Apro gli occhi all’improvviso. La luce del sole che filtra dalle finestre mi ferisce, costringendomi a chiuderli di nuovo. Devo alzarmi anche se non ne ho voglia, così prendo coraggio e lancio i piedi giù dal letto. Fortuna che ho l’abitudine di fare la doccia la sera prima di andare a dormire, perché non sopporterei di farla adesso, appena sveglia. È già tanto che mi sia tolta le coperte di dosso.
Quando ricordo perché sono qui e cosa devo fare, la testa mi si riempie di pensieri e ansia.
Vado in bagno, lavo denti e faccia, mi trucco accuratamente lasciando una base leggera ed evidenziando gli occhi. Ho bei tratti: occhi castani dal taglio orientale, naso regolare, labbra non troppo carnose e denti dritti e bianchi, lunghi capelli ramati che ieri avevo lisciato e stamattina sono un po’ ribelli, ma non mi dispiacciono anche così.
Apro la valigia che non ho disfatto e prendo il completo per l’appuntamento: jeans délavé che evidenzia le mie curve, top bianco e blazer color carta da zucchero. Ci abbino delle décolleté nude.
Lo stomaco mi si contrae per l’ansia e spero di non essere fuori luogo. Questa giornata potrebbe dare inizio alla svolta che aspetto da un po’.
Esco infatti da un momento molto difficile della mia vita: dopo un passato da ballerina e insegnante di danza, studi umanistici e percorso universitario brillante, ho mollato tutto e sono diventata una “casalinga felice”, di quelle tutta pizza fatta in casa, ordine e pulizia. Così diversa dai miei sogni infantili, costretta in una vita che non faceva per me.
Mi guardo allo specchio e cambio gli orecchini. Il top tira un po’ sul seno ma lo valorizza. Sono indecisa se toglierlo perché non vorrei sembrare volgare, poi penso che non è servito a nulla venire fin qui e passare quello che ho passato se adesso sento l’esigenza di nascondere il mio corpo.
La verità è che ho l’autostima a pezzi.
E dire che ho scritto il mio primo e unico libro senza che avesse nulla a che fare con le mie esperienze attuali; se avessi attinto a quello che ho passato sarebbe stato molto più fantasioso, ma non credo sarei mai riuscita a dare in pasto al mondo le mie emozioni e la mia vergogna.
Mi ripeto come un mantra che devo stare calma e tranquilla.
Lo specchio mi rimanda un viso affilato dalla sofferenza e molto più adulto di qualche tempo fa, ma mi riprometto che oggi mi impegnerò a sorridere nonostante l’ansia: in fondo questa occasione potrebbe essere la mia rinascita.
Anche se non andrà a buon fine, mi consola il pensiero che la storia che ho scritto sia stata un modo per evadere dalla cupezza di una vita che non potevo reggere.
Ripenso al momento in cui ho deciso di inviare il manoscritto: ho raccolto tutto il coraggio che avevo perché me ne vergognavo. E me ne vergogno tuttora: è una storia d’amore melensa, di quelle strappalacrime con finale dolcissimo. L’ho scritta tanto per passare il tempo nei pomeriggi interminabili da donna sposata costretta in casa e, per lo stesso motivo, l’ho proposta a una casa editrice. Ho dovuto farmi coraggio, un po’ perché l’ho inviata di nascosto (come di nascosto ho fatto la maggior parte delle cose l’anno scorso), un po’ perché mi rendo conto che la trama è debole, come in un Harmony di quelli che leggeva mia nonna.
La telefonata della casa editrice è stata una tale sorpresa…
Adesso spero tanto di raccoglierne i frutti.
Mi guardo ancora una volta allo specchio, persa nei ricordi.
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