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Grand Searas – Il segreto palese

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La guerra incombe sulle terre del Canthello. L’esercito di Radrian da Ligradis sta attaccando i villaggi e i clan si organizzano per respingere la minaccia. Fulgis, un ragazzo senza passato e con il sangue blu delle anime antiche, deve raggiungere il clan Esiardos. Viaggia insieme a Novael –il viandante che lo ha salvato dalla valle dei miraggi e dal suo cielo pieno di balene – e Gilbert, un uomo sofferente perché incapace di controllare la furia. Lo spirito delle persone, infatti, è dominato di volta in volta da furia, gloria o caos. Solo Fulgis sembra diverso, apatico. Ma è proprio così? Chi è davvero Fulgis? Le prove che affronterà lo aiuteranno a capire se stesso e a difendere il Canthello?

SPIRITO ERRANTE

 

Correvo spensierato in una vasta, forse infinita, prateria luminosa. Correvo e correvo, libero, con la sensazione eterea di librarmi in volo di tanto in tanto, mentre continuavo a vagare disegnando figure immaginarie nello spazio aperto. Una luce pura e meravigliosa mi avvolgeva e non pensavo ad altro che a gioire della mia esistenza, saltando, giocando, spostandomi di qua e di là instancabilmente, anzi, con rinnovato entusiasmo e stupore crescente, alimentati dalla gioia che mi regalavano le figure astratte da cui ero circondato.

Tutta questa esperienza stravagante, che chiamo il mio “viaggio”, è una catena di eventi surreali che voglio provare a raccontare in questo libro. Sfortunatamente, le parole sono un mezzo limitato e quindi incapace di descrivere in modo esaustivo la faccenda.

Questa era la prima parte del mio viaggio, che ha avuto inizio in modo spontaneo, credo, alla radice di quell’entità che noi chiamiamo Eternità. Ho scritto “credo” perché purtroppo non so con certezza quando tutto questo abbia avuto inizio. Non so di preciso per quanto tempo durò la parte del mio viaggio in cui vagavo spensierato in quel mondo che ora mi pare tanto astratto e lontano. Provo una forte nostalgia quando ci ripenso.

Ricordo che a un certo punto, senza preavviso, ciò che mi circondava iniziò ad assumere un aspetto più cupo rispetto a come era sempre stato. Le figure astratte che per un tempo eterno avevano danzato gioiose intorno a me diventarono gradualmente, brutalmente scure e minacciose. Ricordo la sensazione di confusione che provai, lo sconforto crudele, il dispiacere nel vedere il mio mondo mutare in modo tanto rapido e triste. Fortunatamente, le parole sono un mezzo limitato, e quindi coloro che leggeranno il mio racconto potranno comprendere soltanto un’infinitesima parte di ciò che provai, di quella macabra amarezza.

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Per un lungo periodo fui circondato dal buio, mi muovevo nel vuoto. Non mi viene in mente molto altro, se non il fatto che soffrivo. Ho cercato di cancellare i ricordi di quel tempo.

Quante cose sono successe da allora, quanti cambiamenti; un saggio non molto tempo fa mi ha spiegato che stando al suo punto di vista io ero quel che si definisce uno “spirito errante”.

Ma cerchiamo di andare con ordine.

Ero uno spirito errante, sì, e da tempo vagavo afflitto da atroci sofferenze, fino a quando un giorno mi resi conto di essere stanco, affaticato, e la cosa mi sorprese non poco: tutto d’un tratto avevo un corpo! Così, ora la mia sofferenza era sia spirituale che fisica, ma tutto ciò non mi spaventava, anzi ero totalmente affascinato da questa nuova scoperta e iniziai a provare piacere, un tipo di soddisfazione che non avevo ancora conosciuto.

Dopo aver vagato e vagato nel nulla per chissà quanto tempo, decisi di lasciarmi andare e fu così che distesi a terra il mio corpo e sprofondai in un dolce riposo. Da quel momento iniziai a sognare molto e con grande intensità; era come se non fossi ancora del tutto legato al mio corpo. I sogni erano piacevoli e a volte provavo sensazioni simili a quelle che avevo vissuto nella prateria luminosa: una vera e propria apoteosi.

Ecco, mi sto già distraendo, devo scrivere questo racconto mantenendo un certo ordine o risulterà incomprensibile.

