Mentre si trova a Stonehenge sulle tracce di Dio, il professor Acchiappanuvole, del Club delle Falesie Alte, scopre casualmente l’esistenza di uno strappo nel continuum temporale dell’Inghilterra: dodici giorni apparentemente
persi dallo Stato inglese durante il passaggio dal calendario giuliano a quello gregoriano. Il professor Acchiappanuvole è convinto che si sia quindi creato un buco spazio-temporale in corrispondenza di quei giorni e che qualcuno, non contento delle sorti inglesi, stia cercando di sfruttarlo per favorire le forze nemiche – quelle del Kaiser Guglielmo – e far sì che l’Inghilterra venga sconfitta sul campo di battaglia e invasa. Toccherà proprio al professore, aiutato dal suo assistente Franz, dal mitico Carmody, da un druido e dalla giovane scienziata Ilse, tentare di raddrizzare la situazione, non senza riportare alla luce antichi rancori e vecchi e dolorosi ricordi.
In the year of Our Lord 1752
the Reformation of the Calendar
took place: see the Wall Dial above,
dated 1749. This Julian Calendar
made the year too short, thus the
accumulated error amounted to
11 days. England adopted the
Gregorian or Reformed Calendar,
so the next day after September 2
1752 became September 14 1752.
Nell’anno di Nostro Signore 1752
ebbe luogo la Riforma del Calendario:
osservate la Meridiana qui sopra,
datata 1749. Questo Calendario Giuliano
rendeva l’anno troppo breve,
l’errore accumulato ammontava a
11 giorni. L’Inghilterra adottò il
calendario gregoriano o riformato,
quindi il giorno successivo al
2 settembre 1752 divenne
il 14 settembre 1752.
Iscrizione leggibile nei pressi dalla cattedrale di Salisbury, contea di Wiltshire, Inghilterra Meridionale
Intro
Sono seduto in cucina. Attraverso la finestra aperta guardo le nuvole incedere nel cielo come meravigliose, solenni, possenti macchine volanti. Ascolto il ticchettio paziente della pendola, mentre aspetto che il fischio del bollitore mi dica che è pronta l’acqua per il tè.
È in momenti come questo, normali eppure speciali, che vengo colto da una bruciante nostalgia. Nostalgia per un futuro che non vedrò, ma di cui riesco a intuire la grandiosità. Mi reputo tuttavia fortunato a vivere in quest’epoca, nell’età delle grandi speranze, del progresso illimitato.
L’età delle macchine a vapore.
Capitolo I
Com’era prevedibile, la relazione del professor Acchiappanuvole sulla spedizione in Bretagna alla ricerca di Dio era stata accolta con molto scetticismo dai gentiluomini del Club delle Falesie Alte. Eppure tra i ranghi di quell’associazione di liberi pensatori era possibile imbattersi in personaggi che, quanto a stravaganza, non erano secondi a nessuno. Gente come il dottor Coffeehouse, che dopo una conversazione coi fratelli Lumière aveva tentato di materializzare un treno a vapore nel salotto di casa sua; come Maximilian Brusky, ideatore di un programma di addestramento per capitani di macchine volanti, in cui gli allievi si autoeliminavano durante lezioni mute e psicologicamente distruttive; o come lo zio Thelonius, che suonava il pianoforte con uno stile triste e spezzato che provocava la pioggia. Per non parlare del più folle di tutti, il Mitico Carmody. Gente così aveva scritto pagine gloriose (oltre a deliranti resoconti delle proprie imprese) nella storia del Club. E cosa dire, ancora, dei Ciclonauti del Dr. Hoffman, vera e propria costola deviata e spina nel fianco dell’associazione? Quegli individui, partendo da posizioni scientificamente rigorose, avevano poi preso la tangente, per non dire di peggio.
