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Ho incontrato il lupo e…

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Consegna prevista Giugno 2025
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Elena, una donna di 30 anni, forte e determinata, appena uscita da una separazione, sembra incontrare nuovamente l’amore…
Maria, una quarantenne, distrutta da una storia che l’ha assorbita per molti anni, rivelandosi un dolce e crudele inganno…
Cappuccetto Rosso, una bimba gioiosa, ma bisognosa di attenzioni, tanto da farsi ammaliare da una Splendida Creatura…
Tre storie tutte femminili che si intrecciano, si sovrappongono, si intersecano.
Questo è un romanzo sull’identità: tutte e tre le protagoniste incontreranno il loro lupo cattivo e dovranno affrontarlo fino in fondo cercando o perdendo sé stesse.
Questo è anche un romanzo sul tempo. Un tempo perduto, un tempo ritrovato, un tempo che a volte sembra velocissimo, altre lentissimo.
Infine, questa è anche una storia di riscatto.
Noi donne, spesso, non abbiamo la forza di gridare. Abbiamo paura dei giudizi, crediamo che quello che ci accade sia, almeno in parte, causato da noi. Maria ed Elena invece vogliono gridare…

Perché ho scritto questo libro?

Si parla sempre più spesso di relazioni tossiche.
Le vittime di queste situazioni sono plagiate, tradite nei loro sogni, nella loro fiducia, sono umiliate, illuse, indotte a sentirsi sbagliate e in colpa per ciò che stanno vivendo.
Non è facile riconoscere la persona sbagliata.
Ho scritto per tutte le donne e perché ho una figlia, sperando che la mia penna sappia cogliere i dettagli che permettano loro di riconoscere quando le cose non vanno come dovrebbero andare…

ANTEPRIMA NON EDITATA

PREFAZIONE

Negli ultimi anni ho sentito sempre più frequentemente parlare di relazioni tossiche. Ho riflettuto molto sull’argomento, tanto da decidermi a scrivere una storia.

La tematica è, secondo me, strettamente correlata a quella di violenza, perché chi vive una situazione del genere, in qualche modo subisce una manipolazione tale da divenire una violazione della propria identità e della propria persona. Le vittime di una storia tossica sono condotte a modificare il proprio essere, sono plagiate per essere ad immagine e somiglianza dei propri aguzzini, sono tradite nei loro sogni, nella loro fiducia, sono umiliate, illuse, indotte a sentirsi sbagliate e in colpa per la situazione che stanno vivendo. Anche queste sono forme di violenza che segnano l’animo fino a farlo sgretolare e che lasciano segni profondi, anche se poco visibili.

Continua a leggere

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Di questo parlo in questo libro, incastrando la tematica con la classica fiaba di Cappuccetto rosso. Ho sempre amato particolarmente le fiabe, da piccola ne divoravo di ogni tipo e, da grande, non nego di amarne ancora ogni rilettura e rivisitazione, sia testuale che cinematografica. L’intro della storia è proprio la parte iniziale di questa fiaba classica. Di Cappuccetto Rosso esistono diverse versioni: quella di Perrault, che si conclude con la morte di Cappuccetto per mano del lupo cattivo che la divora; e quella dei Fratelli Grimm, diffusa in due versioni, la prima, in cui Cappuccetto e la nonna sono salvate dall’arrivo del cacciatore; la seconda, in cui l’intrepida Cappuccetto riesce a salvarsi da sola, barricandosi nella casetta della nonna e facendo affogare il lupo in un pozzo. Ho preferito la versione dei Fratelli Grimm, perché il messaggio che voglio lanciare con questa mia storia è un messaggio positivo, un messaggio di rivalsa e di rinascita. Il titolo è esplicativo «Ho incontrato il lupo e l’ho seguito nel bosco», perché quello che vorrei far passare è che ogni vittima ha una possibilità: quella di non seguire, o meglio, di non continuare a seguire il lupo nel bosco. Nel testo leggerete che Cappuccetto ad un certo punto si rende conto che “La porta era sempre stata aperta”. Quando viviamo in una situazione di manipolazione, a qualsiasi livello, abbiamo sempre la possibilità di uscirne. Con questo non voglio certo affermare che sia semplice farlo, né tantomeno che le vittime debbano in qualche modo essere colpevolizzate. Vedete quando si vive in una relazione tossica di qualsiasi genere è come vivere in una scatola di cartone. La scatola può anche essere piccola, stretta, angusta, ma è «sicura», perché la conosciamo bene e, ormai, crediamo di saperla gestire: è la nostra scatola! Il problema prevalente è che chi si trova ingabbiato in una situazione del genere, pur avendo la sensazione costante di star male e di sentirsi soffocare, trova in quella dinamica, in quell’altalenarsi di momenti belli e terribili, la sua sicurezza, la sua routine, la sua casa. Ed è difficile, anzi quasi impossibile uscire dalla scatola. Quasi sempre se questo accade è grazie al cacciatore che in qualche modo ci viene a salvare. Quasi sempre deve intervenire un elemento esterno, traumatico e forte, che ci permetta di uscire dall’incubo. È «Lo strappo nel cielo di carta» di Pirandello, «L’anello che non tiene» di Montale, qualcosa che, improvvisamente ed in maniera del tutto inattesa, ci faccia guardare la situazione da un altro punto di vista e ci permetta di avere la forza di uscirne. Finché siamo nella scatola non ci muoviamo, solo se qualcuno o qualcosa smuove leggermente il coperchio, possiamo riuscire a venirne fuori. Ovviamente questo è il mio punto di vista, del tutto opinabile, ma è quello che si legge fra le righe di questo racconto.

