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Fiumi di aprile

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La campagna di crowdfunding è terminata, ma puoi continuare a pre-ordinare il libro per riceverlo prima che arrivi in libreria

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Consegna prevista Luglio 2025

River Campbell vive in un piccolo paese chiamato Spencer Hill, dopo aver festeggiato da appena un giorno il suo diciassettesimo compleanno, trova suo padre impiccato in soffitta. Jude suo padre, non riesce a perdonarsi di aver trasmesso al figlio più piccolo, Jonas, una rara malattia ereditaria, che può condurre alla morte, e così si uccide. Da quel momento la vita di River attraverserà un nubifragio di emozioni, tra sua madre Meredith, che inizierà a perdere il senno di se, ritenendo un vigliacco Jude, la storia d’amore con April che sarà tanto bella, così come tanto difficile da tenere in piedi, il rapporto con suo fratello Jonas che lo trasformerà in una persona più responsabile, fino al suo lavoro in fattoria, dove conoscerà Phil, che gli farà come da secondo padre, ma che nasconde un enorme segreto proprio con sua madre.

Perché ho scritto questo libro?

Ho descritto la storia di River, come se avessimo entrambi qualcosa che ci tormentava da cui scappare, mi sono rivisto in lui nel suo modo di sognare e nella sua fragilità.
Il suo modo di passare dall’estrema positività all’estrema negatività ha delle analogie con il mio carattere. Credo che non volendo, ho creato un mio alter-ego appartenente a chissà quale altra vita e ci ho scritto sopra un romanzo.

ANTEPRIMA NON EDITATA

 

Quando trovai mio padre impiccato nella soffitta di casa nostra, aveva 41 anni, io appena 17, compiuti il giorno prima. Credo che il suo intento fosse farmi passare un buon compleanno prima di liberarsi del suo male più grande.

Due mesi prima il nostro medico di famiglia, il dottor. Alfred Kenneth diagnosticó a mio padre la malattia di Huntington, una malattia genetica neurodegenerativa che porta al diminuire la coordinazione muscolare, oltre al peggiorare in modo drammatico la cognitivitá della persona, talvolta portandola anche a problemi psichiatrici.

Probabilmente mio padre non riuscì mai a perdonarsi il fatto di aver trasmesso la malattia a mio fratello più piccolo Jonas.
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Quando Kenneth disse a mio padre che di fatto aveva ereditato la malattia da uno dei due genitori, o da entrambi, e che esistesse la possibilità di passarla a sua volta ad un figlio, papà si mobilitó subito a farci fare un prelievo di sangue a me e a Jonas, per mia fortuna risultai negativo alla trasmissione, ma quando il test ebbe esito positivo ai danni di mio fratello, sebbene non avessimo notato alcun sintomo in particolare, mio padre impazzì completamente e iniziarono i suoi ultimi due mesi di vita, i più brutti che avesse mai vissuto.

Meredith, mia madre non nascose mai la collera che provava verso mio padre, non digerì mai il fatto di averci abbandonati, portandosi tutti i problemi della famiglia Campbell nella propria tomba.

“Tuo padre è stato un vigliacco River”, continuava a ripetere, ogni santissimo giorno come un mantra, e più lo ripeteva più rafforzava la sua tesi, per tutta verità non ho mai incolpato mio padre il fatto di aver trasmesso a Jonas l’Huntington, e neanche di avermi fatto abbandonare gli studi così presto, andandolo poi a sostituire nel suo lavoro da fornaio, alla fine qualcuno doveva portare la pagnotta a casa diceva mia madre, e io credevo fortemente nel mio sogno di diventare un giorno uno scrittore di successo, si è vero, potevo avere tutto il giorno libero, dovevo svegliarmi la notte alle due, salire in sella della mia bici e farmi quattro chilometri prima di arrivare a destinazione, essere operativo dalle 3 alle 11 del mattino, per poi essere libero di tornare a casa fino al giorno dopo, sei giorni su sette, tutti i giorni fatta eccezione del mercoledì che era il mio giorno di riposo, ma cazzo tornavo a casa esausto e in più dovevo sentire le continue lamentele di mia madre sulla nostra orribile esistenza, voler intraprendere la carriera dello scrittore mi sembrava come voler provare a scalare tutte le cime dell’ Himalaya.

Ricordo ancora che alla messa per il suo funerale fui l’unico della famiglia a versare lacrime, mia madre fu seria per tutta la cerimonia, non capivo bene se quel giorno avesse il diavolo in corpo, oppure avesse sempre mascherato bene l’odio per mio padre, mio fratello Jonas aveva solo 6 anni e dopo qualche tempo dalle analisi del test, si intravedevano i primi sintomi di semi demenza su di lui, per lui fu come se papà non fosse mai morto davvero.