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Ecco, questa era la situazione. Eppure, a leggere di tortuosi itinerari a piedi, in bicicletta o in calesse nella Francia del nord, di linee di forza diramantisi da Chartres e di minuziose misurazioni, il tutto accompagnato da fono-dagherrotipi di megaliti, più d’uno di loro aveva scosso la testa, inarcato il sopracciglio, storto il naso, prima di riprendere a sorseggiare il solito tè con echinacea.
Acchiappanuvole l’aveva presa bene: si aspettava reazioni del genere, e comunque la ricerca era solo agli inizi; il professore era sicuro che molti suoi colleghi sarebbero stati costretti a ricredersi, di lì a poco.
capitolo II
Un pomeriggio di fine estate me ne stavo seduto in cucina, sorseggiando tè e guardando dalla finestra le nuvole che passavano per il cielo, quando un discreto scampanellare venne a riscuotermi dai miei pensieri. Era il portalettere, venuto a consegnarmi un telegramma, e già potevo immaginare chi fosse il mittente: solo il professore aveva la cronometrica abilità di convocarmi all’ora del tè, il momento in cui sono generalmente più vulnerabile alle sue teorie (e a qualunque altra cosa, naturalmente). E ancora: tra le teorie del professore e la dimostrazione pratica delle stesse vi era sempre un delta, uno spazio vuoto da colmare con aspettative, fantasticherie e dubbi. Ed era proprio questo a renderle così affascinanti.
Com’era ovvio che fosse, trattandosi di un telegramma, il messaggio era piuttosto laconico: “Cercando Giorni Perduti Inghilterra. Raggiungimi Salisbury, Grey Lady. Acchiappanuvole”.
Che cos’era, adesso, questa storia dei giorni perduti? E dell’Inghilterra, poi? Ma non era la Bretagna il centro delle ricerche del professore? Presi il mio atlante e localizzai senza difficoltà la città di Salisbury, nell’Inghilterra meridionale. Ma cosa significava “Grey Lady”? Era forse il nome dell’albergo presso cui alloggiava il professore? Sentii un rumore di scodelle in cucina, la solita teiera volante che mordeva il freno. Sospirai: era meglio andare a darle una controllata, prima che riuscisse a infilare la finestra.
Capitolo III
Impiegai un’intera giornata a riempire frettolosamente due bauli con lo stretto necessario (mi piace viaggiare leggero). Presi un treno, un altro treno, un altro treno, una carrozza, un altro treno, un battello a vapore, un ultimo treno ancora, una carrozza e dopo cinque giorni (soste comprese) mi ritrovai a Salisbury.
Durante il viaggio non accadde nulla di rilevante, eccezion fatta per il druido che mi comparve davanti, quando oramai stavo per arrivare a destinazione. Egli se ne stava nel punto in cui la strada giungeva a un bivio, proprio al centro della biforcazione. Capelli lunghi, barba lunghissima, una tunica che gli arrivava ai piedi e un bastone nodoso nella mano sinistra: come lo chiamereste uno così? Secondo me era proprio un druido. Mentre lo oltrepassavo a bordo della mia carrozza fece un rapido gesto col bastone, come a mostrarmi la via. Il tempo di voltarmi ed era già sparito. D’altro canto, nessuno dei miei compagni di viaggio sembrava averlo notato. Avevo dunque avuto una visione? Non ne ero così certo.
Giunto in città, mi misi alla ricerca del Grey Lady: l’ipotesi più probabile, secondo me, restava quella che il nome stesse a indicare l’albergo presso cui aveva preso alloggio il professore. Ma per quanto chiedessi in giro, nessuno sapeva niente di questo fantomatico ostello. Stavo per essere sopraffatto dal solito senso di smarrimento che mi coglie tutte le volte che cerco di stare dietro ai voli pindarici di Acchiappanuvole, quando (la necessità aguzza l’ingegno) mi venne un’idea: chi se non il sindaco della città poteva darmi notizie sulla città stessa? Così, facendomi strada tra vie brulicanti di vita, giunsi alla Town Hall, ove chiesi di essere ricevuto dal primo rappresentante di quella operosa comunità. Quest’ultimo (un gioviale e corpulento signore con panciotto e pappagorgia) fu molto cortese nei miei confronti. Probabilmente alla spontanea gentilezza di questo simpatico personaggio contribuì il mio aspetto da viaggiatore continentale: ascoltò con attenzione il mio scarno racconto, dopodiché iniziò a tamburellarsi le tempie.