Come ho detto, stavo dormendo, quando tutto d’un tratto avvertii una sensazione di freddo pungente e crudele. Mi svegliai di soprassalto. La mia vista era annebbiata. Per prima cosa scorsi una sagoma che si dimenava a qualche metro da me; poco alla volta essa si fece più nitida e fui in grado di capire di cosa si trattasse: un uomo, con una piccola accetta in mano, si stava avvicinando a velocità crescente.

Non riuscivo a muovermi per lo spavento, o più probabilmente per il fatto che possedevo un corpo soltanto da un paio di minuti.

L’uomo mi raggiunse, per poi scagliarsi contro un altro uomo che si trovava pochi passi dietro di me: mi era passato accanto senza degnarmi di uno sguardo.

Dopo pochi istanti sparirono entrambi nella fitta nebbia che ora mi circondava. Ero estremamente confuso ma al tempo stesso desideroso di esplorare quel luogo.

Con uno sforzo non indifferente mi alzai in piedi; provai uno strano piacere nel sgranchirmi le gambe e fu a dir poco superlativo distendere la schiena facendo un paio di respiri profondi. Non avevo mai sperimentato queste cose prima, ma fu tutto naturale.

Mi guardai i piedi, indossavo delle scarpe scalcagnate ma abbastanza comode. Provai a camminare. Dapprima i miei movimenti furono goffi, pesanti, ma nel giro di pochi minuti riuscivo già a muovermi come se lo avessi sempre fatto.

Mi feci strada nella nebbia e dopo essermi allontanato un po’ percepii un clangore di spade che si intensificava gradualmente. Apparvero davanti a me due guerrieri che combattevano incrociando le spade senza tregua. Poco più in là vidi altri guerrieri. La nebbia sembrava diradarsi, ciononostante non avevo modo di stabilire il numero esatto di uomini.

I guerrieri continuavano a darsi battaglia imperterriti e nessuno di loro mi prese in considerazione. Mi sorprese che tra le decine, forse centinaia, di guerrieri nessuno gridasse né parlasse. Tutti mantenevano un rigoroso silenzio, gli unici rumori erano quelli delle pesanti armature metalliche e delle spade che cozzavano tra loro.

Restai imbambolato a osservare quella battaglia per un periodo di tempo indefinibile. Era la prima volta che assistevo a un combattimento su così larga scala. In verità, era la prima volta che assistevo a un combattimento in generale.

Nonostante l’elevato numero di uomini, sul campo di battaglia non vi erano né feriti né cadaveri. Inoltre, ricordo che non vi era la minima traccia di sangue. Mi domandai come fosse possibile. 

I guerrieri continuavano semplicemente a combattere con uno stile totalmente assurdo. Nonostante i colpi brutali, i loro movimenti erano talmente eleganti da dare l’impressione che stessero danzando invece di scontrarsi all’ultimo sangue.

Iniziavo ad annoiarmi.

Notai alcuni sassi per terra, d’istinto ne raccolsi uno e lo lanciai verso un guerriero, mancandolo di pochi centimetri. Al terzo tentativo riuscii a centrare l’elmo di un altro guerriero, che non si voltò nemmeno.

Provai a urlare ma nessuno mi prese in considerazione.

Passeggiavo già da un po’, facendomi strada tra i combattenti, quando a un certo punto cominciai ad avere un leggero capogiro. Fu allora che vidi un guerriero che sovrastava tutti gli altri, enorme, robusto e gobbo. Sopra l’armatura indossava un mantello di una macabra tonalità di verde scuro e sembrava circondato da una strana nube di fumo.

Quel tizio mi rendeva inquieto, provai un insopportabile brivido di terrore e decisi che avrei fatto meglio ad allontanarmi. Continuai a camminare evitando con facilità di essere colpito dai fendenti.

A un certo punto, mi voltai e mi resi conto che il guerriero gobbo, tanto alto da essere perfettamente visibile anche se mi ero allontanato, sembrava guardare nella mia direzione. Mi misi a correre per quanto fosse possibile e quando guardai dietro di me vidi che il guerriero gobbo si stava avvicinando a grandi falcate, spostando gli altri uomini senza difficoltà grazie alle sue enormi braccia.

Ero disperato, ignoravo come fossi finito in quella situazione e, cosa ancor più drammatica, non vedevo una possibile via di fuga.

«Che ci fai qui, ragazzo?!» gridò un uomo tarchiato quando andai a sbattergli contro.