Non nego che tante volte ho pensato a come possano tante donne, perché, sono tante, rimanere invischiate in queste situazioni; tante volte mi sono chiesta come possano non accorgersi di quello che stanno subendo. Poi mi sono calata in alcuni racconti ed ho compreso. È semplice loro non vedono. E non vedono per svariati motivi, non certo perché siano più stupide o più deboli delle altre. Non c’entra quanto siamo forti o determinate, perché in queste situazioni noi perdiamo di vista noi stesse e la nostra identità. Perché? Perché stiamo attraversando un momento particolarmente complesso per cui siamo fragili, perché abbiamo bisogno di qualcosa a cui aggrapparci o perché, semplicemente, noi donne crediamo nell’amore. Non importa se siamo cresciute con le fiabe sui principi azzurri o guardando Candy Candy; non importa se abbiamo letto Orgoglio e Pregiudizio o uno dei tanti meravigliosi romanzi che nella società attuale spopolano su Booktok. Non cambia. In ogni storia che ci appassiona e ci prende l’amore trionfa, il bene vince sul male e, leggendole o guardandole, noi ci sentiamo soddisfatte per questa vittoria. Nella nostra mente l’amore, quello vero, è anche un po’ sofferenza, sacrificio, superamento di difficoltà, un cammino in salita da percorrere in due. Non è necessario avere lo spirito da crocerossina, noi crediamo tutte di poter essere la differenza per la persona che amiamo, magari non ci illudiamo di cambiarla, ma crediamo che andrà tutto bene. Tutto meraviglioso e probabilmente anche vero…. tranne quando ci innamoriamo della persona sbagliata. Tranne quando colui che abbiamo di fronte, che può anche apparirci come un agnellino indifeso da salvare, come un gattino cuccioloso da coccolare o come un cane fedele che sarà sempre al nostro fianco, non cela in realtà il lupo cattivo. E una volta che incominciamo a seguire il lupo cattivo e che finiamo nella scatola…è dura!

Perché ho scritto questo libro? Perché non è facile riconoscere la persona sbagliata. La nonnina dirà a Cappuccetto: «Potrei dirti tante cose, ma il lupo, Cappuccetto devi riconoscerlo da sola». Ho scritto per tutte le donne e perché ho una figlia. Il sentimento genitoriale è sempre fortemente presente in questo romanzo. Io credo che l’arrivo di un figlio ti cambi completamente e definitivamente la vita. In positivo, certo, e lo vedrete leggendo. Quando hai un figlio, o comunque ami veramente e profondamente qualcuno, vorresti preservarlo e proteggerlo dal male. Vorresti che avesse il meglio e che non soffrisse mai. Ti piacerebbe rinchiuderlo sotto una campana di vetro per proteggerlo sempre. Ma sai che non è possibile. Se sei una persona consapevole, sai che non potrai in nessun modo evitare che quella persona si faccia del male, perché il male è necessario per crescere.