Padre Jacob che conoscevo dalla tenera età, alla quale io tenevo molto, e altrettanto da parte sua l’affetto era sempre ricambiato, celebrò una funzione bellissima, rendendo onore a mio padre, che oltre ad essere un lavoratore umile e onesto, conosciuto da tutti in paese, era uno dei suoi più fedeli frequentatori della chiesa.

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“Figliolo, ti piace leggere? tieni questa, ti ho visto molto scosso in chiesa, potrà farti altro che bene”, mi disse Padre Jacob porgendomi una vecchia bibbia,

“mi dispiace non potertene dare una completamente nuova, ma a questa tengo particolarmente, me la regalò un frate americano quando da piccolo visitai Assisi in Italia con mia mamma”, si giustificò, gli dissi che adoravo leggere, che per la maggiore leggevo romanzi classici, che i miei idoli più grandi provenivano tutti da dei libri, che Edmond Dantes era il mio eroe, gli nascosi però che aspiravo ad essere uno scrittore di successo,

“Ah, il conte di Montecristo, è stato anche un mio di eroe, un grande capolavoro di Dumas” disse, presi senza esitare il piccolo volume e lo ringraziai, tornai a casa e lasciai la bibbia sulla scrivania di camera mia senza farci troppo caso.

Non ebbi neanche tempo di elaborare il lutto che dopo un giorno dal funerale, dovetti andare al forno per imparare a fare il pane, il signor George Harris col tempo aveva instaurato un’amicizia fraterna con mio padre e mi prese subito a cuore dalla prima stretta di mano.

“Ragazzo tuo padre per me era un fratello, un amico fidato, un valido collega, anche se questi due mesi lui ha avuto difficoltà nel lavorare, non mi è mai passato per la testa di andargli contro, gli ho sempre voluto un gran bene” disse Harris.

Mi spiegò che papà da un giorno all’altro iniziò ad avere movimenti motori poco regolari, perdeva spesso il controllo dei suoi arti, gli cadevano le cose dalle mani, a volte gli tremavano le gambe ed era costretto a sedersi per alcuni minuti, oltre a crollare emotivamente, piangendo come fosse un bambino capriccioso, mi disse che fu proprio lui a spingerlo a consultare un medico, perchè quei comportamenti erano poco normali,

Harris pensò che fosse stress dovuto a qualche problema in famiglia, ma mio padre diceva tutto ad Harris, e quella volta a Harris non aveva detto nulla.

Inoltre mi disse che una volta saputo il risultato del test diagnosticato da Kenneth, lui e mio padre nascosero al signor. Clifford, titolare del forno, la malattia di papà, il signor Clifford lasciava interamente la gestione del forno ai due uomini assentandosi il più delle volte, quelle volte che mio padre era colpito da qualche crisi, in laboratorio non c’era mai nessuno, fatta eccezione di Jody, un’anziana signora addetta alla vendita del pane, Jody arrivava tutte le mattine alle cinque e quarantacinque del mattino, apriva la serranda, accendeva le luci, e dalle sei era pronta ad accogliere il pubblico con il pane appena sfornato.

Un corridoio lungo collegava il negozio dal laboratorio. Per entrare nel laboratorio, dall’esterno c’era una porta secondaria che consentiva di non dover per forza passare dall’entrata principale, Harris mi disse che molte volte i vicini, data l’ora, si erano lamentati del rumore che faceva la serranda una volta alzata, quindi preferivano passare di la.

Jody sapeva dei problemi di mio padre, ma entrambi tennero chiuso il becco per salvaguardargli il posto.

Mentre imparavo il mestiere del fornaio, mio fratello peggiorava inevitabilmente, mia madre mi indossava ogni responsabilità.

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Luis De Luca
Mi chiamo Luis De Luca, pseudonimo di Luigi De Luca, nato in Campania nel 1991, ma trapiantato in Toscana all’età di 5 anni. Da piccolo amavo guardare le mappe geografiche e scoprire le bandiere di ogni stato, sognavo e sognavo ancora una volta di viaggiare, fin quando ho cominciato a muovermi sul serio su quei meridiani. Dopo varie vacanze in giro per il mondo, sono partito per l’Australia con la mia ragazza e ci siamo rimasti per dieci mesi, lavorando e spostandoci ogni tot di tempo per visitare al meglio la terra dei canguri. Tale esperienza mi ha dato occasione per mettere finalmente nero su bianco tutta la mia idea di libertà in forma di scrittura, e un immensa ispirazione per scrivere “Fiumi di Aprile”.
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