Erano tanti giorni, ma Giacomino era un bravo bimbo, glielo dicevano tutti: anche se doveva passare tanto tempo a casa, non si arrabbiava mai. In realtà lui – questo è un segreto eh, che rimanga tra me e te – ogni tanto, quando era da solo nella sua cameretta, sbuffava. Sbuffava forte, come un treno!
Perché si annoiava parecchio e il tempo sembrava proprio non passare mai. Ma Giacomino aveva i super poteri e, nonostante tutto, riusciva sempre a trascorrere delle belle giornate, anche se non poteva raccontare alla maestra Nilde cosa aveva imparato, né fare la caccia ai dinosauri con il suo amico del cuore Thommy; anche se doveva rinunciare ai cioccolatini che, di nascosto dalla mamma, la nonna gli faceva sempre mangiare. Vabbè, insomma, nonostante tutte queste cose fuori posto, Giacomino un modo per passare delle belle giornate lo trovava sempre.
Un giorno, l’ennesimo giorno che Giacomino passava chiuso in casa, era comunque riuscito a inventarsi tante avventure nella sua cameretta: si era messo a saltare sul divano, aveva fatto un puzzle con la mamma, e poi la lotta con il papà. Anche se non era uscito, era comunque riuscito a fare tantissime cose e, giunta sera, si sentiva davvero molto stanco. Ma quando si sdraiò nel suo lettino, dopo che la mamma gli aveva letto la sua favola preferita e gli aveva dato il solito bacio della buonanotte sul nasino, a Giacomino, di addormentarsi, proprio non gli riusciva.Ogni volta che cercava di chiudere gli occhi, il suo cuore cominciava a battere fortissimo.Tutututum, tutututum, tutututum. Un tamburo impazzito. Ma cosa gli stava succedendo?«Mamma» sussurrò da sotto le coperte. Silenzio.«Mammaaaaa» sussurrò di nuovo, questa volta mettendo occhi e naso fuori dal piumone.
Ancora silenzio. L’unico suono che riusciva a sentire erano i battiti del suo cuore. Tutututum, tututu-tum, tutututum.Ma quando riapre il mio asilo? E se poi scompare e non lo trovo più? I miei amici ci saranno ancora? E i nonni? È da tanto che non li vedo, chissà se mi vor-ranno bene lo stesso… e… e se Thommy si dimentica del nostro gioco preferito durante tutto questo tempo che siamo lontani? Tutututum, tutututum, tutututum. Sempre più forte. Sempre più veloce. «Mammaaaa!» Questa volta urlò. La cameretta finalmente si illuminò. La mamma arrivò in un baleno e subito si sedette sul bordo del letto accanto a lui.
«Che succede, amore mio, hai fatto un brutto so-gno?» Giacomino scosse la testa. «No. È che solo… che solo io…»«Racconta…» Lo incoraggiò la mamma passandogli la mano tra i capelli scompigliati.«Io… ecco… io mi sento che ho il cuore che batte forte forte. Stavo pensando al mio asilo e ai nonni, e ai miei amici… e il mio cuore ha iniziato a fare così» spiegò Giacomino un po’ titubante. Poi prese la mano della sua mamma e se la appoggiò proprio lì, dove sentiva quel rumore fortissimo.«Ecco, lo senti?»«Sì, amore, lo sento e hai ragione. Batte veramente molto forte» rispose la mamma. «Saranno tutte le tue emozioni che fanno un po’ di rumore, forse sono troppe! Cosa ti dicono, hai provato ad ascoltarle?»
