Non l’avevo dimenticata, avevo sedici anni. Ora, dopo trenta, era di nuovo accanto a me, inconsapevole, totalmente disinteressata, distratta da quel banco frutta e dalle sue offerte settimanali. Il tempo non l’aveva sfiorata, sentivo l’impulso di stringerla forte, di dirle che la amavo allora più di prima, avrei voluto sentirla pronunciare il mio nome con sorpresa, con la gioia che si regala a un bel ricordo del passato, ma non poteva farlo; anche se avesse voluto, non avrebbe potuto farlo, perché non mi conosceva, non mi aveva mai conosciuto, non sapeva chi ero, non conosceva la mia voce, io non conoscevo la sua, non eravamo mai stati così vicini. Il dorso della mia mano le sfiorò la giacca; lei per un attimo diresse lo sguardo verso di me, desideravo salutarla, ma non avevo accesso alla sua parola, avevo il cuore incatenato, imprigionato da un amore assurdo, senza speranza, ostaggio di una passione che mi rendeva invisibile.
Poi, all’improvviso, una voce, dal banco carni, cominciò a sfogliarla.
«Debora, amore, tocca a noi, ci sono dei prodotti in offerta.»
«Arrivo, peso i pomodori e sono da te.»
Finalmente, dopo trent’anni, conoscevo il suo nome, si chiamava Debora e aveva una voce bellissima. Mentre la guardavo raggiungere il suo uomo, prendergli la mano e baciarlo teneramente, mi domandai che senso avesse tutto ciò, chi fossi veramente, cosa ci facessi lì, spia senza vergogna di una coppia innamorata. Ma la lucidità ha un respiro breve: mi accorsi di essere geloso di un’idea e di rimanere ancorato a lei da quel destino chi ci aveva fatto rincontrare, da quel destino che aveva fatto emergere dalla sua borsa una porzione di cartella con scritto “Corso di Marketing aziendale per piccole imprese”, relatore Professor Vittorio Baraldi, docente universitario di Economia aziendale e autore di testi didattici”. Finalmente, dopo trent’anni, anche lei avrebbe conosciuto il mio nome, Vittorio.
*
All’improvviso tutto scorreva, non c’erano più alibi, scostai leggermente lo sguardo, davanti a me una colonna vetrata, la mia immagine riflessa, poi, in lontananza, di nuovo loro, ancora intenti al banco carni. Lui la osservava rovistare nella borsa alla ricerca del portafoglio, lei rispondeva con un sorriso complice, ancora un bacio, per poi dirigersi verso l’uscita continuando a ridersi addosso. Ancora pochi passi e avrei potuto nuovamente respirare la sua presenza, ma fu solo un attimo, mi attraversarono come un fantasma, avevo il cuore a pezzi. Osservai le loro figure perdersi in lontananza e mi domandai dove mi avrebbe portato quell’incontro.Avrei voluto poterla fermare, parlarle di me, di quel ragazzo che non aveva mai conosciuto, poter rivivere quel sorriso che mi regalò trent’anni prima per poi sparire come pioggia di primavera, lasciandomi solo, ai bordi di un autoscontro da sagra paesana, folgorato e condannato da un amore eterno, senza un perché, senza una parola.
«Professore, tutto bene?» Lo sguardo tradiva l’ansia di chi per la prima volta non capiva, perché Anna, la mia bellissima assistente, non poteva sapere, né tantomeno comprendere. Per lei esistevo solamente io, non c’era spazio per altro nel suo cuore, un cuore colmo d’amore, un cuore che dal nostro primo incontro aveva scelto di accompagnare la mia solitudine, in silenzio.
«Ti ringrazio Anna, sto bene, è stato soloun leggero giramento di testa, usciamo da questa confusione, trovami un bar che ti offro un caffè.» Era felice, un caffè l’aveva resa felice, il suo ottimismo mi spiazzava, la sua gioia e quel corpo perfetto mi imbarazzavano, mentre gli sguardi grondanti d’invidia dei passanti mi facevano sorridere. Per il mondo che osservava ero la fotografia del successo, ma per il mio mondo non ero altro che un raffinatissimo sacco vuoto.