È inutile: se un bambino non si brucia il dito una volta, difficilmente imparerà quanto possa essere pericolosa una fiamma. Noi possiamo dirglielo e ripeterglielo all’infinito, possiamo raccomandarci con lui e strappargli anche delle promesse. Bugie. Sono solo bugie. Adesso ditemi, di tutte le cose che vi hanno detto di non fare nella vita quante non ne avete davvero fatte? Io credo siano poche. Inutile impartire sermoni che, come diceva mia madre, «Entrano da un orecchio ed escono dall’altro». Possiamo perderci in discorsi meravigliosi, ma chi abbiamo di fronte, in realtà, non ci ascolterà ed ha solo un modo per capire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato: viverlo. Questo non vuol dire però che siamo tutti condannati a bruciarci irrimediabilmente la mano sul fuoco. Può aiutarci l’esperienza degli altri… ma non attraverso le raccomandazioni, forse può farlo il racconto. Il racconto è l’unica cosa che può aiutarci. Perché il racconto, a differenza della raccomandazione, non viene vissuta come una cosa che ci cade dall’alto e che a volte vogliamo appositamente violare e sfidare. Il racconto mette in gioco il meccanismo dell’immedesimazione e dell’empatia. Attraverso il racconto noi viviamo la vita di un’altra persona. Umberto Eco scrive «Chi non legge a settant’anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto cinquemila anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito…perché la lettura è un’immortalità all’indietro.».

Credo fermamente in questo concetto e credo fortemente nel potere delle storie. Per questo dedico questo libro alla mia bambina e a tutte le donne del mondo, sperando che la mia penna sappia cogliere i passaggi e i dettagli che permettano loro di riconoscere quando le cose non vanno proprio come dovrebbero andare. Spero di riuscire in qualche modo a strappare, o anche solo fare un forellino, in almeno un cielo di carta.

Buona lettura.

Francesca Zizzi

PARTE I

C’ era una volta una dolce bimbetta; solo a vederla le volevan tutti bene, e specialmente la nonna che non sapeva più cosa regalarle. Una volta le regalò un cappuccetto di velluto rosso, e poiché le donava tanto, ed ella non voleva portare altro, la chiamarono sempre Cappuccetto Rosso…”

Fratelli Grimm, 1857

Cappuccetto Rosso: Nonnina cara, devo andare… devo tornare a casa ora…

Nonnina: «Cappuccetto, tesoro, sei tanto buona… torna pure a casa, ma stai attenta per la strada, c’è un lupo che si aggira sul limitare del bosco.»

Maria – 18 aprile 2025

Di solito le parole non sono mai state un problema per me… il foglio bianco non mi ha mai intimorita, sono sempre venute fuori senza indugio, libere, coerenti, le parole giuste, come se si mettessero in fila da sole, senza nessuno sforzo… Eppure oggi le parole non ci sono, si confondono nella mente in un turbinio indistinto, assumono forme incoerenti che immediatamente si disfano.

Sento solo una grande confusione.

Ora tutte quelle parole si mettono in riga in maniera irrazionale e formano un filo, un filo lunghissimo. Il filo si aggroviglia e si annoda formando una matassa spessa. La matassa si attacca alle corde vocali, mi toglie il respiro, mi sento soffocare.

L’assenza di parole sembra la mia condanna in questa giornata tiepida e soleggiata di primavera e quel groppo alla gola diventa sempre più grosso e doloroso, vorrebbe esplodere, sciogliersi, liberarsi….

Ma non ci sono parole…

Non ci sono parole che possano liberare il buio che ho dentro…

UN COLLEGA ARROGANTE

Elena – Settembre 2015

Il mio nome è Elena sono solare, sorridente, testarda, egoista, amo la musica e i colori, tutti i colori del mondo. Amo la vita in ogni sua forma e mi piacciono i dettagli, perché sono quelli che rendono uniche le cose, le persone, i momenti. Mi piace osservare il mondo nelle sue mille sfumature e riesco sempre a trovare qualcosa di bello anche nel luogo più ostile. Mi adatto facilmente e anche nelle situazioni più complicate, alla fine, riesco a destreggiarmi. Anzi, le situazioni complicate mi intrigano, perché mi piacciono le sfide, prevalentemente quelle con me stessa, perché al contrario, con gli altri non entro mai in competizione. Non penso di dover dimostrare quello che sono, io sono e basta. A me stessa però piace dimostrare che ce la posso fare, che anche l’ostacolo che ritenevo insormontabile, posso affrontarlo. Mi piace stare in compagnia, spesso mi perdo in battute e sceneggiate per far sorridere le persone che ho accanto, ma sono anche molto solitaria, ho bisogno dei miei spazi, quelli in cui le mie riflessioni prendono forma e diventano pensieri. Per cui spesso, anche nel pieno di una serata di risate e divertimento, mi capita di allontanarmi, per cercare il dettaglio, la sfumatura, quella che legherà quel momento ai miei ricordi per sempre, rendendolo unico.