Capii subito che lui era diverso da tutti gli altri: non indossava un’armatura ma una larga casacca marrone con dei rattoppi qua e là, aveva una sacca logora a tracolla, portava una folta barba che gli donava un aspetto familiare, rassicurante, e, soprattutto, mi aveva rivolto la parola.

Ero preso dal panico e riuscii a malapena a indicare nella direzione del guerriero gobbo che mi aveva quasi raggiunto.

«Questo è un problema! D’accordo, ascoltami bene, ragazzo: spostati di qualche passo dietro di me ed evita assolutamente di guardare il cielo» gridò l’uomo con la casacca marrone.

Con un movimento rapido andai dietro di lui; lo sentii borbottare qualcosa, mi sembrava una lunga serie di parole prive di significato. In quel momento avevo un intenso mal di testa.

Il guerriero gobbo ci aveva raggiunti e solo allora vidi che impugnava un gigante martello da guerra sporco di sangue. Non riuscivo a guardarlo in volto.

L’uomo con la casacca, che si frapponeva tra me e il guerriero gobbo, fece un passo in avanti.

All’improvviso sentii un suono profondo e misterioso provenire dall’alto. Alzai lo sguardo verso il cielo, nonostante l’uomo mi avesse raccomandato di non farlo. Non riuscivo a credere ai miei occhi: una miriade di balene si muoveva pacata nel cielo, indisturbata.

Accadde tutto in un istante che mi sembrò lunghissimo: l’uomo con la casacca si voltò verso di me e con uno scatto fulmineo mi saltò addosso.

Ci fu un intenso bagliore.

Quando aprii gli occhi mi ritrovai disteso a terra, si era sollevato un polverone e non riuscivo a vedere a un palmo dal mio naso. Mi faceva male la schiena, ma stranamente mi stava passando il mal di testa; alzandomi in piedi mi accorsi con enorme stupore che tutti i guerrieri erano scomparsi nel nulla e mi sentii sollevato di essermi liberato del guerriero gobbo.

Guardai il cielo, ma invece delle balene vidi semplicemente qualche nuvola e ne restai profondamente deluso. Il sole era alto e illuminava una landa brulla con qualche albero in lontananza.

«Hai un nome, ragazzo?» mi domandò l’uomo con la casacca. 

Era dietro di me e in un primo momento non mi ero accorto della sua presenza.

«Fulgis» risposi senza pensare. «Dove sono finiti i guerrieri? Dove ci troviamo?»

«Dimentica ciò che credi di aver visto, ragazzo. Ti trovavi nell’Adiara, conosciuta come la valle dei miraggi. Coloro che permangono in quel luogo a lungo soffrono di forti allucinazioni, perdono la cognizione del tempo e finiscono col trovare la morte. Soltanto guerrieri esperti possono muoversi in quel luogo. Un ragazzo come te non ha speranze, sei fortunato che ti abbia trovato. Sai da quanto tempo vagavi nella valle dei miraggi?»

«Non ne ho idea.»

Non ero del tutto convinto della veridicità delle sue parole, ciò che affermava quell’uomo mi lasciò profondamente scosso; come si fa ad accettare a cuor leggero il fatto che la propria vita non è nient’altro che un’assurda illusione?

«Fra non molto farà buio. Seguimi, ti condurrò in una locanda dove potrai mettere qualcosa sotto i denti e riposare. Poi ci divideremo.»

Detto questo, l’uomo si avviò senza attendere una mia risposta. Soltanto in quel momento mi accorsi che portava con sé uno spadone, legato con una cintura di cuoio sulla schiena.

Nonostante le gambe tozze, si stava allontanando rapidamente, mentre io ero ancora immobile, incapace di elaborare la situazione.

«Aspetta! Non mi hai nemmeno detto il tuo nome» gridai correndogli incontro.

«Puoi chiamarmi Novael.»

«Di’ un po’, Novael, tu perché ti trovavi nella valle dei miraggi? Sei un guerriero esperto?»

«Sono soltanto un viandante, vengo da una terra lontana e la valle era un passaggio obbligato. Non sono uno sprovveduto, è sufficiente saper recitare una formula e ci si libera dalle illusioni.»

«Ecco perché ti ho sentito borbottare qualcosa prima che mi saltassi addosso.»

«Ti domando scusa, Fulgis, ma era l’unico modo per farti tornare qui.»

«Ecco… esattamente dove ci troviamo?»

