Briseide è una sognatrice, ama lasciarsi meravigliare dalle più piccole cose e vivere mille avventure col fratello e migliore amico Eddy. Entrambi collezionano desideri e, a ogni compleanno, li aggiungono a una lista che diventa la promessa di un viaggio da vivere insieme. Ma un brutto male minaccia la vita di Eddy e quando Briseide si vede crollare il mondo addosso, decide di partire in solitaria. Si abbatterà, si perderà, poi oserà, troverà la forza proprio nella sconfitta e da lì inizierà il suo vero viaggio, che la porterà a scoprire i luoghi più impensati, del mondo così come dell’anima.
Al mio bisnonno Totò,
che mi ha trasmesso la passione per la scrittura;
e ai miei nonni, Giovanna e Paolo,
che mi hanno insegnato
a credere nel destino
e a non rinunciare mai
ai miei sogni.
Trova il tempo di riflettere,
è la fonte della forza.
Trova il tempo di giocare,
è il segreto della giovinezza.
Trova il tempo di leggere,
è la base del sapere.
Trova il tempo di essere gentile,
è la strada della felicità.
Trova il tempo di sognare,
è il sentiero che porta alle stelle.
Trova il tempo di amare,
è la vera gioia di vivere.
Trova il tempo d’esser contento,
è la musica dell’anima.
Anonimo
0. Prologo
Oggi
Voglio raccontare la storia di un viaggio, di una fuga, di un cammino sotto la guida del destino, un percorso ignoto in cui l’unica destinazione è la scoperta del vero significato della vita.
Voglio raccontare la mia storia.
Un tempo avevo tutto e non desideravo altro, ma poi è cambiata ogni cosa. Da quel momento, il mio unico desiderio non fu altro che essere libera, infrangere le regole e volare oltre ciò che conoscevo già. Volevo riscoprire la me stessa che avevo perduto. Ero disposta a correre dei rischi e lottare pur di trovare la felicità.
Ho dovuto affrontare mille ostacoli, e soltanto adesso mi rendo conto che il più grande ero proprio io.
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1. Inverno
Aprile 2014
Quell’anno l’inverno era arrivato prima del previsto, sembrava aver saltato tutte le altre stagioni.
Era iniziata la primavera da un mese appena, eppure fuori era gelido come se fosse dicembre inoltrato; le giornate erano brevi e cupe, il sole faceva capolino dietro le scogliere alle prime ore del pomeriggio ed era già arrivato il giorno successivo. Non si faceva in tempo ad accorgersi che fosse iniziata una nuova giornata, che già si era fatta sera, e poi notte, e poi era volato via un altro giorno ancora.
Dentro casa c’era più freddo che fuori, l’atmosfera che aleggiava nelle stanze era di tristezza e rassegnazione. Parlavamo poco fra noi in quei giorni, non c’era spazio per lasciar uscire le emozioni che provavo dentro, dovevo cercare di mantenere la calma e provare a non mollare.
Dovevo essere io quella forte in quel giorno e in quelli che sarebbero arrivati dopo di esso. Eddy mi aveva sostenuta in tutti i momenti più importanti della mia vita. Dio solo sa quante volte mi ha prestato la sua spalla per farmi riversare lì lacrime di delusione e sconfitta, per i giorni no e per le piccole vittorie. Oggi dovevo essere io la sua spalla, quindi never give up, Bri! Fatti forza e sii la sua forza. Gli devi tutto.
La vita di tutti noi era normale prima di quel giorno, avevamo i nostri alti e bassi, litigavamo e facevamo pace, c’erano battibecchi e discussioni, ma soprattutto risate e tanto affetto; tutto sommato eravamo una famiglia normale, che abitava in una casa normale e viveva una vita normale. Può far paura, può sembrare scontata e monotona, ma quando arriva il giorno in cui tutto ti crolla addosso, cade la terra sotto i tuoi piedi e non sai più cosa fare, è proprio in quel momento che rimpiangerai quella normalità, quella a cui forse non hai mai dato la dovuta importanza, quella normalità che era il tuo tutto e quella che, un giorno, ti mancherà come l’aria.
Da qualche settimana Eddy aveva iniziato a dimagrire a vista d’occhio, si rifiutava di mangiare, non assimilava neanche quel poco che si sforzava di ingoiare ed era sempre più stanco, pur avendo abbandonato la sua solita routine frenetica e superattiva. I miei genitori avevano cominciato a preoccuparsi e così ritennero necessario fare alcuni esami.
I risultati delle analisi arrivarono presto ed erano tutti negativi, sembrava fosse tutto a posto e che non ci fosse alcun problema; ma lui continuava a stare male, non aveva più la stessa vitalità di sempre. A volte non riusciva nemmeno a parlare, non ne aveva le forze. La dottoressa che lo seguiva aveva suggerito di fare degli esami più specifici; quel genere di esami che fanno soltanto in un certo tipo di cliniche, quelle specializzate in leucemie.
«Signora Costa, è solo per precauzione, ma dovremo prescrivere a suo figlio esami più mirati così da constatare alcuni valori del sangue. In questo modo, sarà possibile stabilire se siano presenti alte o normali quantità di globuli bianchi ed escludere l’ipotesi di una qualche leucemia. Si tratta solo di un’ipotesi, ma è una cosa che va fatta al più presto» disse la dottoressa con un sorriso che mostrava il dovuto distacco.
Continuava a tenere gli occhi chinati sulla scheda di Eddy e ad avere quell’atteggiamento così impenetrabile e agghiacciante da riuscire a pietrificarti all’istante. Quello che un medico, normalmente, deve avere verso qualsiasi paziente o caso gli capiti sottomano; dopotutto, era la prassi.
«Leucemia? C’è questa possibilità?» chiese mia madre, aggrottando le sopracciglia.
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