Sono Elena e basta, non mi curo molto del fatto di piacere o meno agli altri, non per arroganza, ma perché io mi comporto e prendo delle decisioni sempre a seguito di una riflessione e di un percorso, per cui quella per me è la decisione giusta. Certo a volte sono anche impulsiva, a volte faccio delle cose di cui non vado proprio fiera, di cui mi pento, ma in tal caso faccio di tutto per rimediare. Non mi interessa particolarmente il giudizio delle persone, ma non sono egoista, anzi, mi piace ascoltare gli altri, mi piace fare qualcosa per aiutare quando posso. Il mio Prof. di lettere alle scuole superiori mi ha insegnato l’importanza della coerenza ed io la cerco sempre, cerco di essere coerente con me stessa in ogni mia azione. Mi ha insegnato anche che è importante ammettere di aver sbagliato e cambiare idea, che è segno di maturità, ed io ogni sera ripenso a quanto fatto durante il giorno e mi giudico severamente, per capire come migliorarmi e se devo cambiare. Non mi piace apparire, non mi interessa, penso che se qualcuno ha voglia di vedermi mi vede, mentre chi non è interessato a conoscermi non è obbligato a farlo. Insomma sono una tipa semplice ma complessa allo stesso tempo, come tutti del resto.

Ah, sono un architetto. Da bambina mi piaceva tanto disegnare per cui, fra una cosa e l’altra, mi sono ritrovata a farlo di mestiere.

Stamattina, come sempre, mi sono recata nel mio ufficio. Il capo mi ha comunicato che quest’anno sarò affiancata da un nuovo collega che collaborerà con me nella stesura di alcuni progetti. È arrivato da poco e dovrà imparare come si svolge il lavoro nella nostra azienda. La mia impresa si occupa di progetti di vario genere. Questa notizia mi ha messo un tantino in crisi. Conosco quell’uomo, l’ho incontrato in diverse occasioni. Mi sembra arrogante e presuntuoso, pieno di sé. Non mi piacciono le persone così. Io sono l’opposto. Mi piace il mio lavoro e lo svolgo con passione. Sono abbastanza sicura di me, ma non mi piace ostentarlo. Le persone che lo fanno mi mettono a soggezione.

«Elena a cosa pensi? Sei così tanto assorta nei tuoi pensieri che sembri su un altro pianeta!»

È la mia collega Elisa. Da quando lavoro qui è la persona che mi sta più vicina. È una bella donna, un casco di capelli rossi, ricci e folti, snella con occhi grigio verdi, grandi ed espressivi. Ha una vera e propria fissazione per le scarpe, rigorosamente con tacchi vertiginosi, e per le borse firmate. Ma alla fine è una persona semplice, mi somiglia in questo. La prima volta che sono entrata in ufficio è stata l’unica a dedicarmi un sorriso luminosissimo. In quel sorriso mi sono sentita accolta.

«No, Elisa, è che un pochino l’idea di essere affiancata da quel tale Diego mi mette in crisi! Mi sembra un pallone gonfiato!»

«Ma che dici?! Parli così solo perché non lo conosci! Io ho già lavorato in passato con lui. Credo che sia la persona più buona che abbia mai incontrato. Vedrai, ti troverai benissimo! Anzi scommetto che diventerete molto amici nell’arco di un nanosecondo!»

«Boh, forse hai ragione tu… di te mi fido.»

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Francesca Zizzi
Sono nata a Cisternino, vivo a Locorotondo ed ho trascorso parte dei miei 46 anni a Martina Franca… pertanto amo definirmi “Cittadina della Valle d’Itria”! Mi sono laureata il Lettere all’Università di Bari ed ho cominciato ad insegnare. Ho lavorato per diversi anni all’I.C. Amedeo d’Aosta di Martina Franca ed ora sono passata all’I.I.S.S. Leonardo Da Vinci, nella stessa città, tuffandomi in una nuova avventura lavorativa.
Ho due splendidi figli adolescenti, che sono la mia ragione di vita, la mia forza e il mio sostegno.
Ho sempre avuto il sogno di scrivere, ma spesso di di fronte al foglio bianco le idee svanivano. In quest’ultimo anno, al contrario, quelle idee hanno preso corpo e sono diventate personaggi e poi racconto...
“Ho incontrato il lupo e l’ho seguito nel bosco” è il mio primo romanzo. Attraverso di lui comincio a far sentire la mia voce…
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