Giacomino si concentrò. Ma non riusciva a capire cosa gli dicessero le sue emozioni, sapeva solo che si sentiva tanto confuso: era felice di poter finalmente passare così tanto tempo insieme alla sua mamma e al suo papà, ma a volte avrebbe proprio voluto che non ci fossero, perché fare i giochi con loro non era così divertente come farli con Thommy. Durante il giorno faceva sempre tante cose, ma si sentiva comunque annoiato. Era stufo, proprio stufo, di fare sempre gli stessi giochi e di starsene sempre a casa. Era stanco anche di sentirsi ripetere le solite frasi da mamma e papà. “Devi avere pazienza, Giacomino. Devi aspettare ancora un po’, Giacomino. Non si può ancora uscire, Giacomino. Devi lavarti le mani, Giacomino. Adesso mamma e papà devono lavorare, non possono giocare con te, ma se aspetti un po’… Giacomino, hai lavato le mani? Giacomino cosa stai facendo?”Aspettare, aspettare, aspettare. Giacomino non ne poteva più! Tutututum, tutututum, tutututum.«Voglio che tutto torni normale come era prima, a me non va di aspettare tutto questo tempo. Quando posso finire di aspettare, mamma?» piagnucolò. «Presto, amore mio, vedrai» rispose la mamma. «Sì, ma quant’è presto?» incalzò il bambino. «Hai presente quando all’asilo fate i giochi di squa-dra? Ti ricordi quando la maestra vi ha chiesto di fare la gara per vedere chi ci metteva di meno a raccogliere tutte le foglie cadute dagli alberi in giardino?»
Giacomino annuì e subito ricordò: «Sì, era stato super divertente e noi delle Api siamo stati velocissimi e le abbiamo raccolte tutte prima della classe del-le Farfalle!». «Sì, avete fatto presto perché vi siete tutti impegnati e avete fatto squadra» spiegò la mamma con un sorriso.«È quello che tutti dobbiamo fare adesso, grandi e piccini, per far tornare le cose come erano prima: è come un grande gioco di squadra, se tutti ci impegniamo e ognuno di noi fa la propria parte, vedrai che tutte queste emozioni che ti fanno battere forte forte il cuoricino, si calmeranno.«E poi, amore mio» sussurrò «lì fuori ci sono tante persone impegnate per catturare questo virus un po’ birichino che ci costringe a stare a casa. Vedrai che ci riusciranno!»
«E perché noi non possiamo uscire a cercarlo e a catturarlo?» domandò curioso Giacomino. «Io posso farlo, ho i super poteri! Così posso proteggere i nonni e i miei amici, e anche te e papà.» La mamma lo abbracciò forte e gli diede un bacio sulla fronte. «Ne sono certa, amore mio, tu sei il mio piccolo eroe! Ma per farlo devi recuperare le energie, quindi ora è meglio se chiudi gli occhi e dormi un po’. Ma prima,» aggiunse mentre gli rimboccava le coperte «perché non dai a Nuvoletta tutti questi pensieri che affollano la tua testolina? Ti sentirai meglio e vedrai che ti addormenterai subito.» È vero! Non ci aveva pensato: Nuvoletta era il suo inseparabile pupazzo, un vecchio calzino sgualcito che la nonna aveva rattoppato con ago, filo, un po’ di ovatta e due vecchi bottoni, trasformandolo in un or-setto dai poteri magici. Agganciato alla sua tutina, c’era un campanellino molto speciale: se lo si faceva tintinnare – gli aveva raccontato la nonna – si portava via i brutti pensieri. Nonna Grace canticchiava sempre una filastrocca per bambini:
Drin drin drin fa il campanellin
drin drin drin ma com’è carino se lo sentirai suonar
drin drin drin che felicità.
Giacomino allora seguì il consiglio della sua mamma, prese Nuvoletta, lo sistemò sul cuscino accanto a lui e poi gli sussurrò all’orecchio: «Mi sono stufato di aspettare, non voglio che tutte le cose che mi piacciono spariscono. Voglio catturarlo io il virus, così salvo tutti e posso tornare all’asilo e ad abbracciare i nonni prima che si dimenticano di me.»
E poi, tin tin: fece tintinnare il campanellino di Nuvoletta.
«Funzionerà, mamma?» chiese speranzoso.
«Certo che funzionerà, come sempre. Ora dormi, cucciolo, che domani ci aspetta un’altra meravigliosa giornata.»
La mamma ripose Nuvoletta sul comodino, poi spense la luce e uscì dalla stanza. Il cuoricino di Giacomino aveva smesso di battere forte forte e, dopo qualche istante, i suoi occhi si chiusero e lui si addormentò.
Giacomino non avrebbe mai immaginato che, quella notte, avrebbe vissuto l’avventura più incredibile di sempre.
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