«Il Grey Lady, eh?» disse quasi tra sé. «In effetti non esiste, in città, un albergo con questo nome. Tuttavia,» e qui si erse dietro la pesante scrivania «vale forse la pena di fare qualche piccola ricerca.»
Andò a prendere un grosso, polveroso volume da uno scaffale, mi offrii di dare una mano a trasportarlo.
«Oh, no, no, giovanotto, non occorre, grazie.»
Lo aprì davanti a me e iniziò a scorrerne lentamente le pagine, che mi accorsi essere manoscritte. Anche per questo motivo, inizialmente non ne capii molto. La grafia era minuta, disposta su due colonne, e vedeva un alternarsi di lettere e numeri. Dopo un po’ che sbirciavo cominciai a realizzare che i numeri erano, forse, delle date. Un registro? Era dunque un registro?
«Ah, sì, ecco, vediamo, dunque… in effetti è esistita una locanda denominata Grey Lady da queste parti, ma non era esattamente in città. Si trovava nei pressi delle pietre.»
«Le pietre?» chiesi un po’ perplesso.
«Ma sì, caro giovanotto: le pietre disposte in circolo in mezzo alla pianura, il cerchio delle pietre. Ma insomma, non ne ha davvero mai sentito parlare?»
Ebbi un’illuminazione.
«Non intenderà forse Stonehenge?»
«Oh, ma naturalmente, cos’altro sennò? Dunque, per riprendere il discorso, il Grey Lady era una stazione della posta, vi si fermavano le diligenze dirette in Cornovaglia. Questo fino al…» qui alzò la testa e mi rivolse una rapida occhiata, al di sopra degli occhiali a pince-nez. Poi si diresse verso la solita libreria e ne tirò fuori un altro volume, più piccolo ma non meno polveroso del primo. Quando lo aprì, mi accorsi che stavolta si trattava di un libro a stampa, per di più corredato da alcune piacevoli illustrazioni. Cercai di sbirciare il titolo sulla costa del volume e riuscii a leggere Alberghi e locande del Sud-Inghilterra, vol. I.
«Ah, ecco qui l’informazione che cercavo,» disse «il Grey Lady fu distrutto da un incendio il 3 settembre del 1752. Quindi è molto improbabile che il suo amico stia alloggiando proprio lì in questo momento, non crede?» e si tolse gli occhiali dal naso, emettendo una risatina che voleva essere giuliva, ma che mi sembrò possedere una nota metallica.
«Che poi, che poi…» riprese «cosa sarebbe venuto a fare il suo amico professore da queste parti? In genere, chi può preferisce andare a trascorrere qualche giorno al mare o alle terme.»
«Vede, signor sindaco, il professore non è stato molto dettagliato al riguardo. Mi ha solo telegrafato di essere in cerca dei giorni perduti…»
«Cosa?!» mi interruppe, alzando improvvisamente il tono della voce. Dopodiché, si impegnò a riconquistare il dominio di se stesso, rinforcò gli occhiali e mi congedò frettolosamente: «Bene, giovanotto. Ora, se non le dispiace, avrei del lavoro da sbrigare. E comunque, posso darle un suggerimento? Fossi in lei proverei a cercare il suo amico altrove, qui non c’è assolutamente nulla di interessante per uno studioso, nulla…».
«Ma… e le pietre?»
