutto secondo manuale.
Lasciamo tranquilla la cavalla, il puledrino è fuori per metà.
Improvvisamente accade una cosa meravigliosa che non conoscevo, rimango a bocca aperta mentre i brividi di emozione mi percorrono da capo a piedi.
La Maria mormora un suono molto basso, emette una sorta di suono gutturale, un richiamo tipico, chiama il suo piccolo e il piccolo ancora per metà dentro alla madre, ancora unito al cordone ombelicale, le dà risposta. Non avevo mai assistito a un fatto simile.
Si chiamano con suoni molto bassi, appena emessi.
È bellissimo ascoltarli, mi viene di pensare che si stessero aspettando e ora sono arrivati all’appuntamento.
La Maria ha gli ultimi premiti, probabilmente è il suo primo parto ma se la cava bene.
Le stufette mandano aria calda, spero che cominci a fare meno freddo.
Con un ultimo sforzo della cavalla il cavallino è fuori. Rimane steso sulla paglia, ancora troppo fredda.
La mamma si gira, lo guarda, allunga il muso per annusarlo. Lo chiama. Il piccolo le dà risposta. Il cordone è ancora integro. Vietato toccarlo.
La mamma con estrema delicatezza si sdraia su un fianco per riprendere fiato, poveretta.
Appena si tirerà su, il cordone si romperà in modo naturale in un punto ben preciso, prestabilito dalla natura.
Il piccolo è adagiato su uno strato di paglia bello spesso, molto pulita. Nell’aria comincia a esserci un vago, debolissimo, tepore.
Sono entrambi un po’ stanchi. Mi avvicino al cavallino gattonando.
Trascino con me un asciugamano e una coperta di lana. Meno freddo prende il cavallino e meglio è per tutti.
La signora Malvestio adesso piange a spruzzo, le sue lacrime scendono senza interruzione.
Il figlio Pietro e il signor Augusto, ancora col fiatone per le corse che hanno fatto su e giù per la cascina, sorridono soddisfatti, se avessero dei sigari cubani credo che ne fumerebbero uno, ne fumerei uno anche io.
Pietro armeggia con una stufa a gas che ha portato fuori da casa, insieme a una bombola.
La stufetta non da problemi, parte subito, il rugbista scosta la paglia perché non scoppi un incendio che in questo momento complicherebbe tutta la faccenda e sistema una sorta di griglia di rete metallica a maglia piccola sul davanti della stufa.
Comincio ad asciugare il piccoletto e intanto gli metto la coperta addosso.
Faccio in modo che la mamma possa vedere bene il puledro.
La mamma mi lascia fare e intanto gli parla con i suoi suoni di gola. Con sempre più vigore lo asciugo e lo massaggio.
I signori Malvestio mi chiedono di che sesso sia il puledro…
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