Novael si fermò di colpo e mi lanciò un’occhiataccia. «Il fatto che tu non lo sappia è abbastanza grave, probabilmente sei rimasto nella valle per troppo tempo. Ci troviamo nel Canthello, una delle terre più civilizzate di tutto il Grand Searas.»

«Capito. E tu cosa cerchi qui nel Canthello?»

«Fa’ silenzio! Non siamo soli.»

Avevamo raggiunto una grossa quercia, sotto la quale vidi una donna. Era seduta sull’erba e stava leggendo un grosso libro. Indossava un abito lungo di una indefinibile tonalità di rosso e portava i capelli lunghi e ondulati legati con un nastro verde che terminava in un fiocco.

Quando ci avvicinammo, Novael mi fermò con un movimento della mano, lo guardai in volto e mi accorsi che sembrava terrorizzato.

La donna continuava a leggere indisturbata. Una folata di vento fece vibrare le foglie della quercia e la osservai incantato.

Novael restava immobile.

«Ciao, bella giornata, eh» esclamai sorridendo.

La donna alzò lo sguardo dal libro e mi fissò per qualche istante. «Sì.»

«Perdoni il disturbo, signora, ce ne andiamo immediatamente» disse Novael.

«Nessun disturbo. Da bambina ero solita giocare sotto una quercia simile a questa e quando l’ho vista mi è venuta voglia di fare una pausa qui. Dopo un lungo viaggio è davvero piacevole.» 

La donna era bella e sembrava felice.

«E dove sei diretta?»

Novael tremava, mi prese per mano e mi trascinò via prima che la donna mi rispondesse. Ella ci guardò sorridendo e dopo qualche istante sprofondò nella lettura.

Eravamo già lontani dalla quercia, ma Novael mi costringeva a mantenere un passo estremamente rapido.

«Sembrava simpatica, perché ce ne siamo andati così?»

«Siamo fortunati a essere ancora vivi. Lo spirito di quella donna era in gloria, altrimenti ci avrebbe massacrato in pochi secondi. Continua a camminare, veloce!»

«Ma che stai dicendo? Era una donna sola e disarmata.»

«La mia spada non può nulla contro una guerriera del genere. Non farti ingannare dalle apparenze, Fulgis!»

Ero confuso e continuai a camminare, mi sarebbe piaciuto parlare di più con la donna con il fiocco verde, anche se Novael sosteneva fosse estremamente pericolosa.

«Cosa significa “il suo spirito era in gloria”?»

«Significa che lo spirito di quella persona è in pace, almeno momentaneamente. Gloria, furia e caos, gli stadi dello spirito, non ne hai mai sentito parlare?»

«No, mai.»

Novael si fermò di colpo e mi guardò dritto negli occhi. «Rispondi sinceramente, come ti senti in questo momento?»

«Direi bene, un po’ stanco di camminare ma curioso di esplorare e vedere nuovi posti.»

«Capisco. E dimmi… a quando risale l’ultima volta in cui ti sei arrabbiato?»

«Non lo so, i miei ricordi sono piuttosto confusi ultimamente, davvero non saprei cosa rispondere.»

«Anche se sei stato nella valle dei miraggi dovresti ricordare certe cose» disse, passandosi una mano nella barba. «Forse mi sono sbagliato sul tuo conto, ragazzo.»

«Cosa intendi dire, Novael?»

Non mi diede risposta e riprese a camminare a passo spedito.

Il cielo stava lentamente assumendo una colorazione arancione e rossastra. Il tramonto era affascinante, ma mi domandai se avrei mai più rivisto le balene scorrazzare lassù o se fosse davvero tutta un’allucinazione e avrei fatto meglio a smettere di sperarci. Di certo, avevo voglia di scoprire cosa mi aspettava all’orizzonte e, nonostante il leggero mal di schiena e la lunga giornata trascorsa tra allucinazioni che forse non erano tali, mi sentivo carico di energia. Iniziai a correre.

2022-02-20

Aggiornamento

Un sincero e potente ringraziamento a coloro che hanno reso possibile la realizzazione di questo progetto. Grazie per aver creduto in me preordinando il libro. Buona lettura!

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Marco Dotta
Classe 1995, è cresciuto in campagna, nella provincia di Cuneo. Ha lasciato presto la scuola, preferendo dedicarsi ai lavori manuali. Scrive da sempre racconti con l’obiettivo di intrattenersi e dare un senso alle cose. “Grand Searas. Il segreto palese” è il suo romanzo d’esordio.
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