«Anna, sai dirmi come stiamo procedendo con la pianificazione del corso di marketing aziendale?»
«Bene professore, siamo quasi pronti, le iscrizioni le abbiamo terminate questa mattina.»
«Ho notato una signora vicino al banco carni con la cartellina del corso, l’hai notata anche tu?»
«Sì, si chiama Debora Sarti, si è iscritta questa mattina, era l’ultimo posto disponibile, per suo marito non è stato possibile l’inserimento perché il corso ha il numero chiuso, vuole intercedere lei?» Il destino a volte è davvero alto, biondo e con gli occhi azzurri e io non avevo alcuna intenzione di sfidarlo.
«Anna, sai che non amo forzare le cose, si iscriverà al prossimo corso!»
«Nessun problema, professore.» Sembrava dispiaciuta, non lo meritava, la sua dedizione meritava risposte diverse, dovevo uscire dalla tana ed era giusto cominciare con lei, avevo il cuore in letargo da una vita e un disperato bisogno di liberarlo al mondo.
«Perdonami, non volevo essere scortese, è un privilegio averti con me, sei ricca di talento, sei competente, brillante, e, se posso permettermi, sei anche una bellissima donna, il tuo fidanzato è davvero un uomo fortunato.»
«Sono single, sola, professore.» Quando un cuore non è più abituato a conversare diventa un poeta balbuziente, non riconosce più la passione dalla retorica, lo sguardo triste di Anna era lì a confermarlo, sapeva che io sapevo, sapeva riconoscere un complimento da una frase di circostanza e questo l’aveva ferita.
«Perdonami, ma ti prego di credermi, averti detto certe cose è già stato un piccolo miracolo.» Una leggera smorfia delle labbra e un sorriso elegante avevano inciso il contorno del suo bel viso, il rispetto prevaleva sul rancore. Ero stato suo professore universitario prima di nominarla mia assistente, era cresciuta e diventata donna accanto a me, aveva perso il padre da bambina e questo trauma l’aveva confusa; ero da sempre il suo punto d’arrivo, idealizzava in un uomo solo, in me, il tutto: padre, amante e maestro di vita; conosceva la propria bellezza e rimaneva sedotta dal mio rispetto, conosceva i miei limiti e li affrontava con la sua solita eleganza.
«Lo so professore, grazie, sono lusingata.» Sentivo forte il desiderio di accarezzarla, di abbracciarla, di dirle quanto fossi sbagliato per lei, di quanto fosse lontana dalla verità, ma il terrore di perdere l’unico vero aggancio alla vita che mi restava era più forte del coraggio che mai avevo avuto.
«Bene, incidente chiuso, il conto per favore.»
«La ringrazio per il caffè, a domani.»
«Vuoi un passaggio?»
«Non si preoccupi, preferisco fare due passi e sbirciare qualche vetrina.»
«Ti accompagno all’uscita.»
«Grazie, professore.»
Pochi passi per guadagnare l’uscita e ricordarmi quanto fosse bella.
«Be’, allora ciao.»
«Arrivederci, professore.»
Elena Leardini (proprietario verificato)
Letto di un fiato!
Da un’intuizione originale, una storia per nulla scontata, ma che regge dall’inizio alla fine, scritta con uno stile fluido e accattivante.
E che, anche una volta finito di leggerla, resta ancora a lungo a farti compagnia!
Cosa si può chiedere di più, ad un romanzo?
Bravo bravo bravo, Maurizio!
Stefania Nataloni (proprietario verificato)
Maurizio è un entusiasta, e il suo primo libro non poteva essere differente: qualche mese fa mi ha fatto l’onore di darmi il romanzo da leggere in anteprima, ed è stata davvero una bella sorpresa.
Vittorio Baraldi, il protagonista, è un uomo “grigio”, che ha vissuto trattenendo le sue emozioni, i sentimenti, gli slanci: ma basta un incontro imprevisto….
Nel suo giorno più lungo Vittorio scopre il mondo e noi lo seguiamo, incuriositi e divertiti, accompagnati da una scrittura brillante e spontanea.