«Ah, quelle? Paccottiglia per fanatici, se vuole sapere la mia opinione. Roba da selvaggi. Siamo nel XIX secolo, diamine!»
miry.2002.mdl
Buongiorno a tutti cari lettori! Tempo fa ho letto, apprezzandolo molto, questo fantastico libro. Vi lascio qui di seguito il link con il riferimento alla recensione sul mio blog se volete avere un parere più approfondito in merito!
https://librilibriedancoralibri.blogspot.com/2018/07/recensione-titolo-i-giorni-perduti.html
Federico (proprietario verificato)
Immensamente felice di contribuire alla pubblicazione di questo libro… cosa che, spero, possa avvenire al presto. Non vedo l’ora di leggerlo da cima a fondo!
Gabriella (proprietario verificato)
In attesa del traguardo della pubblicazione, in quanto tra i sostenitori del crowdfunding per questo libro, ho potuto leggere il romanzo in formato pdf sul mio cellulare, per quanto io odi leggere sul telefonino. Nelle briciole di tempo che mi rimangono per leggere.
Poi, le briciole sono di fatto diventate consistenti pagnotte di tempo, rubato con estremo piacere.
Da Franz (Francesco Bucci per il grande pubblico) non mi attendevo nulla di meno.
La ricerca dei giorni perduti di Inghilterra è una avventura che pare uscita dal mondo dei fumetti e scappata di casa per visitare i luoghi cari dell’anima dello scrittore, strabordando in universi paralleli probabilmente esistenti e presumibilmente altrettanto visitabili, a condizione di essere disposti a lasciarsi andare alla spensieratezza incosciente dei personaggi ed all’umorismo di Franz, il protagonista narratore, dotato di una sottile e sapiente ironia inglese che pervade l’intero libro.
L’ambientazione steampunk – nell’epoca delle biciclette e delle macchine a vapore – rende la storia ancora più affascinante per la sua improbabile verosomiglianza, sebbene i maniacali ed egocentrici personaggi – tutti sistematicamente presi da una loro idea fissa – si muovino, anche sotto l’effetto di incaute tisane psichedeliche, in suggestive location salentino-inglesi del tutto reali.
Affermare che “I giorni perduti di Inghilterra” sia un libro che parla di tempo risulterebbe impreciso. “I giorni perduti di Inghilterra” è un romanzo breve che parla di luoghi, storie, scienze, geologia, filosofia, religione, antropologia, musica, ecologia, cultura beat, patafisica, passioni diverse e molteplici connessioni.
Per quanto mi riguarda questo scritto ha finalmente messo ordine nel fantastico mondo di Franz, tutte le volte che ce lo siamo immaginato mentre ce lo raccontava tra una birra rossa e una doppio malto inglese. Oggi, insieme alla neonata e fantomatica biblioteca del Club delle Falesie Alte, è stato finalmente partorito un mondo che, ci auguriamo, vorrà crescere e appassionarci ancora. E ancora.
Grazie, Franz.
Gabriella (proprietario verificato)
Affermare che “I giorni perduti di Inghilterra” sia un libro che parla di tempo risulterebbe impreciso. “I giorni perduti di Inghilterra” è un romanzo breve che parla di luoghi, storie, scienze, geologia, filosofia, religione, antropologia, musica, ecologia, cultura beat, patafisica, passioni diverse e molteplici connessioni.
Per quanto mi riguarda questo scritto ha finalmente messo ordine nel fantastico mondo di Franz, tutte le volte che ce lo siamo immaginato mentre ce lo raccontava tra una birra rossa e una doppio malto inglese. Oggi, insieme alla neonata e fantomatica biblioteca del Club delle Falesie Alte, è stato finalmente partorito un mondo che, ci auguriamo, vorrà crescere e appassionarci ancora. E ancora.
Francesco Bucci
Ai gentili lettori eventualmente interessati a saperne di più sul Club delle Falesie Alte: https://www.facebook.com/clubfalesiealte/